Il Fascino Discreto Della Borghesia

Il Fascino Discreto Della Borghesia
Il Fascino Discreto Della Borghesia

Buñuel a fine carriera (che chiuderà con Quell'Oscuro Oggetto Del Desiderio) ha ancora molte frecce al proprio arco. E' un dato di fatto visto che ha l'estro e lucidità per tirare fuori un'opera come Il Fascino Discreto Della Borghesia, summa cinematografica per certi versi ancora ineguagliata oggi. Più di molti film politici, di denuncia e di protesta, questa pellicola del '72, con il suo sarcasmo, il suo cinismo, il suo umor nero, la sua carica nichilista, straccia in un sol colpo la società borghese del periodo (e quella a venire, sempre viva e vegeta, anche se aggiornatasi). Ci sono talmente tante metafore, allusioni ed allegorie nei 105 minuti di durata da far girare la testa. Occorrono molte visioni per tentare di decriptare i fotogrammi, sebbene già la prima sia sufficientemente gratificante e magnetica da irretire senza difese le spettatore. Una storia non-storia magnifica, nella quale seguiamo da vicino un gruppo di persone affaccendate sostanzialmente in nulla. Il leit motiv del film è il ripetersi degli eventi, tradotto in una tavolata di commensali che in varie occasioni (colazioni, pranzi e cene) viene sempre disattesa o interrotta. Tra un tentativo e l'altro succedono cose, flirt amorosi, adulteri incompiuti, losche trame narco-politiche, bizzarre manovre militari, feste e quant'altro. La galleria di personaggi è di prim'ordine (così come il cast), debosciate coppie riccastre, sorelle alcolizzate e amanti dell'oroscopo, donnine da té delle cinque, monsignori con la fregola da giardinieri, colonnelli salottieri, terroriste alla buona, militari sognatori e chi più ne ha più ne metta.

La sceneggiatura non ha uno sviluppo temporale chiaro, neppure del tutto circolare, poiché assomiglia più ad un aprirsi e chiudersi di parentesi (per non dire buche) all'interno di un presente statico, all'interno del quale a loro volta i personaggi sembrano (comodamente e pigramente) intrappolati. Spesso accade che qualcuno si risvegli, tramutando i minuti appena trascorsi in un sogno. C'è chi sogna qualcuno che sogna. E c'è poi il costante pesticcìo del plotoncino borghese lungo una deserta e assolata strada di campagna. Una sorta di blasfema parodia del Quarto Stato di Giuseppe Pellizza da Volpedo. I nostri protagonisti vengono da non si sa dove e vanno verso non si sa cosa, nel mezzo al nulla, senza che mai niente cambi; nonostante l'atto perenne di camminare, sono come perennemente immobili, statici, chiusi in una bolla. Ogni loro azione durante il film non porta a niente, non produce niente, se non sollazzo vacuo e inconcludente, noia ed inedia. Potere militare, politico, clericale, amministrativo, finanziario, tutti soggiogati ed intrecciati l'un l'altro, schiacciati dall'opportunismo e dall'autoindulgenza. In questo clima generale Buñuel ha intuizioni surreali e metafisiche, come quella del padrone del ristorante morto, vegliato mentre i camerieri servono i clienti, o il soldato che al caffè (dove non può essere servito né caffè, né latte, né té, ne altro che non sia acqua) racconta la sua travagliata infanzia di patricida, o l'altro soldato, quello che durante la cena e nel bel mezzo delle grandi manovre militari riporta un sogno nel quale tutti sono morti, egli stesso compreso. E forse una delle cifre de Il Fascino Discreto Della Borghesia è anche e proprio quella, tutti i personaggi sono morti (e infatti muoiono senza mai morire nel film) ma senza saperlo, continuando a svolgere la girandola di azioni quotidiane, prive di concrete e reali differenza rispetto a quando erano in vita. Una classe sociale morta, ciò nonostante estremamente snob e pretenziosa.

Malgrado non tutto sia chiarissimo nel dipanarsi degli eventi (volutamente per altro), la visione non ne viene inficiata neanche per un istante. Lo spettatore anzi partecipa divertito a questo circo del non-sense, grazie a dialoghi sempre arguti e ad una fluidità del racconto senza pari. Sembra di essere entomologi silenziosi che osservano lo scomposto sbattersi di insetti moribondi. A Hollywood arrivò l'Oscar come miglior film straniero e ironicamente Buñuel commentò che la sua designazione doveva essere stata certamente il frutto di un voto "perfettamente democratico", una votazione di "2.500 idioti, tra i quali c'era pure, per esempio, l'assistente figurinista dello studio, che aveva diritto al voto come gli altri".

Trailer ufficiale

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