Nel 1958 Pietro Francisci aveva diretto Steve Reeves in Le Fatiche Di Ercole, ebbe un clamoroso successo in patria e a livello internazionale e prontamente la coppia si dedicò al seguito, Ercole E La Regina DI Lidia. Con i due torna nel nuovo film anche Sylva Koscina nei panni di Iole, figlia di Iolco re di Pelia, divenuta moglie di Ercole. Francisci trae il soggetto da Sofocle ed Eschilo (rispettivamente l'Edipo a Colono e I Sette a Tebe), oltre che ispirarsi direttamente al mito di Ercole e Onfale. La sceneggiatura, elaborata con Ennio De Concini, mescola un po' tutto, Grecia, peplum, fantasy, tanta cartapesta, Ercole, Ulisse, dive di una bellezza radiosa come la Koscina e Sylvia Lopez, la quale presta il suo corpo, i suoi occhi verde smeraldo e la sua bocca carnosa alle sembianze della regina Onfale. Anche stavolta il film, una coproduzione franco-italiana, fu un successo al botteghino, classificandosi come il decimo miglior titolo della stagione nazionale. Luci, colori ed effetti speciali sono appannaggio di Mario Bava. Ercole E La Regina Di Lidia è un gran romanzo coi muscoli, sentimenti semplici e trasparenti, cuori impavidi e la patria sempre nel cuore. Mentre il figlio di Giove fa ritorno a casa, a Tebe, assieme a Iole ed al giovane Ulisse (Gabriele Antonini), affidatogli dal padre Laerte (Andrea Fantasia), finisce impelagato in una contesta per il trono conteso fra i figli di Edipo, Etocle (Sergio Fantoni) e Polinice (Mimmo Plmara). Ercole si incarica di fare giustizia ma viene catturato da Onfale, la quale schiavizza continuamente nuovi amanti attraverso al'acqua di una fonte incantata. Ercole entra così a far parte della collezione dei suoi uomini e starà al furbo e fidato Ulisse cercare di liberarlo, attirando a in Lidia anche re Laerte ed i più valorosi amici di Ercole. Nel frattempo a tebe si consuma la guerra fratricida per il potere ed a Tebe è tenuta in ostaggio Iole.
La pellicola di Francisci è naturalmente assegnabile al filone dei peplum ma è quasi in tutto è per tutto un fantasy, cinema fantastico nel quale a Ercole si potrebbe sostituire Conan e sarebbe suppergiù lo stesso. Cromatismi azzardati, grandi statue felliniane, location esotiche e fatate e la regina di Lidia che sembra una vera e propria dea dell'amore (ingannevole). La Lopez era incredibilmente bella, di quelle bellezze alla Sofia Loren, molto carnali e voluttuose qualsiasi posa o espressione assumesse. La sua recitazione è assai impostata e teatrale, molto "diva". Tra l'altro, poveretta, morì a soli 26 anni per una leucemia fulminante. La dicotomia con la Koscina è dichiarata ed amplificata (la Koscina... che certo non era l'emblema dell'angelo del focolare). Qui l'attrice jugoslava naturalizzata italiana ha un ruolo rassicurante e accogliente, quasi una casalinga svenevole, nonostante la sua avvenenza e le sue forme tradiscano ben altro potenziale. Ad Ercole tuttavia queste due sirene di bellezza e sensualità neppure bastano, visto che al servizio di Onfale c'è un intero stuolo di ancelle sempre indaffarate a fuggir via di qua e di là (senza reggiseno sotto i veli e con un conseguente quanto evidente ballonzolìo di fioriere). Come accadeva nei "sandaloni", il film è pieno di adorabili ingenuità e pacchianerie. Poco dopo l'inizio, durante il viaggio a Tebe, la Koscina intona con la cetra per Ercole un canto sanremese terribile, il tutto mentre Ulisse saluta delle bellezze al bagno lungo la costa, nemmeno fosse la riviera adriatica in alta stagione. Al cospetto di Ercole e Onfale si esibisce un balletto classico di derivazione assai poco "classica" (inteso alla maniera ellenica), sia per le coreografie piuttosto "moderne" sia per i costumi (tulle, pizzi e trasparenze ai limiti del dannunziano) Forse il top del kitsch lo si raggiunge nel combattimento di Reeves con le tigri (per altro lo si capisce non appena le si vedono che ercole dovrà confrontarcisi). Non solo i felini non hanno alcuna voglia di azzannare Ercole, cercando anzi disperatamente di tornare nella propria tana sprangata, ma quando poi Reeves si rotola per terra lottando a morte con dei peluche si raggiunge il climax dell'imbarazzo. Si va per linee semplici nel peplum, quando Etocle e Polinice si sfidano a duello sulle rispettive bighe, queste sono trainate da cavalli di diverso colore, bianchi in un caso, marroni nell'altro, che lo spettatore non si abbia a confondere. Tutto è squadernato, immediato, lapalissiano, Ercole è imbattibile, le donne si piegano al suo volere, come gli uomini e come i candelabri di ferro, il bene trionfa. Etocle è interpretato da Sergio Fantoni come una sorta di Caligola esaltato, un mezzo pazzo dalla risata sguaiata e dagli occhi incendiari, una caratterizzazione piuttosto borderline. Da segnalare anche la presenza di Daniele Vargas come ambizioso capo militare di Polinice, Giuliano Gemma poco più che comparsa (non accreditata) e di Primo Carnera (Anteo), gigante figlio di Gea, la dea Terra, unico che per stazza può fronteggiare Ercole e quasi averne la meglio, finché Ercole, su suggerimento di Ulisse, non scopre lo stratagemma per aver ragione dei poteri divini di Anteo.