Diva Futura

Diva Futura
Diva Futura

Diva Futura nasce dalle pagine di Non Dite Alla Mamma Che Faccio La Segretaria di Debora Attanasio. E' la storia dall'interno dell'agenzia Diva Futura fondata da Riccardo Schicchi e Ilona Staller nel 1983. I primi 10-15 minuti di film sono una furente corsa sulle montagne russe per riassumere, raccontare e contestualizzare vita e opere di Schicchi dalla fanciullezza a Diva Futura. Anche troppo, nel senso che lo spettatore si sente scagliato a velocità super sonica dentro una lavatrice; chi già conosce Schicchi e le sue avventure riesce a respirare di tanto in tanto in superficie, chi invece ne è alieno (e sarebbe il target a cui quel compendio è rivolto) viene travolto dalla mole di cose raccontate dalla voce off. Poi la vicenda si stabilizza, trova i suoi binari e prende un incedere più normalizzato e meno parossistico. Da quel momento in poi Diva Futura decolla e diventa un appassionante affresco non solo della storia umana di Schicchi e delle sue ragazze, ma di uno spaccato italiano sociologico, culturale e politico di quegli anni. C'è una netta divisione in due parti, un primo ed un secondo tempo. La prima ora è all'insegna dell'entusiasmo, della spensieratezza, della costruzione, della speranza, della libertà, dei sogni senza limiti, di un sole che splende ed illumina tutto. Nella seconda l'architettura naufraga, sul paradiso dell'amore piomba il crepuscolo, la malattia di Moana, quella di Schicchi, i debiti dovuti ad investimenti scriteriati, l'attenzione ossessiva della Polizia sulle attività dell'agenzia che si spingevano oltre la soglia del comune senso del pudore, e un totale cambiamento di zeitgeist che porterà Diva Futura ad essere spazzata via dall'estremizzazione di un mondo che pure aveva contribuito ad inventare.

Non tutto mi è piaciuto del film diretto da Giulia Louise Steigerwalt. Le voci narranti (una mia personale idiosincrasia), la suddetta partenza anfetaminica, una prima scena (quella della morte del pitone) troppo immersiva per far "accomodare" adeguatamente lo spettatore nella storia, il continuo andirivieni temporale che sposta in avanti e indietro gli eventi creando qualche stordimento in chi guarda; infine uno sguardo forse un po' troppo incantato sugli aspetti di maggior ambiguità all'interno della parabola di Schicchi. Non che il film glissi o adotti un metro all'insegna dell'ipocrisia ma è evidente l'intento di addolcire contrasti, zone d'ombra e stonature. La presa di coscienza sugli effetti della rivoluzione dell'amore portata da Diva Futura è una specie di incompiuta, la Attanasio (Barbara Ronchi) ha la funzione di grillo parlante in questo, è la coscienza di Schicchi e dello spettatore, incaricata di mettere in luce qualche crepa del magico mondo delle meraviglie erotiche e anarchiche. Le riflessioni della Steigerwalt per mezzo del personaggio della Attanasio tentano di mostrarci una realtà più cinica e prosaica, anche se la forza del personaggio Schicchi e il bene che gli si vuole, a cominciare da chi ha concepito questa pellicola, è tale che l'impresa si fa presto improba. I club di Diva Futura portano prostituzione, le ragazze dell'agenzia finiscono incastrate dal e nel porno, un marchio che non si riusciranno più a levare di dosso, è la storia di Moana, di Eva Henger, la quale in un illuminante intervista dice che una barista può diventare libraia, mentre una pornostar lo rimane a vita, un'etichetta che diventa una lettera scarlatta vita natural durante. Nella vera Diva Futura alcune attrici non hanno fatto una bella fine (mi viene in mente Barbarella, al secolo Virna Aloisio Bonino), oppure abbandonato quel settore non hanno avuto alcuna reale chance di rilanciarsi in carriere d'altro tipo, finendo nell'oblio e in qualche caso nella povertà o nella droga.

Detto ciò, è evidente l'amore ed il trasporto che la Steigerwalt nutre per le sue creature, per la loro vera e o presunta ingenuità, per quel candore che contagia tutti e che sdogana nell'Italia degli anni '80 e '90 una libertà sessuale che diventa sempre più politica. Moana, Cicciolina, la Henger erano personaggi mediatici che con la loro faccia ed il loro corpo transitavano dai set a luci rosse ai programmi televisivi di Costanzo e Baudo senza soluzione di continuità. Erano volti familiari per gli italiani, non solo per gli avventori dei cinema porno, ma anche per la famigerata casalinga di Voghera. Era l'Italia amorale e non immorale vagheggiata da Schicchi, dove la nudità femminile rappresentava bellezza e persino arte, non solo lussuria e vizio inconfessabile. E fa abbastanza impressione dover prendere atto che oggi, 30 anni dopo, siamo tornati indietro al riguardo. I peggiori istinti trionfano sempre, lo dice Schicchi ed è la sacrosanta verità; dunque i peggiori istinti hanno travolto e sporcato anche il porno, riducendo le donne a oggetti, schiave, corpi da umiliare, in un crescendo di violenza, abusi e sopraffazione più che piacere e voluttà. Naturalmente le cose non sono mai del tutto bianche o nere e Schicchi non era un angelo, ma ha rischiato di diventarlo suo malgrado, in confronto al mondo che lui stesso ha contribuito a generare e che poi ha preso il sopravvento spodestanodolo.

In molto celebrano Castellitto per la sua interpretazione, un mondo a se stante, assai fedele all'immagine pubblica di Schicchi, fanciullesco, un Peter Pan del sesso, leali nei sentimenti, puro e innamorato della bellezza. Tuttavia credo che la vera arma stupefacente di Diva Futura siano le attrici, chiamate ad interpretare ruoli affatto facili, esposte al rischio costante di banalizzare o ridurre a macchiette erotiche i propri rispettivi personaggi, mentre tanto la Henger (Tesa Litvan), quando Moana (Denise Capezza) e la Staller (Lidija Kordic) ne escono fuori come figure tridimensionali, forti, potenti, drammatiche. Ognuna di loro ha almeno una scena climax che abbatte ogni difesa dello spettatore, anche il più prevenuto. A titolo di esempio cito il set porno ungherese di Eva, l'angosciante nudo "terminale" di Moana o la denuncia di rapimento (del figlio) al commissariato per la Staller, ma davvero la loro presenza in scena è un susseguirsi di bei momenti recitativi e di sceneggiatura, elevati a potenza dalla qualità narrativa della Steigerwalt; né si può dire che la prima metà di pellicola, la grande ascesa di queste regine del sesso, non sia altrettanto uno spettacolo per gli occhi, sebbene per tutt'altri motivi. A suo modo la regista traccia una traiettoria di Diva Futura e delle figure che ne hanno fatto parte. Schicchi nella sua purezza ha amato e valorizzato le sue eroine, ma le ha anche inevitabilmente esposte a pericoli dai quali poi non ha saputo salvarle. Ognuna di loro porta cicatrici enormi sulla pelle per quanto ottenuto in carriera, croce e delizia di aver condiviso con il mentore Schicchi la via alla pornografia italiana. La Steigerwalt non punta mai il dito e non adotta un metro moralistico, lascia trasparire e dubitare. Quanto e come sarebbe potuta andare diversamente? Quanto Schicchi ha avuto realmente il controllo di tutto il meccanismo? La risposta pare insita nell'adagio che recita "attento a ciò che desideri perché potresti ottenerlo".

Trailer ufficiale

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