Conan Il Barbaro

Conan Il Barbaro
Conan Il Barbaro

Nel 1982 John Milius ridefinisce i canoni del cinema di genere fantasy, segnatamente heroic fantasy (mutuando la definizione dalla letteratura), esattamente come nel 2001 Peter Jackson farà con Il Signore Degli Anelli, anche se non ci potrebbe essere nulla di più distante tra di loro delle due produzioni citate, per attitudine, approccio, stile, estetica. Milius approda al progetto Conan dopo un travaglio notevolissimo dovuto inizialmente alla difficoltà di sviluppare un film per il grande schermo a partire dalle storie di Howard degli anni '30 e proseguite poi con le imitazioni filologiche di L. Sprague de Camp e Lin Carter. Ci vogliono il successo di Star Wars al botteghino e le ristampe illustrate da Frank Frazetta (che vendono a iosa) per convincere gli studios ad imbarcarsi in un progetto con Conan dentro. Si cercò anche di coinvolgere lo stesso Frazetta per avere il suo contributo estetico al film ma l'accordo non venne raggiunto. Da una casa  di produzione all'altra si arriva a Dino De Laurentiis, particolarmente attivo nel filone fantasy, a cui si associa comunque anche la Paramount. Milius è solo l'ultimo dei registi in ordine di tempo a prendere in mano la sceneggiatura, alla quale tuttavia chiede di apportare sostanziali modifiche; la stesura originale era di Oliver Stone, il quale l'aveva partorita sotto l'effetto di cocaina e alcol in un periodo di forte depressione. Milius ne riconosce la visionarietà ma la cambia pesantemente (c'erano addirittura eserciti di mutanti in un futuro post apocalittico). Per il ruolo principale vengono considerati Charles Bronson, Sylvester Stallone, William Smith (che assumerà poi il ruolo di padre del giovane Conan nel prologo del film), ma la visione del film Pumping Iron convincerà Milius ad affidarsi ad Arnold Schwarzenegger. Anche i due co-protagonisti, Valeria e Subotai, vengono affidati a due esordienti, rispettivamente Sandahl Bergman e Gerry Lopez, una ballerina ed un surfista, un'intuizione di Milius che darà qualche grattacapo e richiederà un primo periodo di addestramento (anche e soprattutto attoriale) per i due neofiti.

Per cercare di bilanciare tutta questa inesperienza arrivarono in soccorso James Earl Jones (Thulsa Doom)  e Max Von Sydow (re Osric). I personaggi del film sono il risultato di una fusione di vari input derivanti dalle storie di Howard, spesso più personalità (e fisicità) fuse insieme, oltre ad incarnare dei veri e propri stereotipi narrativi (ad esempio Valeria è la "buona amazzone", Subotai è il "miglior amico", etc). In qualche misura Milius trova la formula perfetta, ciò che sarebbe potuto risultare un circo pacchiano del tutto non credibile, se non perfettamente bilanciato, si rivela essere una miracolosa rappresentazione di un tempo e di uno spazio mitici, un passato leggendario, epico, avulso dal nostro passato storiografico eppure mimetico con esso, tant'è che i riferimenti alla cultura vichinga, mongola, orientale, islamica ed europea (di stampo medievale) si sommano e si confondono l'un l'altro, originando un ibrido che sta in piedi e soprattutto risulta "possibile" per lo spettatore. Il doppiaggio italiano cita inferi, paradiso, valhalla, proseguendo su questa linea di melting pot culturale e religioso. Quel che è certo è che il Conan di Milius affascina per personalità e vigore, un prodotto che è estremamente connesso tanto con le sue origini howardiane quanto con l'impronta che il regista americano ne dà, quasi incarnandosi a sua volta nel fiero e virile cimmero. Il taglio del personaggio è quello di un antieroe che non si caratterizza per il suo buon agire e per l'empatia con il prossimo, anzi al contrario Conan persegue bisogni primari, egoistici, non reputa la vita migliore della morte, né ha un'intelligenza di grandissimo spessore, perlopiù le sue azioni sono istintive e non filtrate dalla ragione, anche se l'addestramento ricevuto da schiavo nelle arti della scherma, della lotta e nella conoscenza (unitamente all'esperienza accumulata nelle sue avventure) ne forgiano la maturità.

Eccellente sotto ogni punto vista, Conan Il Barbaro istituisce un nuovo codice per il cinema fantasy di spada e sortilegio dal quale sarà difficile prescindere da allora in poi e che tutt'ora resiste, sebbene le produzioni recenti abbiano difficoltà a mantenere quella ieraticità del racconto, dovendo a tutti i costi affastellare cose, personaggi, accadimenti e computer grafica. Milius cercò il più possibile di non affidarsi agli effetti, proprio per dare un senso di verosimiglianza alla sua età hyboriana intrisa di magia, poteri occulti e superstizione, nella quale, per paradosso, tutto poteva accadere. Enorme il ricorso alle comparse, basti pensare alle scene al tempio di Thulsa Doom, un colpo d'occhio che oggi ovviamente verrebbe realizzato con le moltiplicazioni posticce in sede di computer grafica. I silenzi nel film parlano più dei dialoghi; questo accadeva per esigenze molto prosaiche (la terribile pronuncia austro-americana di Schwarzy e la scarsa dizione anche degli altri attori alle prime armi), ma pure per contribuire a creare quell'effetto di sospensione di un tempo mitico e lontanissimo, nel quale i corpi, gli spazi, gli sguardi, i movimenti e le azioni contavano più del logos. A tanta qualità si aggiunge poi la musica di Basil Poledouris, semplicemente una delle più belle colonne sonore di tutti i tempi nonché la migliore in assoluto per quanto riguarda il cinema fantasy di ieri, oggi e domani. Né più né meno di una traduzione in musica di Conan e dello spirito che Howard aveva infuso nella sua visione, una sintonia di quelle che accadono di rado. I set all'aperto vennero realizzati in Spagna, paese capace di offrire poliedrici spunti per le variegate terre misteriose e desolate del mondo di Conan (anche Leone la utilizzò per i suoi western). Un film bellissimo, un capolavoro imprescindibile nel suo genere, una storia immortale che non invecchia nemmeno a distanza di 40 anni dalla sua realizzazione, ma che all'epoca venne criticata e dissacrata per mille aspetti diversi, l'eccesso di mascolinità, di individualismo (letto in chiave reaganiana), il superomismo pericolosamente nietzschiano (e quindi nazionalsocialista), i riferimenti troppo prossimi (leggi "plagi") all'Iliade, al Beowulf anglosassone, al Sigfrido wagneriano, eccetera, interpretati solo come un "approvvigionamento" opportunistico da parte di Milius anziché come la rielaborazione di spunti potenzialmente creativi.

Trailer ufficiale

Galleria Fotografica