Bobmshell è un film che non ha avuto vita facile, naturalmente per l'argomento trattato, scottante ed attuale (la produzione è stata avviata subito dopo la morte di Roger Ailes, l'imputato principale di questo scandalo), ma anche perché al momento di uscire finalmente in sala è stato bloccato alla pandemia globale e, ad esempio in Italia, è stato dapprima reso disponibile su Amazon Prime poi fatto uscire nei cinema a giugno, diversi mesi dopo l'iniziale data prevista per la programmazione. Il risultato è stato un incasso parzialmente deludente, a questo si aggiunga che in concomitanza con Bombshell al pubblico venivano offerti anche altri progetti incentrati esattamente sullo stesso argomento, il documentario Divide And Conquer: The Story Of Roger Ailes e la serie The Loudest Voice di Showtime. Infine si consideri che la vicenda biografica raccontata è squisitamente americana, o meglio, è un cliché assolutamente universale, tuttavia i personaggi coinvolti sono tutti interni al circo mediatico statunitense, un po' come se nel resto del mondo dovessero vedere un film scandalistico su vicende legate a Rai o Mediaset. Da europei si fa un po' fatica a familiarizzare con nomi e volti snocciolati alla velocità della luce nei primi minuti di film, dando per scontato che il pubblico sia assolutamente familiare con quelle fisionomie, quei ruoli, quelle professionalità. La scelta di Bomshell poi va nella direzione di un massiccio uso della voce fuori campo, distribuita addirittura su più personaggi e con gli attori che spesso e volentieri guardano diretti nell'obiettivo, rivolgendosi al pubblico e in qualche maniera "guidandolo" dentro la storia. Il ritmo però è da montagne russe e l'effetto finale è più da bombardamento che da tutoraggio propedeutico.
Per quanto non sia farina del mio sacco, riporto volentieri la critica di Moira McDonald del The Seattle Times che inchioda il film alla sua essenza più veritiera: "È stato sbagliato qualcosa nella lavorazione di Bombshell, e principalmente si tratta della sceneggiatura leziosa di Charles Randolph, la quale include più volte voci fuori campo che commentano ciò che succede — il che si risolve in un ritmo scattante e animato che apparterrebbe più ad una dark comedy. (E andrebbe bene se Bombshell mirasse a questo, ma non c'è molto da ridere). Roach gli dà la sgradevole piattezza di un film TV a basso costo — e, il che è peggio, sembra non essere particolarmente interessato alle tre donne al centro della vicenda." Un quadro magari impietoso ma molto fedele della pellicola. Al netto di tutte le migliori intenzioni, indubitabili visto che a produrre è praticamente la stessa Charlize Theron, notoriamente sensibile a tematiche sociali, il film rimane ad un livello di superficie, facendosi fagocitare dal suo stesso turbinare vorticoso, probabilmente anche dovuto alla necessità di dire e far vedere tanto - troppo - in appena 109 minuti, tant'è che continuamente ci sono salti temporali contestualizzati da scritte in sovraimpressione. Così come si susseguono nomi, cognomi e ruoli dei personaggi in scena, segno che evidentemente si aveva paura di perdere spettatori nel labirinto di chi fa cosa, quando e dove. La regia è costretta a braccare come un cane segugio una quantità immane di attori, sempre immersi in setting televisivi, davanti e dietro le quinte, con colori sempre accesi; alla fine - anche visivamente - tutto si omologa un po' e il racconto finisce con l'essere condotto in modo impersonale e anonimo. Ci si limita a cercare di capire cosa succeda ed in quale ordine cronologico, ma non traspare una grandissima personalità (a livello di forma). I contenuti sono quelli già scritti prima ancora che il film inizi, Roach e la Theron devono solo mettere in fila i fatti e renderli comprensibili e consequenziali per lo spettatore.
Ciò detto, di un prodotto come Bombshell si può comunque apprezzare la professionalità, la presenza scenica degli attori, primari e comprimari, anche se la scelta di "addobbare" la Theron, la Kidman, Lithgow come dei pupazzi del Muppet Show - azzoppandone la mimica e l'espressività facciale - fa davvero storcere la bocca. La vicenda avrebbe conservato intatta la sua forza se non si fosse tentato (anche un po' goffamente) di rendere il più somiglianti possibili gli attori ai veri protagonisti dello scandalo. Il mento della Kidman, le ciglia della Theron, le fattezze alla "Jabba The Hut" di Lithgow, depotenziano alquanto l'effetto immedesimazione. Forse agli americani questa mimesi grottesca sarà anche piaciuta, ma perlomeno al sottoscritto è sembrata sfiorare il ridicolo. Esplosiva la contrapposizione con Margot Robbie la quale, essendo un personaggio meno aderente alla cronaca, quasi di fantasia (seppur ugualmente ispirato ad una delle vittime di Ailes, Kayla Pospisil) è invece lasciata "libera" fisicamente, finendo col risultare quasi l'unico essere umano dentro un plotone di avatar gommosi. Tuttavia la sua Kayla, forse proprio perché più sceneggiata e meno pedissequamente ricalcata sulla storiografia di quei giorni (siamo nel 2016, alla viglia della prima elezione di Trump alla Casabianca), è il personaggio meno credibile del lotto. Una specie di Barbie/Vispa Teresa, acriticamente fanatica del marchio Fox, dunque intimamente convinta degli orientamenti politici e culturali di stampo conservatore e financo reazionario propalati dall'emittente, ma che ad esempio accetta senza colpo ferire di amoreggiare con una collega lesbica (per giunta Democratica in incognito), affermando al contempo di non essere affatto omosessuale. Un ossimoro vivente. Con tutti i suoi limiti, Bombshell appassiona e trasmette un senso di ribrezzo per quanto riguarda la vicenda in sé, impossibile non solidarizzare con le sfortunate protagoniste del "Team Ailes" (fanno molto ridere le sue groupies siliconate, che lo difendono e lo sostengono fino al giorno prima e lo scaricano con altrettanta rapidità il giorno dopo), anche se pure loro vengono ritratte con poca pietà. Come scrive la McDonald, al film sembra interessare relativamente quella condizione femminile, o probabilmente è talmente aggrovigliato nella preoccupazione di raccontare e sviscerare tutto di tutto, che ci riesce maldestramente; o magari il demerito è anche da ascrivere ad una sceneggiatura la cui mano è solo ed esclusivamente maschile. Le giornaliste di Fox ne escono fuori come donne forti e coraggiose, estremamente competitive, ambiziose e non sempre inclini all'empatia ed alla solidarietà reciproca. Tutto è in vendita, professionalità, idee, corpi, politica, umanità, un ritratto a suo modo impietoso della socialità e dei Media contemporanei, che lo spettatore riesce a percepire (verrebbe da dire) "nonostante" tutte le pecche di Bombshell.