Dopo aver visto l'interessante documentario Woody del 2012 di Robert B. Weide, che ripercorre la carriera di Allen fino a Midnight In Paris, ritrovato grande successo di critica e botteghino dopo il periodo di flessione dei primi anni 2000, mi è tornata voglia di rispolverare la filmografia di Allen, vedendo quei titoli che ancora (mi) mancavano all'appello o magari recuperando quelli che mi era capitato di vedere una sola volta. Del resto la filmografia di Allen è sterminata, tant'è che in Woody espone proprio la sua teoria della quantità, da preferirsi a quella della qualità nel senso che nel mucchio prima o poi un buon film arriva, viceversa non è detto. Blue Jasmine appartiene alla schiera di pellicole che ancora non avevo mai avuto modo di vedere ed è stata una piacevole visione.
Storia marcatamente drammatica nella quale l'umorismo è assente quasi del tutto, salvo il cinico e beffardo sarcasmo del fluire delle cose che a volte oscilla tra il grottesco ed il punitivo nei confronti del genere umano. I riferimenti a Tennessee Williams ed al suo Un Tram Chiamato Desiderio sono chiari ed evidenti, Allen ha espressamente ammesso di averlo voluto omaggiare. Traslati dalla fine degli anni '50 al 2013 accadimenti e personaggi si riverberano da Williams ad Allen, in un crescendo di cupezza, nichilismo, adempimento della legge di Murphy e rassegnazione. Il lascito di Blue Jasmine è una tristezza priva di speranza. Lo spettatore è chiamato a provare compassione per i personaggi, ma può trovarsi già in difficoltà al solo doversi immedesimare, poiché perlopiù le scelte compiute da questi sono ingenerose, egoistiche, spinte da pulsioni talvolta grette e basate sull'opportunismo, laddove non da una totale mancanza di lucidità e lungimiranza. Ci si muove si di un piano di interesse e tornaconto, che sia emotivo, economico o di posizione; in ogni caso tutti hanno qualcosa da ottenere e ancor di più da perdere. In primis la protagonista Jeanette (Cate Blanchett), che si fa chiamare Jasmine. La sua è la vicenda di una altolocata borghese alla quale improvvisamente il mondo intorno si dissolve per implosione, al punto da costringerla ad infilarsi dentro la vita della sorella (adottiva) Ginger (Sally Hawkins), commessa di un supermercato, ultima dei proletari, accompagnata ad uomini improbabili e ancora più perdenti di lei.
L'esistenza di Jasmine è interamente segnata da scelte sbagliate ed autolesioniste che lei regolarmente compie al momento sbagliato e nel modo sbagliato. Il finale è di un'amarezza unica e tuttavia perfettamente coerente con quanto visto sin lì. L'interpretazione della Blanchett è da applausi, l'hanno pensata così anche alla Academy Awards, tanto da averle assegnato l'Oscar come miglior protagonista femminile nel 2014. Non è da meno la "sorella" Sally Hawkins, degno contraltare fisico e morale di Jasmine. Una sorta di specchio al negativo che a Jasmine serve per tenere ben presente ciò che non vuole diventare. Allen esplicita questo approccio anche suddividendo lo scorrere della storia su due piani in contemporana; la vita attuale (e devastata) di Jasmine prosegue, mentre lo spettatore torna continuamente al glorioso (e lussuoso) passato che si inframezza nello squallore successivo, e lo chiosa. Importantissimo anche il lavoro sul guardaroba dei personaggi principali. Jasmine, Sally, ma anche il Dwight di Peter Sarsgaard e l'Hal di Alec Baldwin sono descritti tanto dalla loro recitazione e dalle loro azioni quanto dal loro abbigliamento che, nel caso di Jasmine, muta continuamente e si adatta alle situazioni, esattamente come Jasmine camaleonticamente si trasforma in uno zelig al cambiare dell'uomo con il quale si accompagna. Coraggiosa la Blanchett che accetta di mostrarsi spesso e volentieri in pieno crollo emotivo, con facce sconvolte, senza make-up, scombinata e con gli occhi sempre gonfi di lacrime. C'è chi ha voluto vedere nel personaggio di Jasmine e nel suo autolesionismo un velato riferimento di Allen a Mia Farrow. La Banchett e la Hawkins sono state le sole a ricevere in anticipo e poter leggere l'intera sceneggiatura, agli altri sono toccate esclusivamente le pagine che vedevano in scena i rispettivi personaggi, così da creare un clima di estrema verità "emotiva" nelle reazioni degli attori. Il risultato è un film denso e profondo da parte di Allen, per altro coadiuvato dal consueto reparto musicale "classy" ed elegante.