Black Rain

Black Rain
Black Rain

A un certo punto negli anni '80 a Hollywood c'è stato un grande interesse per il Giappone, il paese del Fujiyama e della ipertecnologia era il rivale numero uno al mondo dello Zio Sam, economicamente parlando, e contestualmente i rapporti tra i due paesi non potevano ancora dirsi esattamente scintillanti, visti gli strascichi della seconda guerra mondiale, e quelle simpatiche bombe "Little Boy" e "Fat Man" lasciate come ricordo a Hiroshima e Nagasaki nel '45. Non solo il Giappone, ma l'Oriente tout court veniva esplorato con curiosità dai produttori, comprese le non trascurabili deviazioni a nord e a sud del Mekong, altra ferita aperta nel cuore degli americani. Tralasciando tutti i film espressamente ambientati durante il conflitto col Vietnam, altre pellicole come Saigon, L'Anno Del Dragone, Sol Levante (che però appartiene già agli anni '90), e persino esempi più disimpegnati come Gung Ho di Ron Howard o Karate Kid, aiutano a decriptare i difficili rapporti tra Est e e Ovest, segnatamente gli Stati Uniti, sorta di sineddoche dell'intero Occidente. A questa categoria di film appartiene anche Black Rain di Ridley Scott, uscito al cinema proprio sul finire del decennio degli '80. All'epoca il film fece piuttosto discutere poiché rappresentava senza tanti orpelli abbellitivi ed edulcoranti i complessi rapporti e soprattutto le mai seppellite diffidenze tra americani e giapponesi, il tutto condito da un linguaggio non proprio da educande, tematiche scomode come la Yakuza - la temibile mafia giapponese - e la corruzione dei poliziotti.

Nick Conklin (Michael Douglas) è un chiacchierato detective di New York, sotto inchiesta disciplinare per aver sottratto fondi durante un'indagine sulla malavita; assieme al collega Charlie Vincent si trova nel posto sbagliato al momento sbagliato, ovvero in un bar italiano durante un regolamento di conti tra boss del crimine giapponese. L'arresto del sanguinario Sato provoca un certo sommovimento diplomatico, e al Dipartimento di New York viene richiesto di rimpatriare il bandito, sotto scorta proprio di Conklin e Vincent. All'arrivo ad Osaka, Sato viene consegnato per errore a dei finti poliziotti; da quel momento ha inizio una tesissima "collaborazione" tra polizia locale e i due americani nel tentativo di riacciuffare Sato, proprio mentre a Osaka infuria una feroce guerra di avvicendamento ai vertici della Yakuza.

Ridley Scott dirige Black Rain un po' come fosse Blade Runner, nelle riprese urbane e perlopiù notturne della città di Osaka vediamo gli stessi fumi, gli stessi neon intermittenti, quasi le stesse atmosfere del classico della fantascienza che ha eternato Scott. Proprio il carattere "futuribile" della città fu una delle ragioni della scelta di Scott dietro la macchina da presa. E le esterne di Black Rain sono uno dei motivi per i quali è assolutamente necessario vedere il film, se non quasi l'elemento principale, non perché di per sé non si tratti di un grandissimo lavoro (anzi!) ma perché la bellezza degli scenari ripresi da Scott (e fotografati da Jan De Bont) è tale che da sola merita l'attenzione rivolta a Black Rain. Il tono della narrazione è venato di un'epica crepuscolare piuttosto potente e muscolare, per altro amplificata dalla splendida colonna sonora firmata Hans Zimmer. Colori saturi calati in contesti bui e notturni, a sottolineare anche il sapore amaro, nichilista, quasi noir, del taglio che Scott dà al film. Splendidamente definiti i personaggi, da Conklin (magistrale la prova di Douglas, il suo è un poliziotto marcio e tuttavia un "bravo" poliziotto) a Vincent, dal boss Sato all'altro boss, suo antagonista, Sugai, da Masahiro Matsumoto (il tutore giapponese dei due americani) alla sensuale Kate Capshaw (starlette americana di un locale in odore di mafia), moglie di Steven Spielberg nella vita reale. Yūsaku Matsuda, l'attore che interpreta Sato, era malato di cancro alla vescica durante le riprese, e morì immediatamente dopo la prima americana del film, Scott gli dedicò la pellicola. Il suo ruolo fu proposto inizialmente a Jackie Chan che però rifiuto ritenendolo moralmente non adatto. Assai intensa anche l'interpretazione di Ken Takakura, il povero Matsumoto affiancato ai ruspanti sbirri americani. E' un bel da fare il suo, tanto è ligio alle regole, alla disciplina e alla gerarchia lui, da bravo giapponese, tanto sono sbruffoni, arroganti e ribelli Conklin e Vincent, abituati a New York, una gigantesca "via di mezzo", come la definisce il prosaico Conklin. La dinamica del loro rapporto di collaborazione professionale prima, ed amicizia poi, è davvero accattivante. Molte le scene clou - SPOILER: la morte di Garcia (spesso tagliata nei passaggi televisivi), l'incontro dei vari boss nella campagna giapponese (che poi è una regione vinicola californiana), gli inseguimenti e le sparatorie.

Pure Scott sperimentò sulla propria pelle le difficoltà di un americano in Giappone, dato che le beghe burocratiche legate ai permessi per la realizzazione del film furono tali e tante che il regista giurò che non avrebbe mai più realizzato un film in terra nipponica. Il titolo si riferisce esplicitamente ad un dialogo che avviene nel film tra Douglas e l'anziano boss Sugai, durante il quale quest'ultimo spiega autobiograficamente la sua entrata nella Yakuza; da bambino i suoi ricordi sono quelli della guerra, quando nascosto con la sua famiglia sotto terra scampò al "grande calore", per poi tornare in superficie e ritrovare la sua città interamente distrutta. Il calore portò poi le "pioggie sporche", con annessa morte, malattia e fame. La colpa storica degli americani, padroni su suolo giapponese, fu quindi all'origine del grande risentimento di Sugai, che sin da allora decise di farla pagare agli yankee (tant'è che la sua attività criminale si espande fino in America). Ma più genericamente Black Rain è un titolo che ben si adatta a tutto il contesto del film, oscuro, sofferente e corrotto, sebbene anche sotto il velo di una correttezza di vita esistenziale piuttosto discutibile e autoreferenziale come è quella di Conklin, possa celarsi un uomo capace di grandissima generosità, redenzione e azioni probe, in qualche modo un eroe americano.

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