Fatto il botto, un botto enorme, con il primo film, vice campione d'incassi nell'84, secondo solo a Ghostbusters, fu abbastanza ovvio mettere in cantiere un sequel. Per la verità la Paramount voleva trarne anche una serie tv, sempre con Eddie Murphy, il quale però si rese indisponibile e dunque si concretizzò solo e soltanto un numero 2. Tutto il cast viene riconfermato in blocco tranne ovviamente il villain del primo film e Lisa Eibacher, la sexy gallerista che purtroppo non trova spazio in questo nuovo capitolo (e conseguentemente nemmeno il mitico Serge/Bronson Pinchot con le sue indimenticabili scorzette di limone nel caffè).
Stavolta Eddie Murphy viene maggiormente coinvolto nella stesura dello script, anche se il grosso del lavoro Murphy lo fa sul set, improvvisando continuamente e partorendo idee in tempo reale, al punto che Tony Scott - nuovo regista al posto di Martin Brest - deve letteralmente seguirlo passo passo e costruirgli il film attorno. Per far questo ricorre anche all'uso in contemporanea di due macchine da presa. Adesso è una prassi consolidata ma all'epoca, nel 1987, un set con due MdP rappresentò una novità, tanto che allo stesso tempo ad esempio venivano filmati primi piani e campi lunghi, oltre a diverse angolazioni di ripresa. Abituati all'estro di Murphy, i commilitoni si adeguarono di conseguenza; Reinhold (Rosewood) e Ashton (Taggart) seguivano il flusso e pure loro si mettevano ad improvvisare molto più liberamente rispetto al primo film. Si narra che molte scene siano state totalmente create "in presa diretta", come il dialogo sulla betoniera o quello sulla gomma da masticare che Foley divide con Rosewood.
L'impronta di Tony Scott - inizialmente refrattario a dirigere il sequel - cambia leggermente l'impostazione del film. Molta più azione e attenzione all'estetica; la commedia c'è ancora ma scaturisce dall'azione anziché avere i propri spazi magari con dialoghi appositi totalmente svincolati dal frullare di macchine, proiettili e corpi. A proposito di corpi, in Beverly Hills Cop II entra in ballo un corpo da novanta, quello di Brigitte Nielsen, ritratta da Scott alla maniera di una Grace Jones total white, aggressiva, amazzone, perfida, perfetta figura femminile di un Bond movie immaginario. Il suo look è iconico e rimarrà impresso come una delle sue interpretazioni più caratterizzanti di sempre. Riguardo ai "corpi" sono da considerare anche quelli che sovrabbondano alla Playboy Mansion, dato che ad un certo punto le indagini si spostano alla celebre villa di Hugh Hefner, con lo stesso padrone di casa a tenere gli onori. Non mancano le inquadrature sulle conigliette che giocano a pallavolo, che si bagnano a bordo piscina e che ammiccano agli ospiti della festa. In proposito Scott ha dichiarato che quella parentesi non intendeva essere gratuita (ovvero una mera concessione allo spettatore....maschio) ma bensì è ben inserita nel tessuto narrativo del film. Faccio fatica a credergli, quel passaggio alla Mansion è un evidente ammiccamento glamour per il pubblico, che poi si cerchi di contestualizzarlo nel film è ovvio e comprensibile.
Con tutto che l'azione è preponderante, il ritmo è più adrenalinico e nervoso rispetto al primo film, a mio parere il primo episodio si è conservato decisamente meglio a distanza di tempo. Più asciutto e fresco. Questo numero 2, ancorché gradevolissimo e con una Nielsen che si prende la scena, rimane meno, ha qualche colpo andato a vuoto e nel complesso risulta più datato, anche se enormemente più colorato, chiassoso ed esuberante. Ferrari, completi firmati, occhialoni da sole, ragazze a profusione, una valchiria biondo platino, armi da guerra, tutta diventa "bigger" - all'insegna delle tipica filosofia di Tony Scott - ma questa sovraeccitazione rivela anche uno script più vuoto, con meno idee (il caso poliziesco procedere per rivelazioni puerili e telefonatissime) e con l'intenzione di riprodurre quanto più possibile gli elementi vincenti del primo film, dopandoli un po'. Le citazioni si sprecano; ad esempio tra Eddie Murphy e Paul Reiser viene ricreata la medesima gag del primo film, quando Reiser saltella attorno ad uno scocciato Murphy che neanche vuol sentirlo parlare, oppure ancora quando Raiser sbaglia scrivania nell'ufficio dell'Ispettore Capo Todd (nel primo film "sbaglia" armadietto, sempre al cospetto di Todd).
Divertente la presa di giro di Sylvester Stallone - che ricordo doveva essere il protagonista di Beverly Hills Cop e che lo stava trasformando in Cobra - fatta di manifesti di suoi film appesi per la casa di Reinhold (Rambo II e Cobra, proprio quel Cobra dove recita Brigitte Nielsen). Il personaggio di Rosewood stesso è una specie di parodia di Cobra, tanto che alla fine, riempitosi di armi fino ai denti, può finalmente indossare il lungo cappottone grigio del suo eroe, Marion Cobretti. Pur diventando un successo commerciale il film ha incassato meno del suo predecessore. naturalmente il celebre motivo di Faltermayer dedicato ad Axerl F rimane ed imperversa lungo tutto il film, ma anche la colonna sonora complessivamente si rivela inferiore a quella del primo film.