Belle D’Amore

Belle D’Amore
Belle D’Amore

Fabio De Agostini è più noto come sceneggiatore che come regista. Nel primo caso ha firmato oltre una dozzina di pellicole (tra le quali Giulio Cesare Contro I Pirati, Il Capitano Di Ferro, Amanti D'Oltretomba, Le Lunghe Notti Della Gestapo e il D'Annunzio di Sergio Nasca), nel secondo caso ha rivestito il ruolo di regista, assistente e seconda unità di regia. Belle D'Amore è uno dei tre titoli che ha diretto in prima persona. La pellicola pare un pretesto per giocare con scenari beat e pop, e mostrare un po' di carnazza muliebre, agganciando in modo ruffiano e opportunistico il tema della liberalizzazione sessuale e dei costumi. I protagonisti sono due studenti, Monique e Bruno, i quali preparano una tesi di laurea nientemeno che sul mondo della prostituzione. Siamo nel 1970, il '68 è esploso in tutte le sue contraddizioni, istanze trasgressive e progressiste, e la nostra coppia decide di unire pratica e teoria, partendo dai grandi testi della sociologia (citati esplicitamente nel film, ammesso che esistano) e confutandoli poi sul campo. Ovvero, praticano l'universo del sesso a pagamento, esplorandolo da diversi punti di vista, le varie perversioni dei clienti, lo striptease, le posizioni dell'amore, i risvolti criminali, il lesbismo tra prostitute, etc.. E' piuttosto evidente come ogni segmento del film sia trattato con estrema superficialità, la speculazione è posticcia, artefatta. I due laureandi per primi non credono a quello che fanno, a ruota il loro professore, quindi gli amici e gli ambienti che frequentano e, per ultimi, gli spettatori, perfettamente consapevoli che De Agostini cerca solo un alibi per spogliare le attrici e poter sparlare, quasi come una comarina pettegola, di argomenti taboo e pruriginosi (perlomeno ritenuti tali in quegli anni).

Il film è una innocua modesta furbetta commedia erotica nella quale trasparenze, velature, parrucche e seni abbondano con generosità. Tra la parata di prostitute internazionali scopriamo anche una dotatissima Enrica Bonaccorti (prima che andasse dal chirurgo per una mastoplastica riduttiva), così come sul finale compare pure Giorgio Ardisson nella parte di una specie di feticista del sesso con implicazioni sado-nipponiche. Paola Tedesco è la protagonista femminile, evanescente nella sua interpretazione tanto quanto il tono generale del film, fintamente interessato ad argomenti da dibattito filosofico quando invece la tetta è tutto (nel senso che non c'è proprio altro). Rimane agli atti però un certo brio del racconto che rende la visione almeno non noiosa, con l'improvvisa irruzione di siparietti beat-giovanilistici che collocano adeguatamente il film nei suoi anni di riferimento. Idem per le musiche. I dialoghi sono spesso stupidelli, mentre meraviglia come, accanto a tanta presunta ingenuità, arrivino qua e là scene abbastanza esplicite (già il fatto che si usino apertamente termini come "fellatio" e "cunnilingus" non è poco per l'epoca). Erano anche anni in cui il film d'inchiesta di ambito sessuale impazzava, filiazione dei Mondo Movies e dell'affermarsi sempre più impetuoso del giornalismo gossipparo e scandalistico. Belle D'Amore non è veramente niente di che, ma regala molto nudo spensierato, ammesso che questo possa bastare per decidere di affrontare la pellicola. Tra le interpreti femminili pure Rosita Toros, che poi ritroveremo sempre con De Agostini in Le Lunghe Notti Della Gestapo.

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