Non pratico granché le serie tv, chi segue Cineraglio se ne sarà accorto, più che altro perché ho problemi con la serialità e con ciò che essa comporta (uno sproposito di tempo a disposizione e il concetto di fondo di una storia e di personaggi che devono essere tirati il più possibile per le lunghe, finendo fisiologicamente con lo snaturarsi, trasfigurarsi o annacquarsi). Un gioco è bello quando dura poco e la filosofia delle serie è esattamente agli antipodi. Detto ciò, di tanto in tanto mi ci dedico, quando appunto riesco a ricavare del tempo (solitamente accade d'estate). Stavolta è stato il turno di 1992, la storia di Tangentopoli (o più precisamente dell'Italia che ruotava intorno a quell'inchiesta giudiziaria), a cui è seguito 1993 e 1994. "Da un'idea di Stefano Accorsi", in collaborazione con Sky e La7, viene sviluppata questa retrospettiva romanzata sugli anni cruciali della morte della Prima Repubblica e del passaggio alla Seconda (con fuga in avanti nell'ultima puntata della terza ed ultima stagione che, a dispetto del titolo, è ambientata nel "futuro", il 2011). Nei 10 episodi di 1992 si arriva alla soglia del coinvolgimento di Craxi nelle indagini, negli 8 del 1992 siamo in pieno processo Cruciani e Berlusconi è ad un passo dalla "discesa in campo", negli ultimi 8 di 1993 siamo alla caduta del primo governo Berlusconi quando Bossi, a seguito del decreto Biondi (il cosiddetto "salvaladri"), toglie la fiducia al governo presieduto dal tycoon.
Lo schema è quello di innestare personaggi di pura invenzione nella cronaca italiana del periodo, sovrapponendo finzione e realtà, e guardandoli giocare assieme con la curiosità di vedere cosa ne scaturisce. Assistiamo quindi alla sfilata di politici e imprenditori di cui tv e quotidiani dell'epoca parlarono abbondantemente (con Berlusconi sempre sullo sfondo, come deus ex machina di ogni cosa, ma poi il leviatano si concretizzerà prendendo forma umana e popolando la realtà abitata dai personaggi), e naturalmente al pool di Mani Pulite, in primis Di Pietro, poi Colombo, Davigo, Grevo e Borrelli. I cinque volti a cui il pubblico dovrebbe affezionarsi sono cinque stereotipi, il tentativo di catalizzare in sceneggiatura alcuni "tipi" di italiani che ruotavano attorno a quel mondo. Dunque abbiamo Stefano Accorsi nei panni del faccendiere moralmente abbietto (ma sagace ed intelligente come una volpe), Miriam Leone in quelli succinti della velina disposta a qualunque compromesso pur di lavorare in tv (e "qualunque" non può che significare prestazioni sessuali), Guido Caprino in quelli dell'uomo del popolo, zotico e ignorante, che trova nella Lega Nord dello sgarrupato Umberto Bossi in canottiera il suo ascensore sociale; Domenico Diele in quelli di un poliziotto col passato borderline, divenuto sieropositivo per una trasfusione con sangue infetto (frutto del malaffare di una multinazionale farmaceutica); Tea Falco in quelli di una giovane rampolla figlia di padre industriale ed intrallazzatore coinvolto nel tritacarne di Mani Pulite. A latere c'è un'attenzione particolare su Antonio Di Pietro, interpretato da Antonio Gerardi, a suo modo anch'egli tra i protagonisti, sebbene si tratti di un personaggio vero e dunque in qualche misura inchiodato al rispetto stringente della cronaca.
Personalmente ho gradito soprattutto la prima stagione, 1992, che mi è sembrata la più interessante e ricca narrativamente. Notevole ma assai più opulenta e glamour l'ultima, 1994, di buona qualità a livello di scrittura (e con nuovi personaggi che via via subentrano ai vecchi che hanno lasciato), anche se avrei del tutto evitato l'ultima puntata, quella dell'attualizzazione in chiave 2011, assolutamente velleitaria; non aggiunge nulla, anzi, se possibile toglie. Come spettatore non avevo nessuna voglia di scoprire come fossero finiti i personaggi "dopo", uomini e donne degli anni '90 che avevano una ragione d'essere in quel contesto ed in quel momento storico, e che invece quella puntata si incarica di inseguire 20 anni dopo, con un inevitabile scadimento narrativo. 1993 - che sta nel mezzo - è probabilmente la parentesi meno brillante ed anche quella nella quale i personaggi compiono cose più improbabili, sforzate e tirate per i capelli, sempre per via del fatto che qualcosa bisogna inventarsi per mettere in fila un episodio dopo l'altro. Il cast regge bene, Accorsi fa la morte sua, il piacione meschino generatore di frasi ad effetto con lo sguardo perso nel vuoto, ruolo che gli riesce benissimo bisogna ammetterlo; la Leone è ovviamente di una gran bellezza e certamente non le difetta la bravura, ma talvolta la scrittura del suo personaggio risulta più banale e superficiale di altri, e l'ex Miss Italia 2008 si barcamena come può per darle profondità; Diele invece ha un buono personaggio, forse quello più stimolante e sfaccettato, e l'attore offre un'ottima prova senza mai strafare (oramai ex attore, visto che purtroppo Diele è finito in carcere per una brutta faccenda legata al consumo di stupefacenti e al conseguente omicidio colposo di un pedone investito). Notevole resa anche da parte di Caprino, col physique du role per fare il leghista rozzo e sbracato, pure il suo personaggio vive una discreta serie di stravolgimenti personali nell'arco delle varie stagioni. Infine la Falco, che inizialmente ho trovato insopportabile con quel suo parlato strascicato e quell'atteggiamento sciancato (Asia Argento al confronto pareva Gwyneth Paltrow), ma che in tutta sincerità è cresciuta tantissimo puntata dopo puntata, fino a diventare una delle attrattive maggiori del concept 1992/3/4, rovesciando di 180 gradi la mia indisposizione nei suoi confronti. Ricchissimo e faraonico il bosco di personaggi paralleli e minori che circondano quelli principali, tant'è che a tratti bisogna davvero fare uno sforzo di memoria per orientarsi. L'aver vissuto quegli anni in prima persona mi ha certamente aiutato.
Mentirei se dicessi che non mi sono ritrovato più volte a borbottare tra me e me: "si vabbè....", per via di certe scelte troppo pirotecniche o - di contro - troppo facili che la sceneggiatura decide di adottare qua e là (il vecchio discorso di dover tener botta per ore ed ore di racconto....) ma, dovendo analizzare l'opera nel complesso, si è rivelata a mio gusto un buon prodotto di intrattenimento, seppur non esente da difetti (ma neanche di pregi). Parecchi gli affluenti fatti convergere nei navigli milanesi (l'altra ambientazione privilegiata è naturalmente Roma), dal thriller giudiziario al filone sentimentale, dal tono drammatico a quello vagamente grottesco (sviluppato soprattutto in alcuni frangenti e puntate di 1994, meno ancorate allo stringente dato di cronaca), fino a lambire il noir conclamato. Certo, viene da chiedersi quanto all'estero sia risultato comprensibile questo girone dantesco tutto italiano, pieno di nomi e facce anche di background del mondo della politica e degli affari degli anni '90; e del resto anche in Italia c'è chi ha scarsamente apprezzato per il semplice fatto che 1992/3/4 non sia stata una nuova Gomorra o Romanzo Criminale, ma personalmente ho gradito il fatto che la serie non si sia fatta ammansire troppo dalle sirene del politically correct, mostrando liberamente sangue, violenza, sesso e immoralità quando ciò si è rivelato necessario alla trama, e per altro riuscendo a trovare un suo equilibrio tra le varie fazioni politiche coinvolte. Non è poco, in Italia. Ci sarebbe da eccepire che, a ben guardare, i personaggi quelli sono, a prescindere da tutto il bailamme che gli capita molti di loro tagliano il traguardo dell'ultima puntata uguali identici a come sono partiti allo start. Accorsi, la Leone, Caprino, sempre quelli sono, mentre per Diele e la Falco si può parlare di minima evoluzione del personaggio, aspetto che non pare sempre essere stato in cima ai pensieri degli sceneggiatori. Va tuttavia precisato che alla fine della fiera 1992/3/4 non è una serie su Mani Pulite ma su dei personaggi che vivono quel periodo storico e sono coinvolti in quegli eventi, il che mette sotto una luce diversa - secondo me - il giudizio che va dato sulla serie e sul suo propendere su aspetti maggiormente "soap" rispetto alla cruda realtà sociale. Buone le musiche (era un po' vincere facile), molto buona la sigla d'apertura che mi si è piantata in testa e non ha più abbandonato le mie sinapsi.