
Esordio alla regia di Anna Kendrick, attrice, cantante e ora anche regista. Lo fa con una storia decisamente scomoda, quella di colui il quale è stato con ogni probabilità il più letale serial killer americano. Rodney Alcala è stato incriminato per l'assassinio di otto donne ma le autorità hanno stimato possa essere stato responsabile di ben 130 omicidi tra il 1968 ed il 1979. Alcala è poi morto in carcere nel 2021 all'età di 78 anni, in attesa dell'esecuzione della pena capitale. Tra le potenziali vittime di Alcala c'è stata anche Cheryl Bradshaw che nel 1978 ha partecipato al Gioco Delle Coppie, format importato anche in Italia con la conduzione di Marco Predolin. In una puntata americana Alcala era uno dei tre corteggiatori candidati ad essere scelti dalla Bradshaw. La scelta finale ricadde proprio su di lui, ma per una serie di coincidenze fortunose Cheryl riuscì a sottrarsi alle sue grinfie e non morire strangolata. Un anno dopo Alcala fu arrestato grazie ad un'altra delle sue vittime che si salvò all'ultimo e riuscì a farlo catturare. La Kendrick veste i panni di Cheryl ma di fatto non incentra su di sé il film, poiché il ruolo di protagonista è saggiamente suddiviso tra la Bradshaw, Alcala e Amy (Autumn Best), una giovanissima ragazza che Alcala aveva circuito con la scusa di un servizio fotografico per un concorso. Amy si risveglia nel deserto, seminuda e legata, dopo essere stata picchiata ed abusata da Alcala. In quelle condizioni tuttavia, con un incredibile sangue freddo, Amy riesce a confondere il suo aguzzino chiedendogli di non raccontare quanto accaduto, per non essere oggetto di scherno da parte di conoscenti e familiari. Rovescia la prospettiva, è lei a fingersi in imbarazzo anziché colpevolizzare il suo aguzzino. Si rapporta all'uomo come fosse il suo fidanzato e questo in qualche modo ammansisce Alcala che la slega e riparte con lei in auto. Alla prima pompa di benzina Amy fugge e chiama la polizia.
La regia della Kendrick è ben curata, le immagini, il taglio della storia, il montaggio, le atmosfere, tutto è assai elegante e raffinato, l'approccio è sottile, affatto banale. Il tempo narrativo sovrappone dei flashback al presente ma in modo geometrico e brillante, non è un semplice andare avanti e indietro ma uno spiegare ciò che sta accadendo attraverso il filtro di ciò che è accaduto in precedenza. Inoltre la Kendrick non ha fretta, le interessa creare una gradevole cornice d'ambiente (per quanto l'argomento possa permetterlo), anche attraverso fotogrammi che danno contesto e un filo di poesia agli eventi, mediante momenti bucolici, geograficamente descrittivi, paesaggi, tramonti e immagini naturali che rendono la vicenda agreste e saldamente legata all'America di provincia degli anni '70, dove chiunque poteva credere a qualunque cosa e ficcarsi in un bel guaio. Del resto basti pensare che lo stesso Alcala è stato accusato, arrestato e rilasciato svariate volte prima che la polizia si rendesse realmente conto dello spessore criminale del suo personaggio. Una storia giudiziaria che per incompetenza e sommarietà rischia di eguagliare e superare molti noti casi di cronaca italiana. Non so dire se i personaggi collaterali ad Alcala siano ricalcati fedelmente sugli originali o siano in qualche modo romanzati ed abbelliti dalla sceneggiatura di Ian MacAllister McDonald, autore del libro dal quale il film è stato tratto; perlomeno Cheryl Bradshaw è un personaggio particolarmente accattivante, una donna estremamente intelligente che mette in difficoltà ogni uomo al quale si relazione, certamente un ruolo che la Kendrick si è cucita addosso. Emblematico in tal senso il finale del Gioco Delle Coppie dove la donna va a ruota libera, surclassando i pretendenti maschi ed il borioso conduttore. Da un punto di vista strettamente cinematografico il meccanismo è perfetto, tutto si tiene e il racconto si rivela assai valido tanto da un punto di vista formale quanto contenutistico.
La personalità di Alcala (interpretato da un ottimo Daniel Zovatto) è disturbante e la Kendrick non fa niente per rendere il film più accattivante o ridurlo a mero intrattenimento, tant'è che più che un thriller si deve parlare di una pellicola drammatica che invita alla riflessione ed alla introspezione. La Kendrick esplora un buco nero che lascia storditi e basiti, il male che non ha spiegazione e che è connaturato alla nostra esistenza. Gli esseri umani di Woman Of The Hour sono tutte creature fragili, debole, esposte. Davvero interessante il profilo della Kendrick, enigmatica, di una bellezza non immediata, un po' cerebrale, la cui fisicità è del tutto peculiare ed in grado di produrre un impatto ad alto tasso di intensità sullo schermo pur non incarnando lo stereotipo della pin-up o della classica bellezza hollywoodiana. Un notevole esordio dietro la macchina, stiamo a vedere se manterrà questo livello o se a breve verrà fagocitata da qualche insulsa commedia sentimentale, dalla Marvel o da horroracci pop corn tutti uguali.