A Natale verrebbe quasi voglia di chiudere i cinema e aspettare che sia passata l'Epifania, perché ai cinematografari italiani vien voglia di far ridere per forza, gli corre l'obbligo morale proprio. La gggente, quella con tre "G", deve essere sradicata da casa e portata al cinema, senza se e senza ma, e ogni artifizio è buono, legittimo, il fine giustifica i mezzi. In principio erano i cinepanettoni, poi la guerra si è atomizzata e la proposta si è diversificata, ma sempre all'insegna del "dovete ridere, cazzo!". Sono arrivate così le commedie "intelligenti", quelle che siccome non c'è De Sica che scorreggia o Boldi che rimane incastrato col coso dentro la portiera di una macchina, allora è comicità che piace pure ai professori universitari. Le cose non stanno proprio così, la volgarità, la ruffianeria, la smodata ricerca di pubblico (e quindi di pecunia) non si traducono solo nel peto esistenziale e nella parolaccia in romanesco, la bassezza può nascondersi anche in una presunta snoberia che poi a far ridere manco ci riesce.
Con Un Natale Stupefacente apparentemente saremmo più o meno sulle medesime latitudini anche se, per fortuna, solo parzialmente. Analizziamo punto per punto: A) la simpatia telefonata - le commedie italiane sono tutte così, a partire dal trailer che ti deve trasmettere a tutti i costi una sensazione accattivante, spassosa, speziata, per farti sentire giovane, atletico e "into the groove". Un Natale Stupefacente lo fa. B) la differenza tra personaggi comici e macchiette - sapete come la penso, generalmente in queste commedie i personaggi che devono far ridere non sono a 360 gradi, ma a 180, gliene manca altri 180. Sono sagomine buffe, ritratte solo dal punto di vista dei tic, delle nevrosi, delle manie, delle debolezze, dei tormentoni linguistici e gestuali, per scatenare la risata facile secondo la logica del "minimo sforzo - massimo risultato". Anziché costruire dei personaggi con delle psicologie, si schizzano delle macchiette veloci, immediatamente riconoscibili per quei due o tre punti fermi che li inchiodano ad una sceneggiatura pigra e faticona. Un Natale Stupefacente in parte lo fa, in parte no. I due psicologi gay (oh, è il momento che i gay proprio li fanno a pezzi!) sono assolutamente due macchiette. Non esistono se non nei fumetti. Giustino, il tatuatore interpretato da Paolo Calabresi, pure ci va molto vicino; scemo e tatuato, grosse altre caratteristiche non ne ha. Meglio con gli altri personaggi, tutti un pelino sopra la mera caricatura. C) comici televisivi, non attori - qui Un Natale Stupefacente ne esce alla grande. Il cast è fatto di attori e non di prestiti derivanti da Zelig, Colorado o Mai Dire Qualcosa. Bene. Bravi. D) l'inoppugnabile superiorità ancestrale dei personaggi appartenenti al genere femminile - un po' si, ma senza esagerare. E' evidente che il personaggio di Genny (Ambra Angioini) è scritto con più cura e benevolenza degli altri, è un po' la cocca degli sceneggiatori (ben 5), la preferita, ma non si raggiunge gli insopportabili livelli della Cucciari di Un Fidanzato Per Mia Moglie, che più o meno mette in scena il rapporto tra Madame Curie e gli ultras dell'Atletico Roncolato. E) la trama stupidina - nonostante ti vendano chissà quale sublime opera comica attraverso due minuti di trailer, il film solitamente poi si risolve in una stro***tina da due lire, con la sceneggiatura scritta da un bambino di quinta elementare e due battute due che ti hanno fatto (forse) sorridere in 90 minuti di pellicola. Un Natale Stupefacente non è Nel Bel Mezzo Di Un Gelido Inverno ma neppure Amici Ahrarara; ha qualche buona trovata alternata a soluzioni svaccate e banali, e in buona sostanza viene salvato dal cast.
E vediamolo questo cast. Lillo e Greg li ho nel cuore, li seguo da tantissimi anni, e nonostante al cinema ancora non siano riusciti a riproporre la loro verve e la loro genialità artistica, concedo loro sempre il beneficio del dubbio. Sono un po' come il bomber riconosciuto come un talento calcistico che però fatica ad esplodere nella squadra, per infortuni, per colpa del modulo di gioco, per un blocco psicologico, etc.. Lillo e Greg il dono ce l'hanno, serve loro il contesto giusto, l'alchimia di elementi propedeutica, adeguata, che consenta il pieno dispiego del potenziale. Gli schemi delle commediole cinematografiche italiane sono troppo al di sotto, li costringono, li stritolano e ne sfruttano solo una piccola percentuale. Nonostante ciò, rispetto a Luca e Paolo di Un Fidanzato Per Mia Moglie, sempre per restare alla nostra cartina di tornasole, il paragone è improbo. Poi c'è Ambra Angiolini, di cui solitamente non mi viene da parlare un gran bene. Credo più per colpa di chi la scrittura che per colpa sua. Ambra al cinema finora è rimasta confinata in due tipologie di personaggi: quello mattonato da incudine drammatico - il cui imprinting lo ha dato Ozpetek e che attualmente ha ripreso voga con l'ultimo imperdibile film di Michele Placido su una gravidanza derivante da uno stupro (siamo in odore di madonnine sante) - e quello comico, che tendenzialmente si riduce all'imbranatina, goffa, ansiosa, dipendente dagli psicofarmaci. Un Natale Stupefacente è forse il primo film dove ho potuto veramente vedere Ambra attrice. Chiaro, un retaggio del suo profilo tipo sopravvive anche qui, inizialmente il personaggio è presentato un po' in quel modo, insicuro, fragile e imbranato; poi però cambia parecchio (il che crea anche una certa frattura da un punto di vista di costruzione del personaggio, ma vabbè, non andiamo a cercare il pelo nell'uovo, che poi ti dicono che non sei mai contento). Quando la Genny di Ambra diventa la Genny 2.0, lo spettatore può accorgersi che la Angiolini come attrice non è affatto male se le viene data la possibilità di recitare un copione decente. Fa la strappona, ma la credibilità del personaggio deriva proprio dal fatto che non è stato deciso di affidare il ruolo alla Ilary Blasi di turno, che avrebbe reso Genny in modo monodimensionale (sesso sesso sesso); Ambra diventa sensuale ma non stupida, brillante, ma non sciocchina, un personaggio interessante insomma, con le sue contraddizioni ed i suoi punti di forza. Paola Minaccioni è simpatica, buffa e secondo me anche brava, per quanto finora le abbiano riservato sempre e solo ruoli minori e da caratterista. Alla fine della fiera Un Natale Stupefacente non è che sia un capolavoro, ma risulta decisamente meno irritante della commedia italiana tipo, quella che promette mari e monti e poi è un topolino partorito dalla montagna. Per una serata casalinga davanti al lettore dvd può andare, come obolo da versare alla cassa della Multisala ancora non ci siamo.