
Robert Redford è immortale, dopo essere sopravvissuto a tutte le scalogne dell'Oceano Indiano all'età di 77 (All Is Lost), lo vediamo nuovamente davanti ad una macchina da presa, stavolta nelle compassate vesti liberal di Dan Rather, storico anchorman della CBS, nel film Truth - Il Prezzo Della Verità, riadattamento cinematografico delle vicende contenute nelle memorie di Mary Mapes (Truth and Duty: The Press, The President And The Privilege Of Power), giornalista al centro di un caso di (mala)informazione politica alle porte della rielezione di W. Bush (2004). Una pellicola perfettamente in sintonia con il Redford de I Tre Giorni Del Condor, Tutti Gli Uomini Del Presidente, Leoni Per Agnelli, tanto per rimanere alla sua filmografia. La regia dell'esordiente (e sceneggiatore) Vanderbilt non aiuta purtroppo tantissimo, limitandosi a ripercorrere calligraficamente - ed un po' emotivamente - tutta la storia, senza lasciare grandi segni, né avere il graffio dell'autore o di chi intende osare (in una direzione o nell'altra). Al termine della visione si ha la sensazione di aver assistito ad una vicenda appassionante che però non ha portato da nessuna pate (in termini cinematografici), non ha sviluppato grandi morali (né pro, né contro), e si è limitata perlopiù alla innocua cronaca orizzontale degli eventi. Peccato perché con dei pezzi da novanta nel cast come Redford, Cate Blanchett e Dennis Quaid si poteva legittimamente aspirare a qualcosa di più portentoso.
La Mapes, autrice di diversi scoop sensazionali, tra cui la scoperta delle vicende di Abu Ghraib, entra in possesso di documenti che proverebbero che Bush ha evitato il servizio militare in Vietnam ai tempi della guerra, facendo leva su raccomandazioni e trattamenti di favore perlopiù derivanti dalle influenze paterne e dalla posizione prominente della famiglia Bush nell'industria petrolifera. Mentre l'America deve decidere se eleggere Bush o Kerry, la CBS dà fiducia all'inchiesta della Mapes e mette sotto attacco Bush. La risposta Conservatrice non si fa attendere e molti degli elementi che costituiscono l'inchiesta (in particolare la veridicità documentale) vengono messi in discussione, fino quasi ad essere smontati pezzo per pezzo. La Mapes, assieme al suo anchorman ed amico fraterno Rather, si difende con i denti e le unghie ma la CBS stessa, per ragioni di opportunità politica, la scarica, fino a costituire una commissione interna che appuri le reali intenzioni dell'inchiesta. - SPOILER: come la cronaca di quei giorni riporta, la Mapes e tutti i suoi collaboratori vengono rimossi dal proprio incarico senza che alcuna malafede sia accertata. I documenti rimangono in parte confermati in parte smentiti, ma alcuni ragionevoli dubbi bastano a gettare alle ortiche le risultanze dell'intera inchiesta, indipendentemente dall'attendibilità e dai riscontri delle sue tesi di fondo. Rather chiude la carriera scusandosi con il popolo americano per la cantonata presa. Di lì a poco la CBS riceverà onoreficienze giornalistiche proprio per i servizi sulla Guerra nel Golfo realizzati dalla Mapes.
Truth poteva essere un film assai più duro, scomodo, spigoloso, incalzante, teso, ma non lo è, o perlomeno lo è in forma minimale ed estremamente edulcorata. Si ha l'impressione che la grande forza ed il carisma dei primi attori vengano utilizzati perlopiù a fini di spettacolo spicciolo e hollywoodiano (troppi i piagnistei ed i cedimenti emotivi della Blanchett), che per dare nerbo e polpa ai fatti. Truth ha più i toni della fiction che del grande cinema americano di denuncia, nonostante un budget tutt'altro che da fiction. Bella fotografia, attori superlativi, dialoghi spesso vacui, un tempo enrome (125 minuti) andato sprecato. Tra i comprimari, la caratterizzazione semplificatoria va per la maggiore, c'è il marine tutto d'un pezzo (Quaid), il giovanotto di alleggerimento comico (Topher Grace), la Bridget Jones goffa ma affidabile (Elisabeth Moss), il marito premuroso da Mulino Bianco della Mapes, i capi struttura della CBS cinici e risoluti, l'avvocato rassicurante dal consiglio giusto al momento giusto, etc.. Molto timido anche l'accenno di riflessione sullo stato dei Media e della tv di informazione oggi. Al confronto Quinto Potere (pellicola di 40 anni fa) risulta stratosfericamente di un altro pianeta. Interpellata sul film, la CBS ha mostrato un certo disappunto. Non è intervenuta pesantemente sulla circolazione del film (si è limitata a non pubblicizzarlo), tuttavia ha dichiarato che c'è molta poca verità in una pellicola che si chiama proprio "truth", che i fatti sono stati perlopiù distorti, elusi o ridotti a teorie cospirazioniste; che errori marchiani di giornalismo sono stati tramutati malamente in atti di eroismo e martirio. Redford, incartapecorito a livelli preoccupanti, rimane uno dei motivi per cui vedere il film, assieme alla bravissima Blanchett e all'altrettanto solido Dennis Quaid.