Transsiberian è uscito nel 2008, ma arriva in homevideo in Italia molto tardi. Regia di Brad Anderson, dietro la macchina da presa già per qualche altro titolo e parecchie serie tv (The Shield, Boardwalk Empire, Fringe, eccetera). Il cast schiera qualche attore recentemente un po' in disarmo, come Woody Harrelson e Ben "Gandhi" Kingsley (attenzione...in disarmo ma, come è noto, pezzi da 90), oltre alla slavata ma brava ed espressiva Emily Mortimer, il playboy Edoardo Noriega e la periferica Kate Mara (nulla di che, ma il suo ruolo è quel che è). La vicenda si svolge quasi interamente su un treno, il transsiberiano appunto, che porta Harrelson e la Mortimer, volontari umanitari, dalla Cina a Mosca. Sul convoglio i due conoscono un'altra coppia, Noriega e Mara, due tipi un po' misteriosi con qualcosa da nascondere. Pure la Mortimer però ha un passato così così, e la chimica col testosteronico latin lover Noriega scatta rapidamente. Come in una reazione a catena, eventi chiamano altri eventi, fino ad ingarbugliare pericolosamente la situazione, anche perché sulle tracce prima di Noriega, e poi della Mortimer, si mette un poliziotto mastino (Kingsley).
Non spoliero più di tanto, le sorprese nel film sono tutto, dato che, come detto, gli ambienti sono angusti, e solo un vivace sceneggiatura può mantere l'attenzione sul film. Gran protagonista naturalmente è il gelo siberiano, landa desolata, perennemente innevata e del tutto indifferente all'umanità. Il bianco è ovunque, ci si sente stritolati dalla morsa del ghiaccio anche semplicemente vedendo le immagini sullo schermo (col termometro di una stazione locale che segna -23 gradi). I russi non sono ritratti come delle persone aperte ed accoglienti, le autorità locali hanno evidenti strascichi totalitari, la miseria è diffusa, e gli stranieri (segnatamente americani) farebbero bene a guardarsi sempre le spalle. Le dinamiche di comportamento tra i personaggi sono rese abbastanza discretamente, anche se la "convergenza" tra la Mortimer e Noriega è sin troppo telefonata. E pure il passaggio al "lato oscuro" di Harrelson nella seconda metà del film si spiega male con la sola forza dell'ammmmore nei confronti della Mortimer, visto che per tutta la prima parte il personaggio ci viene presentato come una specie di caritatevole missionario di chiesa generoso e sempre volto al bene delle persone. Harrelson non fa una piega davanti agli evidenti e sempre crescenti misteri che la moglie cela. Interessante però l'importanza della "fotografia" nel plot, una specie di piccola chiave metacinematografica su quello che sta accadendo. In conclusione, Anderson dirige bene un film di mestiere ma gradevole, supportato dalla bella ambientazione, una sceneggiatura solida, una magistrale prova soprattutto di Kingsley. E si scopre anche che i binari del sistema ferroviario cinese hanno un'ampiezza minore di quelli russi, perché i cinesi temevano una possibile invasione dei sovietici a suon di locomotive rosse; quindi ad ogni passaggio di frontiera i vagoni devono cambiare le ruote motrici.