
Mentre il team produttivo di 007 era in pieno lavorìo per confezionare il nuovo Spectre, quella vecchia canaglia di Pierce Brosnan - quinto attore ad impersonare James Bond dal '62 ad oggi - decide di tornare a vestire i panni di una spia a 12 anni di distanza dal suo La Morte Può Attendere. Brosnan stesso ha dichiarato che non ci può essere posto per il solo Daniel Craig, e così gli ha scippato pure un'attrice, Olga Kurylenko, vista proprio accanto al Braciola in Quantum Of Solace (2008). The November Man prende spunto dalla omonima serie letteraria di Bill Granger, anche se il film si incentra in realtà su quella che si può considerare la settima avventura della serie, There Are No Spies. Rispetto al romanzo, il film si prende diverse libertà ed aggiunge alcuni personaggi, cercando insomma una propria strada per conferire la grana di celluloide alle pagine scritte da Granger. Brosnan produce ed interpreta, e si cuce addosso un personaggio estremamente accattivante. Una spia assai più disillusa del suo vecchio Bond, ma comunque mille volte più elegante di quello del Braciola. Una sorta di versione aggiornata di 007, ammodernata ma senza tutte le paturnie psicanalitiche, nichiliste e depressive del team Craig/Mendes. Il suo Peter H. Devereaux è una spia in pensione, che si gode una casetta a Losanna con relativa gestione di un bar. Purtroppo il passato torna a perseguitarlo nelle vesti di un collega che vuol proteggere una agente infiltrata nell'entourage di un generale militare russo, prossimo alla Presidenza della nazione ex comunista. Mosso da motivazioni sentimentali, Deveraux accetta di salvare la donna ma, nel portare a termine la sua missione, capisce che molte informazioni vitali gli sono state taciute. Inizia così una personale rivalsa contro chi cerca di ucciderlo, arrivando a mettere in discussione personalità molto in alto.
Deveraux porta avanti una sorta di vendetta personale, non ha scrupoli, uccide in grossa quantità, non si fa fregare dal buonismo, sa essere cinico e spietato laddove l'obiettivo della sua missione lo richieda. Il che raddoppia l'effetto quando ad interpretare il personaggio in questione è un volto indubbiamente "positivo" come quello di Brosnan, il quale ha saggiamente voluto spingere sul pedale di una personalità meno limpida e politicamente corretta del solito. Naturalmente la finalità rimane il "bene", ma per perseguirlo Brosnan attua molto "male", anche nei confronti di innocenti che gli servono banalmente per andare a meta (mi viene in mente la povera crista che si spupazza David Mason, aka Luke Bracey, alla quale Brosnan non esita a recidere l'arteria femorale). La Kurylenko in un certo senso è la "bond girl" della situazione, la comprimaria che tiene testa alla spia e con la quale, inevitabilmente, cadrà in amore dopo i mille pericoli corsi assieme. Non bellissima, l'attrice franco-ucraina ha comunque un ruolo importante che difende senza infamia e senza lode. Bracey sembra una sorta di Chris Pratt dei poveri. Poi c'è Amila Terzimehić, killer senza cuore la cui ferocia e pari solo alla dimensioni del suo naso. Interessante il look dimesso affibbiato ai vari personaggi; di contro ai lussuosissimi vestiti Armani, Versace e quant'altro dispiegati per i vari Bond movies, qui gli attori girano in camicia e maglietta, pane al pane e vino al vino, le situazioni sono molto concrete, prosaiche, dirette, di pari passo con i costumi. Non per questo il comparto action lascia a desiderare, anzi, ottime tutte le scene di azione, sempre all'insegna di un verismo "stradaiolo". A corollario, vanno nella medesima direzione anche le location dell'Europa dell'est, meno glamour rispetto agli esotismi sparsi per il globo e alle grandi capitali europee di James Bond, ma molto crude.
Il cast non è fatto di grandi nomi tuttavia regge discretamente. Ottime le musiche di Marco Beltrami che, a dispetto del nome spaghetti e mandolino, è un compositore americano (ovviamente di origini italiane, ma anche greche). Discrete critiche e buoni incassi in Usa, ed un sequel già messo in cantiere. All'ombra di Bond, come il cuginetto Jason Bourne, anche Deveraux - detto l'uomo di novembre perché dove passa tutto muore - potrebbe crearsi la sua piccola saga "minore". Il regista è quel Donaldson del mitico Cocktail e di qualche altro buon titolo (Una Donna, Una Storia Vera, Getaway, Specie Mortale, Thirteen Days), che aveva già diretto Brosnan in Dante's Peak - La Furia Della Montagna.