L'ultimissimo capitolo della filmografia del cineasta bergamasco Roger A. Fratter è un ritorno alle origini, o forse sarebbe più corretto dire che il percorso artistico di Fratter è costellato di costanti ritorni alle origini (del nostro cinema, nello specifico popolare e di genere), della necessità fisiologica del regista di rivolgersi periodicamente ai propri santuari, ai numi tutelari che da sempre illuminano l'orizzonte del suo cinema, come le luci del faro fanno nella brughiera limacciosa. Per gli amanti dell'aritmetica, Rage Killers è il tassello numero 14 tra i lungometraggi (editi) a firma Fratter e spezza un po' il ritmo preso con la sua più recente filmografia. Poiché se è vero che gli esordi sono stati all'insegna dell'horror, strada facendo la curiosità del filmmaker si è orientata verso tematiche più "d'autore", desiderose di scandagliare le dinamiche dei rapporti interpersonali tra uomo e donna, con accenti ora drammatici ora più lievi e spumeggianti (ma sempre e comunque lambiti da una vena di erotismo e sensualità).
Esaminata la arrovellata strada della (in)comunicabilità uomo/donna, si cambia totalmente registro, immergendosi nel clima di quelli che una volta venivano chiamati i "post atomici" (fenomeno tipicamente italiano, ma scaturito sull'impronta dei 1997 Fuga Da New York, dei Classe 1984, degli Interceptor, de I Guerrieri Della Notte, etc.), calderone vario e composito ma che sostanzialmente poggiava su un assioma di fondo: sulla Terra è successo qualcosa, una catastrofe (nucleare/ambientale/scientifica/aliena/naturale/varie ed eventuali), la popolazione ne ha pagato il caro prezzo ed ora i superstiti, riorganizzatisi in qualche misura e arretrati tecnologicamente ad un'era barbara, cercano di sopravvivere alla bene e meglio, spesso guerreggiando tra di loro. Esattamente il contesto offerto da Rage Killers, fatto salvo il salto all'indietro tecnologico, che qui non c'è, poiché grossomodo siamo fermi all'oggi (abbiamo automobili, computer, chiavette usb, server e super mitragliette di precisione).
Il casus belli è stata la grande Nube Gialla, che ha decimato la popolazione e desautorato il "Governo Centrale". Ora la città (imprecisata, ma siamo nel bergamasco) è divisa in una miriade di quartieri nei quali imperversa la faida tra bande, con l'egemonia di una fazione maggioritaria a cui si contrappone una Ribellione. La figura cardine di questo mondo è il killer, un professionista che guadagna e risolve i conflitti. Veniamo introdotti ai vari protagonisti della vicenda mediante veri e propri capitoletti narrativi (il killer solitario, quello con gli occhi di ghiaccio, etc.). Rexon (Fratter), Stanton (William Carrera) e Andra (Beata Walewska) sono tre esponenti di questa genìa, tre fuori casta - ognuno per un motivo diverso - invisi al potere dominante, che decidono di allearsi per rovesciare lo status quo, mossi primariamente dalla sete di vendetta. Rexon era stato condannato a morte per aver agito autonomamente a fini di guadagno personale; Stanton ha disobbedito agli ordini non uccidendo Rexon ma invece "terminando" un'altra killer, la sua donna, per averla scoperta ad amoreggiare con un altro uomo; Andra, unitasi ai Ribelli, ha perso suo fratello, ucciso dal regime.
Premessa fondamentale alla visione è che, per quanto Rage Killers non sia solo e soltanto un semplice "omaggio" al cinema action e post atomico degli anni '80, ma anzi abbia una sua personalità e visione delle cose, il punto di partenza dal quale calarsi nella storia è evidentemente quel tipo di atmosfere lì. Dunque certi elementi di sceneggiatura apparentemente naive o poco approfonditi sono - immagino - scientemente lasciati alla fantasia dello spettatore, poiché il vero nocciolo della questione è ciò che accade praticamente in tempo reale ai protagonisti. L'ora e adesso, senza porsi tante domande escatologiche sugli accadimenti pregressi ai fotogrammi dei quali Fratter ci rende partecipi. Poco importa "cosa" e "perché" sia accaduto esattamente, siamo in un tempo imprecisato molto prossimo all'oggi, tutto è uguale (anche per esigenze di budget evidentemente) eppure tutto è cambiato; sullo sfondo di cornici urbane a noi molto familiari si muove un'umanità completamente diversa, affaccendata in finalità completamente stravolte. C'è persino un accenno al filone di stampo cyborg-terminator, con il personaggio di Zandra (Britt Kellermann) che evoca una sorta di super guerriera frutto di esperimenti di laboratorio, fortissima, senza paura, indistruttibile, salvo per un tallone d'Achille.
Fratter si concede dei capricci che chi conosce la sua filmografia focalizzerà immediatamente. Ad esempio il rumore degli spari, totalmente inadatto al futuro da 2019 o Anno Omega che il film incornicia. Fucili, mitragliette e pistole suonano come nelle pellicole western, quindi un'esplosione "antica" e soprattutto rumorosissima (laddove un killer molto probabilmente vivrebbe costantemente con le canne silenziate, per svolgere nel modo più efficiente possibile il proprio lavoro, fatto anche e soprattutto di furtività). Ma Fratter viene da quel mondo lì, dagli spaghetti western (lo si intuisce anche dalle coreografie delle sparatorie e dalle cadute degli attori) e non rinuncia ad un tratto distintivo a lui caro. La mise da motociclista del primo killer che vediamo in azione (quello che uccide il fratello di Andra) richiama moltissimo i post atomici di 30 e passa anni fa. Stavolta invece la platea dei personaggi femminili è meno ammiccante e assai più prosaica e concreta (come del resto anche la controparte maschile). Fatta salva la Jessica di Mery Rubes - accantoniamola per un attimo, ci arriverò subito dopo - le donne di Rage Killers sono praticamente tutte assassine patentate. In primis le determinatissime Andra e Zandra, ma basti pensare anche all'harem di guardie del corpo di cui si circonda un "collega" di Rexon, una sorta di mansion alla Hugh Hefner, con tanto di bikini e piscina, declinata però in salsa omicida.
La Rubes è un capitolo a sé, il suo personaggio è l'amante di Oxon, il boss dei killer, il villain della storia; Jessica è letteralmente la sua bambola, sempre disponibile, sempre nuda o al massimo decorata con autoreggenti, baby doll e capelli sciolti da leonessa. Di una bellezza assoluta, la Rubes non ricopre magari un ruolo di particolare spessore o drammaticità, tuttavia è chiamata da Fratter ad incarnare (mai termine fu più adeguato) l'elemento della sensualità, altrimenti quasi del tutto assente in Rage Killers. E' vero che assistiamo ad alcuni amplessi durante il film, ma fugaci e "di passaggio", il tono erotico è decisamente meno preminente rispetto ad altri titoli di Fratter, il che è fisiologicamente dovuto ad un taglio più realistico e nichilista della vicenda. Le parentesi "sociali" a cui Fratter si dedica qui sono altre, come ad esempio l'episodio della donna maltrattata al bar dal suo tutore, contro il quale si scaglia proprio Rexon, cinico e scorbutico ma tuttavia incapace di tollerare l'umiliazione gratuita sulla vittima. La Rubes quindi prende totalmente in carico sulle sue spalle (o sarebbe meglio dire sulle sue forme) il peso della voluttà in Rage Killers, è completamente appannaggio suo quella livrea, Fratter affida a lei e solo a lei quella sfumatura cromatica della sua tavolozza e la Rubes, per quanto i margini siano stretti, illumina ogni fotogramma che la vede in scena con la sua fisicità.
Fratter gioca sui dettagli, l'artigianato genialoide tipico dei registi bis del nostro cinema del passato, che con poco dovevano fare tanto e lavorare d'ingegno; le uccisioni insistono sui particolari, un omicidio nel bagno vede il sangue che esplode sulla cabina della doccia, poi una mano che vi scivola sopra, ad indicare il crollo inesorabile del caduto. Così come l'assassinio del fratello di Andra avviene con una scelta artistica molto brillante, tant'è che Fratter la ripropone tale e quale a chiusura del film (dando al particolare un evidente significato simbolico, il cerchio si è chiuso). I titoli di coda stessi scorrono sul sangue (mentre quelli di testa su di un mirino, vero protagonista del film). Il main theme del film è affidato ad una band di alternative rock chiamata Enamira (la vediamo anche esibirsi), ed il loro pezzo mi ha richiamato alla mente il bellissimo album dei liguri Dame En Noir (per chi se li ricorda, autori nel '98 di "La Clef Des Songes").