Tra i surf movies Point Break occupa sicuramente un gran bel posto di rilievo. Meno nobile magari di Un Mercoledì Da Leoni, meno filologico di un Riding Giants, meno glamour di un Blue Crush, ma sicuramente al primo posto per quanto riguarda l'azione, e con la peculiarità di avere Kathryn Bigelow dietro la macchina da presa, non solo una donzella, ma una che i film action li dirige spesso e volentieri meglio dei colleghi maschi. Battezza gli anni '90 la pellicola con Keanu "non ancora famoso" Reeves e Patrick "al culmine del successo" Swayze. Dentro c'è un po' di tutto: il surf, universo magico, tanto misterioso quanto pericoloso, indagato da una prospettiva quasi spirituale, panteistica e con un tocco di sensibilità femminile (un tocco eh, che la Bigelow ha una quantità di testosterone imbarazzante), la seduzione della bellezza (degli attori, della natura, delle immagini), un ritmo indiavolato, la Legge vs il crimine, l'amicizia, un anelito di libertà un po' paraculo, che porta dei surfisti moralisti a rapinare banche (senza violenza però, o perlomeno, senza sparare proiettili, e per dimostrare che un altro mondo è possibile). L'energia elettrica qui la innesca per prima la ex signora Cameron (James produce il film), che mostra un mestiere invidiabile, descrive un mondo di uomini con tutte le sfumature del caso al suo interno. Dai buzzurri nazisti (i surfisti cattivi che picchiano Reeves, tra cui Anthony Kiedis dei R.H.C.P.), all'eroe indefesso (il bel Reeves), dal poliziotto mentore pazzerello (Gary Busey) a quella specie di monaco con la tavola e la sciolina che è Swayze, la Bigelow sa addentrarsi dentro il mondo maschile e descriverlo nelle sue varie declinazioni, sempre però attraverso il filtro del surf, collante dell'intera vicenda.
L'idea degli ex Presidenti che rapinano banche è brillante, vi abbiamo svuotato le tasche fino ad ora - dice Regan durante un'incursione - che differenza fa se continuiamo a farlo? Semplice ma geniale. E' una rivincita dell'antipotere contro il Potere, lo si ridicolizza per rovesciare i termini della faccenda, anche se poi, stringi stringi, quello che succede, senza tanta filosofia, è che quattro tizi entrano in banca coi fucili e derubano le casse (che poi sono i soldi della gente), hai voglia a dar la colpa al "sistema". E però Swayze è biondissimo e abbronzatissimo, i suoi commilitoni son dei bei maschiacci pronti per uno spot della O'Neil e, se non bastasse, arriva Johnny Utah/Keanu Reeves a buttar giù la briscola, con la sua faccina irresistibile sconquassa uteri. Che poi Johnny Utah è uno dei nomi più figherrimi concepiti per la celluloide (ispirato al campione di football Joe Montana), e infatto così doveva chiamarsi il film, poi passato al working title di Riders On The Storm (citazione dei Doors) e poi approdato definitivamente a Point Break, ovvero gli spot per surfisti col fondale roccioso. I momenti di azione sono tanti e adrenalinici; c'è la famosa scena dell'inseguimento a piedi tra Regan/Swayze e Reeves, celebratissima dagli amanti del "cinema verità" perché dà un senso molto realistico della cosa, pare di essere lì, camera in spalla, a seguire la corsa rocambolesca. Tecnicamente è ineccepibile, girata con maestria, però a me ha sempre fatto un effetto diverso. Loro che entrano nelle case, travolgono persone, vengono bastonati, incianpano...il lancio del cane poi, sembra quasi una parodia demenziale, un estratto da Una Pallottola Spuntata. Magari era voluto questo effetto "antieroico" però, visto il livello testosteronico di tutto il resto del film, è come se all'improvviso Pippo e Topolino irrompessero in Die Hard. Ovviamente imperdibili tutte le parentesi dedicate al surf, con due componenti della band degli ex Presidenti che erano surfisti veri, e che qui si prestano a fare gli attori proprio per dare credibilità al film, in modo tale che la Bigelow potesse concentrarsi particolarmente sulla coppia sportiva e dare l'idea che pure Swayze e Reeves sapessero il fatto loro (anche perché di computer grafica all'epoca manco a parlarne, non a livello da mettere la faccia di Tizio sul corpo di Caio almeno).
Poi c'è una donna, Tyler, alias Lori Petty, che la Bigelow sceglie volutamente opposta e contraria a quanto sarebbe stato lecito aspettarsi. Non ha il physique du role della surfista califoniana, tutta tette, capelli biondi e bikini impossibili; è una mora, molto mascolina, e di una bellezza un po' atipica. Per altro, rivista anni dopo, mi ha fatto un certo effetto, soprattutto per via del suo taglio Sinead O'Connor un po' azzardato. La Bigelow non cerca l'elemento femminile a tutti i costi insomma, si mantiene sobria su questo aspetto, discreta. Racconta la Petty che nelle scene romantiche tra lei e Reeves la Bigelow scalpitava fremente, in attesa di finire di girare quella lagna e passare a qualcos'altro di più movimentato ed interessante. Il capo stunman ha tenuto invece a sottolineare che Kiedies fu un vero simpaticone, si atteggiava con disinteresse; quando c'era da trascorrere i fine settimana ad imparare le coreografie delle colluttazioni lui non c'era. Era troppo figo per esserci. Risultato: è il primo che prende un cazzottone ed esce di scena quando si pestano in spiaggia. Dice che non la prese bene. A me la cosa ha fatto discretamente godere invece. E' arcinoto che Matthew Broderick, Johnny Depp, Val Kilmer e Charlie Sheen furono presi in considerazione per il ruolo di Johnny Utah quando ancora il film avrebbe dovuto dirigerlo nientemeno che Ridley Scott, ma la Bigelow (che veniva dal bellissimo Blue Steel) si impose per l'astro nascente Reeves. Mentre la pellicola veniva girata, Swayze se ne andava allegramente a fare paracadutismo acrobatico, nonostante gli fosse stato espressamente vietato dalla Produzione per motivi di assicurazione. Se non altro, la relativa scena che lo vede buttarsi dall'aereo è venuta decisamente bene, dato che è tutto rigorosamente reale. Colonna sonora robusta a base di L.A. Guns, Ratt, Shark Island, Little Ceasar, etc. In sala a breve è in arrivo un remake, uguale ma diverso, dice. Staremo a vedere, io intanto mi metto già sulla difensiva