Passati anni dopo averlo visto al cinema, confermo in toto il giudizio positivo di allora, sia sul film che sui Manetti (nonché sul bel bluray). Ho davvero molta stima dei fratelli cinematografari romani, che con poco stanno realizzando tanto. Piano 17, per dire, è costato 65.000 euro, praticamente il corrispettivo di un singolo modellino caccia X-Wing di Star Wars (arrotondando per difetto). Provate voi a fare un film con 65.000 euro, tutto compreso, attori, attrezzatura, locations, editing, musiche, etc., e soprattutto provate a farlo bene, non una ciofeca raffazzonata. I Manetti sono maestri in questo, come l'artigianato del cinema di genere degli anni '70, idee tante, soldi pochi, risultato: se c'è il talento fai qualcosa di buono, altrimenti no.
Tornando al film, è il terzo lungometraggio (che segue l'estroso Zora La Vampira) e i Manetti, coraggiosamente, decidono di incentrare la storia su un gruppo di persone rimaste bloccate in un ascensore....con un bomba dentro. Lo spazio nel quale è confinata la scena non è unicamente la cabina dell'ascensore, poiché il film vive dei vari flashback che spiegano la storia. C'è una gestione familiare del progetto (spiegato nei backstage del dischetto), con il solito gruppo di attori vicini ai Manetti, da Morelli a Silvestrin e Soleri (praticamente mezzo cast di Coliandro), con l'aggiunta di Elisabetta Rocchetti e di un breve ruolo di Massimo Ghini. Il film ha diverse peculiarità, è una pellicola d'azione senza scene d'azione, giocato sui dialoghi e sulla tensione; in pratica, i Manetti hanno fatto di necessità virtù ottimizzando il materiale che avevano per le mani.
C'è qualche difettuccio, un'esplosione in digitale bruttarella forte, che sa di posticcio lontano un chilometro, e uno scorrere del tempo narrativo del tutto inverosimile, poiché il tempo del/nel film sarebbe di 90 minuti, ma in realtà passa mezza giornata. Si comincia con l'uscita degli impiegati da una mega ditta (facciamo le 17:00, le 17:30 a esagerare?), in breve fa buio, e sul finale sembra addirittura di essere a notte fonda, tant'è che a seguito di una bomba che esplode, la città rimane deserta, come se nel cuore della notte cittadini e polizia dovessero impiegare parecchi minuti prima di realizzare l'accaduto; in realtà, seguendo il tempo del film, dovremmo essere intorno alle 19:00, ovvero quando praticamente chiunque è per strada. Così come, con la bomba appena esplosa alle spalle, Soleri e la Rocchetti tubano tranquilli tranquilli, come se sapessero che la Polizia arriverà solo dopo eoni (hanno letto la sceneggiatura), quando invece avrebbero dovuto fuggire a gambe levate. Vabbè, licenze poetiche a parte, il film è divertentissimo, attori in parte, dialoghi fighi, situazioni coinvolgenti, e su tutto, la mano dei Manetti, che riesce a far diventare oro tutto ciò che tocca. Questo sì è cinema italiano alternativo; già perché per essere "alternativi", lo si deve essere rispetto a qualche cosa di mainstream, e poiché in Italia i presunti alternativi sono il mainstream, ecco che i Manetti sono quelli veri che sperimentano. Cinema in qualche modo "di genere" (c'è pure un cameo di Castellari come guardia giurata), di idee, in digitale, con basso budget, e un po' di citazionismo sparso che ci scalda i cuori a noialtri vecchiardi nostalgici della celluloide dei decenni passati.