Dopo i grandiosi due gialli (all'italiana) con Sergio Martino, la Signora Wardh (1971) e Tutti i Colori Del Buio (1972), la Fenech si affida pure a Giuliano Carnimeo per un altro titolo che è esattamente in quelle corde; se ci si aggiunge il terzo film con Martino (il Vizio, sempre del '72) e poi Nude Per L'Assassino (di Andrea Bianchi) del '75, in quegli anni praticamente Edwige era la regina incontrastata del giallo sexy nostrano. Jennifer non è all'altezza delle pellicole di Martino - oggettivamente una spanna sopra tutti (forse persino Argento, ma è questione di sensibilità personale) - ma rimane un discreto capitolo di quel filone che nei Settanta ha imperversato nelle nostre sale con una ottima risposta di pubblico. E del resto non poteva essere altrimenti, inglobando tutti gli ingredienti necessari ad un incasso con i fiocchi, ovvero sangue, crimine, tensione, donne bellissime, nudi, erotismo, sessualità "deviata", musica eccellente (di Bruno Nicolai), la fotografia di Stelvio Massi (e Michele Massimo Tarantini come aiuto regista). Oltre alla meravigliosa Fenech, il film è pieno di solidissimi caratteristi e sparring partner, da Oreste Lionello (qui gaio) a Paola Quattrini (in arte Marilyn), da Giampiero Albertini (commissario filatelico ed un po' tonto) a Maria Tedeschi (la "vecchina" per eccellenza dei film italiani). Ma l'elenco potrebbe continuare a lungo con il bel tenebroso George Hilton, la elegantissima e misteriosa Annabella Incontrera, la ruspante Carla Brait, la sensuale Evi Farinelli, eccetera. La sceneggiatura non prevede grandi botte di originalità eppure è solida quel tanto che basta per tenere viva l'attenzione lungo tutti i 97 minuti di durata. Il finale non è poi così imprevedibile, sul "who-done-it" ci si arriva abbastanza agilmente ed abbastanza presto ma in fin dei conti, come accade anche con Hitchcock, scoprire il "come" è altrettanto divertente del "chi" o del "perché", soprattutto se al centro della vicenda c'è una statua come Edwige Fenech, per altro generosamente svestita a più riprese. I suoi occhi da gatta sono una firma d'oro.
Gastaldi che si intesta lo script (Luciano Martino produce, quindi lo zampino dei Martino c'è comunque) cerca di intorbidire le acque, aggiungendo sottotrame che rimangono un po' avulse, appiccicate magari con lo scotch a quella principale e pescano assai in ambito weird e bizzarro (mi riferisco soprattutto al passato di Jennifer che riviviamo tramite flashback). Carnimeo invece ci mette del suo con colori pop ed un'estetica vivace e spumeggiante che pure vira talvolta nel pacchiano (penso ad esempio al set fotografico della Fenech e della Quattrini con il petto dipinto). Tuttavia non si esime dal citare Bava (soprattutto per quanto riguarda la mise del killer (mutuata da Sei Donne Per L'Assassino) e verrà a sua volta ben studiato da Brian De Palma che in Vestito Per Uccidere sembra ripercorrere fedelmente il primo omicidio dell'ascensore. Molto interessante il dedalo labirintico costituito dal complesso residenziale dove avvengono la maggior parte degli avvenimenti del film (che fa da contraltare alle scene in esterna in una Genova cupa e incombente), una sorta di antro minaccioso che si presta perfettamente ai sordidi piani dell'uccisore seriale. Perché Quelle Strane Gocce Di Sangue Sul Corpo Di Jennifer? (titolo che evoca persino riferimenti ossianici, citati da Giampiero Albertini) è un giallo molto gradevole e divertente, ideale per rimanere nel "mood" delle pellicole di Martino una volta che le si è (purtroppo) già viste tutte, così come rimangono lapalissiani e certificati i debiti argentiani.