
Uno di quei titoli che verrà sempre tirato fuori in alternativa ai cineforum delle corazzate Potemkin, assieme agli Esorcicci, alle Giovannone e alle Polizie che si incazzano. Cotechiño si è conquistato la sua fetta di notorietà sempiterna, fosse anche solo a fini citazionistici. Il film di Nando Cicero, super specialista certificato doc del genere, è in realtà anche da considerare poiché rappresenta intanto il climax (nel bene o nel male, decidete voi) della carriera di Alvaro Vitali, che da qui in poi non troverà più pellicole degne dei suoi peti, delle sue risate strozzate, del suo naso caratteristico, delle sue corse col turbo incorporato (ok all'alba dei '90 ci riproverà con un paio di Pierini, uno dei quali neppure distribuito in sala, ma fuori tempo massimo); ma anche perché arriva a mettere una pietra tombale sulla commedia scorreggiona del nostro cinema bis, che negli anni '80 si affiderà a comici più raffinati come i Celentano, i Pozzetto, i Montesano, i Verdone, i Nuti, etc. e che verrà confinato nella prigione dorata del cinema "cult" dal quale non uscirà mai più.
Inquadrato nella sua giusta dimensione, Cotechiño è una roba assoluta e immortale, per altro ancora oggi in grado di strappare risate a buon mercato, con poche pretese e tante gag riuscite. La volgarità è all'ordine del giorno, e il tutto poggia su peti e circonferenze toraciche parossistiche, tuttavia la naturalezza e la genuinità della pellicola sono tali da risultare contagiose e mettere perfino malinconia. E' tutto talmente ipertrofico, sovraeccitato, eccessivo, iperbolico, sfrenato, da risultare quasi fiabesco. E dire che Cicero anticipa i tempi, dato che viene abbastanza naturale pensare a Cotechiño come ad una imitazione di Maradona (gioca pure nel Napoli), ed invece El Pibe de Oro sotto il Vesuvio ci giocherà dall'84 al '91, e Cotechiño esce nelle sale italiane nel 1983. La verità è che, nonostante una capigliatura alla Valderrama, il fuoriclasse interpretato da Vitali era riferito a Paulo Roberto Falcao, il quale avrebbe pure dovuto recitare nel film, ma il brasiliano, una volta letta la sceneggiatura, si tirò indietro e diffidò pure la Produzione dall'usare il suo nome, quindi Cicero si vide costretto a mischiare le carte, facendo capire che era lui (un Paulo Roberto carioca) senza dire che era lui (e infatti, capelli diversi e maglia del Napoli anziché della Roma).
Cotechiño (Alvaro Vitali) non è più lo stesso, partita dopo partita sbaglia i gol più facili, le azioni di gioco più banali. Il pubblico rumoreggia mentre l'allenatore Marzotti del Napoli (Cristiano Censi) capisce che è tutta colpa della saudade. Fa venire così dal Brasile la procace fidanzata di Cotechiño, il quale infatti riprende subito vigore. I Media però gli stanno addosso e il coach ha bisogno di una strategia per sviare le attenzioni, anche delle prossime squadre in calendario da incontrare. Scova miracolosamente un sosia, è Alvaro Cotechino, un idraulico romano uguale spiccicato a Cotechiño, salvo che per i capelli. Inizia così un "raffinatissimo" gioco di doppi e dissimulazione, con Cotechino sempre al posto del brasiliano, anche e soprattutto con Lucelia (Carmen Russo), la irresistibile fidanzata del calciatore. In tutto questo si inserisce il complotto ordito da una contessa (Franca Valeri), tifosa dell'Inter, la quale per scommessa cerca in tutti i modi di neutralizzare il fuoriclasse carioca e permettere all'Inter di trionfare nell'imminente big match. Non solo, Cotechino/Cotechiño verrà persino rapito dall'Anonima Sequestri sarda a scopo di estorsione. Un gran bailamme che si concluderà con un 2-2 siglato sul campo da Inter e Napoli e con Cotechino in fuga (reo di aver palpato Lucelia) che scoprirà di essere pure il sosia di una bomber di calcio femminile (e quindi pronto nuovamente a prenderne il posto).
La sceneggiatura di Cotechiño è puro delirio, una passerella d'onore per Alvaro Vitali - che sempre nell'83 è curiosamente in sala con un altro titolo calcistico, Il Tifoso, L'Abritro E Il Calcaitore di Pingitore - coadiuvato per l'occasione dal sempre fido Mario Carotenuto (zio non proprio incensurato di Cotechino), da una bombastica Carmen Russo (non esisteva reggiseno in grado di trattenere l'intrattenibile), da Nino Terzo e Tiberio Murgia pastori sardi sequestratori (amanti de Les Folies Bergere e delle donne nude), da Enzo Andronico, iettatore potentissimo, da Alfonso Tomas, arbitro da scompisciarsi, da Vittorio Marsiglia, direttore d'albergo, da Bobby Rhodes, servo devoto della "contessa" (una mesta Franca Valeri, qui al suo ultimo film, prima di un ultimo ritorno nel 2003 in Tosca E Altre Due). Tra i cameo che forse a qualcuno potrebbero pure essere sfuggiti, da segnalare una Moana Pozzi nella parte di un'adescatrice della contessa e Mario Mattioli nei panni di un telecronista. Vitali se non è l'autore della scorreggia di turno, la prende direttamente in faccia (dalla mitica distributrice automatica di pietanze dell'albergo), o è immerso nei w.c. nei panni di Alvaro Cotechino, oppure ancora prende sganassoni in faccia e fa gol col deretano. Un repertorio di prima classe insomma che, dite dite quello che volete, mi ha fatto ridere perché di un'innocenza disarmante. Su Carmen Russo c'è poco da aggiungere, all'epoca non temeva confronti, un fisico da fumetto, tanto che giustamente nel film le viene attribuito il potere taumaturgico di raddrizzare perfino la torre di Pisa. Irresistibile la parlata presunto portoghese degli attori, talmente atroce quella della Carmen e talmente caricaturale quella di Vitali da sembrare un qualche dialetto italiano rimasticato e intinto di samba. Mega blooper alla fine, quando Cotechino/Cotechiño entra in campo con l'Inter segnando due reti e indossando la maglia numero 16, per poi ritrovarsi inspiegabilmente sulla schiena poche scene dopo il numero 9 con un carattere grafico diverso.