Pathos, declinato talvolta come Segreta Inquietudine, altrimenti anche come Un Sapore Di Paura, è un piccolo gioiellino del 1987. Anche sull'anno di uscita c'è poca chiarezza, per IMDB si tratta appunto del 1987 ma altrove è riportato il 1988. Non è una questione da poco perché nel 1988 esce Sotto Il Vestito Niente II, che si differenzia dal primo capitolo vanziniano (dell'86) per una fortissima sterzata fashion, ultra modaiola e videoclippara, un film estremamente più visionario ed estetizzante rispetto al primo. Un termine di paragone perfetto per Pathos che ne è il contraltare meno glamour e più underground. Il punto è: quale dei due è uscito prima in sala e dunque ha (ipoteticamente) influenzato l'altro? Assieme a La Morte È Di Moda (di Bruno Gaburro (1989) siamo nel quadrilatero perfetto del fashion thriller all'italiana, tutti titoli debitori di un certo cinema americano che va da Vestito Per Uccidere di De Palma (1980) a Looker di Michael Crichton (1981). Pathos è forse la versione più povera del filone ma ha un'energia ed un potere di suggestionare lo spettatore non indifferenti. Per altro Piccio Raffanini (unica sua prova registica questa) mescola riferimenti che pescano tanto dall'Hitchcock di Psycho a tutto il carrozzone argentiano, confezionando un film che con molta ambizione si colloca in un futuro prossimo fortemente estetizzante e che al contempo si sorregge sui cliché del tipico cinema della tensione, con l'assassino che decima le proprie vittime, in mezzo a tutto il corredo d'ordinanza di lame che baluginano alla luce, travestimenti e un bel po' di erotismo. In Pathos troviamo molte bellissime del cinema di genere italiano, c'è Eva Grimaldi (muta ma felina), c'è la splendida Gioia Maria Scola, c'è una Valentine Demy agli esordi (che infatti sostanzialmente fa la comparsa), c'è la statua d'ebano di Carin McDonald, e c'è Virginia Hey attrice e modella australiana, partita con Interceptor, passata da 007 Zona Pericolo con Timothy Dalton ed approdata a questo Pathos da protagonista. È una fotografa bisessuale che flirta 24 ore su 24 ma rimane stregata da un ruvidissimo poliziotto con la faccia (totalmente inespressiva) di Carlo Mucari, il quale indaga a sua volta sulla morte di alcune modelle, materializzandosi sempre al momento giusto nel posto giusto, come nei cartoni animati. Tra i due scoppia il fuoco ma nel frattempo c'è da capire chi è il pazzo maniaco che uccide ogni donna fotografata dalla Hey, in preda a folle gelosia.
Di chi si tratta lo si intuisce circa a metà film, non è quello il piatto forte. Semmai lo sono le luci, la fotografia, le scenografie, le musiche, il senso di assoluta frenesia che il film trasmette nel voler osare senza avere un budget adeguato. Pathos non lo sa di essere un piccolo film e si comporta come fosse un kolossal fantascientifico, scimmiottando l'universo di Blade Runner, riempiendosi di neon, facendo convivere un design avventuroso e futurista con cose sciattissime da casa della nonna. Perché al commissariato di polizia ci sono slot machine e macchinette con mille luci accese? Perché le modelle indossano quei ridicoli occhiali da sole? Perché il poliziotto gira in una vecchia Porsche Carrera mentre la Hey ha una specie di bolide decapottabile futuristico? Vedere grandi arsenali tecnologici comandati da un Commodore oggi fa un certo effetto, tuttavia ogni cosa sta perfettamente in piedi in questo Pathos, che è un magnifico film kitsch, dove persino uno sconclusionato Kid Creole che fa l'allibratore, un paciosissimo maudit francese con l'impermeabile e la facciona a spigoli di Gérard Darmon, o l'efebico e conturbante Dario Parisini, futuro fondatore dei controversi Disciplinatha, trovano cittadinanza e danno fisionomia ai fotogrammi di un'operazione tanto sconclusionata quanto coraggiosa. Le donne sono tutte bellissime, l'estetica è clamorosamente anni '80, le battute di dialogo scolpite nel marmo e proferite dai personaggi restituiscono un clima di sospensione, icastico, perentorio, tronfio eppure irresistibile. Ho adorato Pathos in ogni suo difetto, mi ha tenuto incollato allo schermo fino all'ultimo minuto, compresi i genialoidi titoli di coda, sfruttati per performance artistiche velleitarie (e deliziose) come tutto il resto della pellicola. Attualmente è presente credo in versione integrale su Youtube ma ad un livello di qualità talmente scadente che sarebbe un delitto vederlo così. Per chi ha Prime Video è disponibile su quella piattaforma, approfittatene prima che sparisca nell'entropia.