
Come ha raccontato Roberto D'Agostino, il film nasce dall'esigenza di Mario Cecchi Gori di affidare un ruolo da protagonista a Eva Grimaldi, sulla quale all'epoca pochi registi pare avessero voglia di scommettere. La sceneggiatura del film viene commissionata a D'Agostino ma poi non si trova nessuno disposto ad assumersi la direzione del film, anche perché pure la Penta - che avrebbe distribuito il film (ovvero Berlusconi) - ci aveva messo il suo carico. Sempre D'Agostino sostiene che i nomi delle quattro attrici protagoniste non erano sindacabili, ognuna aveva il suo sponsor: Monica Guerritore, Deborah Calì, Barbara Kero, oltre alla Grimaldi. Anche tutto il resto del cast viene preordinato secondo le stesse logiche. D'Agostino si ritrova capo progetto per indisponibilità di chiunque. Con tali premesse, e con una storia che verte attorno a quattro donne che intendono avvalersi del proprio corpo per raggiungere qualunque obbiettivo, Mutande Pazze non poteva che andare a finire come è andato a finire. Un'operetta trash e sconclusionata, autoreferenziale, tutta ripiegata sul mondo dello spettacolo e della televisione, con continue citazioni e allusioni alla contemporaneità dei primi anni '90. E' facilissimo leggere i rimandi, il film si apre su uno sguaiato quiz show littorio il cui conduttore (Sergio Vastano) sembra un incrocio tra Umberto Smaila e Gianfranco Funari, e lo stesso spettacolo è una specie di Colpo Grosso. La trama quindi si concentra sulla vita delle quattro protagoniste, le loro imprese scorrono in parallelo, talvolta si incrociano e si sovrappongono (come nel caso di Grimaldi e Kero), e comunque si convogliano tutte nel gran finale, una serata di una premiazione dove lo star system si accapiglia e si autodistrugge. Chiosa finale della Guerritore: "qui non c'è nessuno tranne noi mostri".
Eva Grimaldi aveva già parecchie pellicole alle spalle, erotiche e comiche, ma qui comincia ad avere un vero e proprio ruolo da protagonista, naturalmente sempre incentrato su quei due elementi, comicità ed erotismo. La Guerritore era già un monumento del cinema italiano, anche d'autore, ed anche lei non si era certo risparmiata bollentissime pellicole erotiche nel suo carniere. Deborah Calì aveva girato praticamente solo quelle, un nutrito drappello di titoli con Onorati, Bergonzelli, Gariazzo e Brass. Barbara Kero viene fuori dal nulla e nel nulla ritorna dopo due film nel 1992, questo e Complicazioni Nella Notte di Sandro Cecca. Tutte e quattro si mostrano con generosità allo spettatore, anche se l'unica a non rimanere mai nuda è la Guerritore (all'epoca incinta di tre mesi), che però in una sola scena in corpetto e guepierre distrugge tutte le altre. La Kero sul finale ha i seni a stento trattenuti dal vestito. La Calì è più nuda che vestita, la Grimaldi è spesso nuda ma all'epoca aveva una ghiandola infiammata ad un seno, per cui ogni ripresa viene effettuata con angolazioni strategiche.
Il femminile descritto da D'Agostino è invidioso, arrivista e pianificatore, tutto intento ad usare la sessualità come un grimaldello. La madre (Irma Capece Minutolo) della velina aspirante attrice (Deborah Calì) è ancora più cinica ed assatanata della figlia, al punto tale che la spinge nelle braccia di un dirigente televisivo nel salotto di casa propria acconciato come un boudoir. La Guerritore, specie di Rosanna Lambertucci (con tanto di programma salutista), circuisce ogni uomo di potere con promesse di amplessi. La Grimaldi li usa come vera e propria moneta di scambio, mentre la Kero è una iena parassita che inganna la Grimaldi rubandogli opportunità lavorative. Dal canto loro gli uomini sono solo e soltanto uomini di potere costantemente irretiti da seni e cosce, incapaci di intendere e di volere. Salvo Aldo Busi nella parte di se stesso, pura follia helzapoppin. Tra gli omaggi (o prese in giro, decidete voi) c'è quella a Tinto Brass, interpretato da Aldo Ralli e ribattezzato Nando Crass; una sorta di ebete col sigaro sempre in bocca, che dice solo "culo!" e tocca solo deretani come fossero coperte di Linus. Ironia della sorte, la Calì aveva lavorato l'anno prima in Paprika con il vero "Crass". Debutto per Raoul Bova, giovanotto aggredito sessualmente dalla Grimaldi. D'Agostino non fa sconti e mette in scena la società italiana dello spettacolo, una parata di mostri che nel finale esplodono come in Zabriskie Point.