Il decennio 1930 - 1940 è solitamente quello ritenuto aureo quando si parla della carriera di Greta Garbo. O perlomeno, in quello precedente l'attrice svedese (all'anagrafe Greta Lovisa Gustafsson), si afferma come indiscussa eroina del cinema muto, poi arriva il sonoro e la nostra Tina Lattanzi si incarica di doppiare la Garbo (in Italia ovviamente), a partire da Anna Christie (1930), dove come sua prima battuta in assoluto la garbo ordina un whisky. Mata Hari esce un anno dopo e si inserisce in quella ventina di film circa che dal '27 al '37 vedono la Garbo nei panni della seduttrice fatale, ruolo che lei affermava di detestare. Il film le dette fama e notorietà ancora maggiori, è a tutt'oggi ricordato come uno dei suoi titoli imperdibili e fu praticamente costruito su misura sulla Garbo perché Mata Hari potesse godere della visibilità della Garbo e non viceversa. La cosa interessante è che fu girato nel cosiddetto periodo "pre-Code", pre codice Hays, entrato in vigore nel '30 ma rigorosamente applicato solo a partire dal '34. Il codice stabiliva tutti i "si può" e i "non si può" dentro un film; precedentemente, nei primissimi anni dell'avvento del sonoro, ci fu un breve interregno nel quale i film erano sostanzialmente liberi da qualsiasi forma censoria, tant'è che capitava di imbattersi in pellicole che all'epoca facevano esplicito riferimento a questioni razziali, omosessuali, alla tossicodipendenza, alla promiscuità, all'infedeltà, all'aborto, alla prostituzione e a tutte quelle tematiche che il "politicamente corretto" (ma anche perbenista e moralista) avrebbe poi osteggiato. Ad esempio nel film c'è un momento in cui Mata Hari soggioga il proprio amante sfidandolo a spegnere la fiamma votiva di un'icona della Madonna che egli venera particolarmente. Mata Hari ottiene quanto chiede, dimostrando così di avere più potere della Madonna. Siamo ai limiti della blasfemia.
Mata Hari conteneva scene che poi vennero successivamente espunte (censurate) dopo l'entrata in vigore del Codice. All'incirca 3 minuti, perlopiù riferiti ad allusioni sessuali ed erotiche, come la danza erotica iniziale della Garbo ai piedi di Shiva (della quale rimangono pochi casti secondi), un negligee indossato dalla Garbo a casa del suo amante Ramón Novarro (un amero-messicano fatto passare tranquillamente per russo), loro due in intimità a letto, eccetera. I tagli rischiano persino di compromettere la lettura di alcune scene (ad esempio quella nella quale Mata Hari ruba i documenti al tenente Alexis Rosanoff. Pare che l'unica volta in cui degli spettatori abbiano visto la versione integrale del film, dopo il '34, risalga al 2005, quando la Cinémathèque Royale de Belgique la proiettò a Bruxelles, una versione in lingua inglese sottotitolata in francese ed olandese. Nonostante i quasi novantanni sulle spalle, la pellicola risulta ancora estremamente godibile e magnetica, vuoi per il buon ritmo impresso al film (almeno per 3/4), vuoi per la presenza carismatica della Garbo, vuoi per la magniloquente ricerca dei costumi assegnati al personaggio di Mata Hari. La Garbo pare nata per quel ruolo, una dominatrice assoluta, affettata, suadente, seduttiva, insinuante, dalla grande mimica espressiva; per quanto lo "detestasse", le era decisamente congeniale. Sul finale il film prende una piega sentimental-romantica troppo carica e ridondante, eccedendo in patetismo e sfilacciando la tensione costruita sin lì. La scena finale rimane comunque pomposa ed evocativa, con la spia danzante che si avvia verso il suo ineludibile destino, anche se il forse il momento più iconico del film rimane la danza in onore di Shiva che, come detto, ci è arrivata mutilata, e che forse nelle sue fasi più ardite e in campo lungo prevedeva una controfigura.