Trasmesso sulla Rai nel 1977, un totale di otto puntate che non vennero però mandate in onda con cadenza settimanale ma raggruppate, due o tre di fila, questo per un preciso intento di "marketing". L'idea soggiacente a questa "cronaca sceneggiata" da Daniele D'Anza e Biagio Proietti era di dare un taglio schiettamente giornalistico e quanto più possibile moderno alla storia che veniva raccontata attraverso tutte quelle puntate. Dunque anziché lasciare lo spettatore appeso per una intera settimana, si susseguivano senza soluzione di continuità dettagli, novità, colpi di scena, come le notizie che in un telegiornale o in un rotocalco di cronaca non fanno che rincorrersi, visti gli "ultimi sviluppi" sul caso. Questa impostazione si traduceva primariamente nella forma dello sceneggiato, che quindi veniva impostato come un ibrido a metà strada tra l'inchiesta giornalistica e il resoconto di un processo in tribunale. Tra queste due polarità si muovevano gli interpreti principali. Non di rado rivolgendosi direttamente allo spettatore, come fosse il magistrato interrogante, per raccontare la propria versione dei fatti, rispondere a domande (mai formulate) e illustrare alibi, vita passata ed anche riflessioni e sensazioni personali. Ad esempio mentre Mario Erpichini pranza amabilmente con Marina Malfatti in un ristorante veneziano, alza lo sguardo e fissa la MdP, quindi spiega come i due si sono incontrati e conosciuti, descrive la donna secondo il suo punto di vista e contestualizza il perché di quell'incontro. Metacinema (o metaracconto) si direbbe; un effetto di sospensione dell'incredulità che va tutto verso la tv e finisce col tenere in realtà lo spettatore assolutamente "dentro" la storia, come fosse la forza centrifuga di una lavatrice, nonostante lo sfasamento dei vari piani narrativi.
Oltre ciò, all'inizio di ogni nuova puntata, anziché affidarsi al classico "spiegone" riassuntivo da parte di una voce off, si alternano i protagonisti principali i quali, ognuno secondo il proprio punto di osservazione, riassume quanto accaduto sin lì, naturalmente sottolineando fatti e circostanze a lui/lei favorevoli. Altra intuizione assai brillante, che non solo ammazza la noia, ma rende estremamente vivo, vero e pulsante il racconto. Il ritmo è aggressivo, incalzante. La storia molto in breve è quella di un omicidio con alcuni testimoni, ma prove molto blande, tutte da ricostruire. Il marito dell'imprenditrice della moda Irene Oro (Marina Malfatti) è stato ucciso, ma da chi è perché? L'attore alcolizzato e un po' in declino Marcello Masini (Massimo Girotti) e la cameriera alla pari Giovanna Pieracci (Maria Fiore) hanno visto qualcuno allontanarsi la sera del delitto, all'ora del delitto, nel luogo del delitto. La polizia indaga e, passo dopo passo, si scoprono molti altarini. Alla settima puntata arriva un primo finale, quello più logico e lineare. Ma l'ottava apre un nuovo scenario e la situazione si ribalta. Nelle intenzioni degli sceneggiatori la Rai avrebbe dovuto giocare con gli spettatori, annunciando solo 7 puntate e poi, dopo l'ultima, rivelare che ulteriori approfondimenti avevano portato a nuove rivelazioni, proprio come avviene nelle vere inchieste giornalistiche, quasi che l'ottava puntata non fosse stata preventivata sin dall'inizio. Sarebbe stata una bella sorpresa per il pubblico televisivo, ma la Rai non se la sentì, configurando da subito l'intera storia come suddivisa in 8 parti e quindi depotenziando un po' tutta l'operazione.
Il cast è un gran potpourri di voci poi divenute molto celebri nel mondo del doppiaggio cinematografico italiano, da Nando Gazzolo (David Niven, Michael Caine, Rod Steiger ed altri mille) a Giampiero Albertini (l'Ispettore Colombo, Martin Balsam), da Palia Pavese (Anjelica Huston, Kim Basinger, Jessica Lange, Sigourney Weaver, Michelle Pfeiffer, etc) a Renato Mori (Morgan Freeman, Gene Hackman, Oliver Reed, etc.), compresi gli altri attori, comunque tutti impegnati in stagioni di doppiaggio, anche se magari per film e attori "minori". La cifra caratteristica de L'Ultimo Aereo Per Venezia rispetto ad altri sceneggiati coevi o precedenti fu proprio questo senso di novità, di adeguamento del mezzo alla contemporaneità, che andava anche oltre le quattro pareti della tv per farsi largo in strada, tra la gente, in mezzo ai fatti. Chiaro che rivisto oltre 40 anni dopo si percepiscano delle ampollosità che rimangono ancora invischiate al tessuto, non fosse altro per quel bianco e nero così datato e acciaccato, ma la possibilità di rivivere quella corsa a perdifiato tra gli indizi del caso Baccarini - ovviamente ispirato alla larga al caso Ghiani-Fenaroli che occupò le cronache italiane tra la fine degli anni '50 e la prima metà dei '60 e che ispirò diverse storie passate poi sullo schermo, come ad esempio Il Vedovo con Sordi e la Valeri, spettacoli teatrali e trasmissione televisive - offerta dal doppio dvd uscito per Fabbri Editore nella collana degli Sceneggiati Rai del Giallo e Del Mistero è ghiotta.