Linda Lovelace vanta il non invidiabile primato di essere diventata un'icona degli anni '70, della liberazione sessuale, del femminismo, della società americana e della pornografia, e al contempo di essere stata una donna seviziata, umiliata, distrutta da quelle stesse cose che avrebbe contribuito ad emancipare e liberare, la sessualità, la pornografia, la società americana. Nata come Linda Susan Boreman nel '49, frequenta scuole cattoliche guadagnandosi il soprannome di Miss Holy Holy (Miss Santarellina), nomignolo che non le impedisce di rimanere incinta a 20 anni e vedersi togliere il figlio perché dato in adozione dalla madre. Un incidente d'auto la porta ad una trasfusione di sangue, purtroppo infetto, mediante il quale contrae l'epatite (che nell'87 la costringerà ad un trapianto di fegato). Nel 2002 è nuovamente coinvolta in un incidente d'auto (destino beffardo per un'attrice che tra le scene più famose della sua carriera cinematografica annovera proprio delle spensierate riprese in auto), stavolta mortale. Nel mezzo a tutto questo, nel 1972 gira il fatidico Deep Throat (ma già in precedenza aveva partecipato a corti in 8mm per i peep show, muti e anche piuttosto estremi come tematiche, vedasi la zoofilia) che diverrà croce e delizia della sua intera esistenza. Come è noto, la fama e la celebrità che quel film le doneranno nei primissimi (e forse meno infelici) anni dopo averlo girato si tramuteranno in un incubo dal quale Linda a stento riuscirà ad uscire, rimanendo comunque marchiata per sempre. Quindici giorni di "militanza" nel mondo delle tre X che definiranno la sua intera vita.
Lovelace di Robert Epstein e Jeffrey Friedman è il biopic che ripercorre, con ampie porzioni di sintesi, la storia di Linda, dal fidanzamento con il futuro marito orco Chuck Traynor alla intervista televisiva del Phil Donahue show (14.2.1980), nella quale presenta il suo libro "Ordalia", summa di tutte le sofferenze subite dal giorno della nascita. A quell'epoca Linda era diventata la signora Marchiano, una casalinga in cerca di riscatto morale, e soprattutto in cerca della serenità che fino ad allora le era stata preclusa. Il film è sostanzialmente un'agiografia del personaggio Lovelace; si adagia in tutto e per tutto sul punto di vista di Linda e inquadra ogni situazione e personaggio a favore della tesi pro Linda. Intendiamoci, non che ci sia motivo di dubitare che i fatti si siano svolti diversamente (anche se, fino a Deep Throat, chiunque abbia lavorato con lei ha parlato di una persona libera, consapevole e cosciente del proprio volere e dei propri mezzi, affatto costretta o manipolata); tuttavia, se dal punto di vista cronachistico non c'è forse niente da eccepire, sul versante filmico questa assoluta, piatta, acritica aderenza a "Ordalia" smorza il film rendendolo poco profondo. La storia di Linda e di quel periodo dell'America è accattivante di per sé, ma la sceneggiatura di Andy Bellin segue un andamento semplice, lineare, privo di approfondimenti, zone d'ombra, sfumature, punti interrogativi, è tutto estremamente letto ed incasellato in modo univoco. Da una parte c'è Linda, dall'altra c'è l'intero mondo contro di lei.
L'interpretazione di Amanda Seyfried è adeguata, anche se non eccelle in alcun modo. La tanto strombazzata madre interpretata da Sharon Stone (si parlò addirittura di candidatura all'Oscar) si riduce a pochissime pose e pure quelle quasi mai eclatanti. Il film si lascia seguire ma più per gli elementi di contorno (la ricostruzione d'epoca, curata fin nella sgranatura della pellicola e dei colori), le scenografie, le musiche, i personaggi collaterali, che per come viene divulgata la vicenda principale. Sembra un po' un'occasione sprecata questo Lovelace, che si sarebbe potuto prestare a mille derivazioni e che invece racconta in modo didascalico e retorico una storia certamente tragica, ma alla quale andava dato più carattere, più personalità, più magnetismo. Non c'è da aspettarsi alcunché di esplicito, d'altro canto l'indagine dei personaggi non bilancia l'assenza di erotismo, visto che i vari avatar di Gerard Damiano, Harry Reems, Anthony Romano, Hugh Hefner sono poco più che figurine, sosia da sabato sera televisivo (l'apice del kitsch si raggiunge con Sammy Davis Jr.).
La gestazione del film è stata travagliata, con diverse attrici avvicendatesi nel ruolo, da Kate Hudson a Olivia Wilde, fino alla Seyfried. Sarah Jessica Parker ha un ruolo nel film che però non vedremo mai perché tagliato in fase di montaggio; Demi Moore sarebbe dovuta apparire nel cameo di Gloria Steinem, ma per motivi di salute la comparsata passò a Chloë Sevigny. James Franco avrebbe dovuto interpretare Chuck Traynor, parte che invece guadagna Peter Sarsgaard, con Franco relegato a copia/incolla di Mr. Playboy Hefner. Interessante il lavoro di integrazione degli attori con i filmati d'epoca, ottenuta facendo recitare il cast davanti al green screen, oltre alla cura dei dettagli della storia fin nei minimi particolari di arredo e carta da parati. intelligente (ad es. la riedizione dei provini fotografici, dei ciak del film e del manifesto di Deep Throat con la Seyfried al posto della vera Linda).