L’Arbitro

L’Arbitro
L’Arbitro

Negli anni attorno al 1974 in cui Luigi Filippo D'Amico gira questo film, Lando Buzzanca è una infaticabile macchina da guerra, quasi come il protagonista di questo film, che ad un certo punto per reggere il ritmo è persino costretto ad assumere delle pillole anfetaminiche. 5 titoli nel '69, 7 nel '70, 4 nel '71, 6 nel '72, 3 nel '74, come anche nel '75 e nel '76; solo dal '77 il ritmo inizia un po' a scemare. Impressionante il ruolino di marcia del palermitano più famoso (e focoso) del nostro cinema bis. L'Arbitro arriva assieme a Il Domestico, altra regia di Luigi Filippo D'Amico, sempre dello stesso anno. Tra i due c'è sintonia artistica, meno sulla narrazione della genesi del film, visto che entrambi se la attribuiscono. Di certo c'è che l'ispirazione arriva da Concetto Lo Bello, arbitro siracusano che imperversò nel mondo calcistico italiano (e internazionale) tra metà anni '50 e i primi '70. Evidente il riferimento sin del nome del protagonista, Carmelo Lo Cascio.

Da Lo Bello vengono mutuate le caratteristiche salienti in campo, rigore, autorevolezza, un certo senso estetico al limite dell'autocompiacimento. atteggiamenti "pavoneschi" che vengono imputati e contestati da parte di una giornalista ritratta con accenti "alternativi" e "femministi", in chiave di forte emancipazione. Si tratta di Joan Collins, inaspettata star internazionale catapultata in questo copione altrimenti tipicamente "italiano". La sua performance è ambivalente, donna bellissima e fascinosa, sembra effettivamente un po' fuori parte, anche se il suo grande professionismo riesce comunque a mettere una toppa sulla stonatura di fondo. Al netto della Collins, L'Arbitro è quasi universalmente considerato uno dei migliori film di Buzzanca, per alcuni addirittura il suo vertice artistico; io vado un po' controcorrente perché non riesco a condividere il medesimo entusiasmo acritico per questa pellicola. Si percepisce subito che è un film ambizioso, realizzato con un certo budget e molto curato sotto l'aspetto formale. Non solo la presenza della Collins, ma le varie location, compreso il Kenya (dove ci si sofferma sul folclore locale... per qualche minuto il film prende quasi la piega di un mondo movie o di una anticipazione profetica di certe puntate della serie esotica Emanuelle di Massaccesi), la regia solidissima di D'Amico, i tanti caratteristi, la buona integrazione delle riprese "veritè" delle partite di calcio con il resto del film ambientato fuori dagli stadi, i cameo eccellenti dei commentatori sportivi dell'epoca.

La sceneggiatura - a modesto parere di chi scrive - ha qualcosa che non va, pare che ad un certo punto non sappia più dove andare a parare, messi assieme diversi elementi non si tira poi una riga. Il finale in tal senso è amorfo, come se tutta la vicenda finisse per inerzia, per consunzione, senza uno scopo, una parabola, una messa a fuoco di quanto si è costruito fin lì. Lo stesso Buzzanca finisce col seppellirsi dentro il personaggio, impaludandosi sempre di più nei tratti caratteriali più caricaturali, ma privi di un vero e proprio sviluppo. Trattandosi di un attore fenomenale, come detto per la Collins, in qualche maniera il mestiere lo sostiene fino al sopraggiungere dei titoli di coda, ma anche per questo non riesco a considerare L'Arbitro come una delle sue migliori prove. Lo spunto di partenza era ottimo e stimolante, tuttavia non mi pare che poi la sceneggiatura si dimostrati all'altezza del soggetto. Anche i riferimenti ai presunti tentativi di corruzione dell'integerrimo Lo Cascio rimangono una potenziale sottotrama un po' appesa lì, senza elaborazione.

Rimane comunque un capitolo fondamentale tra i cinefili calciofili, anche per la presenza di alcuni volti cari ai tifosi, come Bruno Pizzul, Alfredo Pigna o Niccolò Carosio. Simpatico lo sparring partner di Buzzanca nel film, Ignazio Leone, assistente arbitrale guardalinee, mentre ho trovato insopportabile il figlio di Buzzanca, sorta di coscienza critica del padre, ritratto come un giovane contestatore del periodo, con barba incolta, occhialacci da intellettuale di sinistra, vestiti un po' straccioni e tendenza all'uso di sostanze stupefacenti (la quintessenza del cliché). Non va troppo meglio a Gabriella Pallotta, moglie del grande arbitro, ridotta ad una petulante moglie insoddisfatta sessualmente, aizzata dalla moglie di Leone, Marisa Solinas. Magica la canzone dei fratelli De Angelis, "Football Crazy", cantata nientepopodimeno che da Giorgio Chinaglia (ed ovviamente poi diventata popolarissima tra le file della tifoserie laziale). D'Amico disse che per il ruolo di Lo Cascio si era inizialmente pensato ad Alberto Sordi e che quando subentrò Buzzanca inevitabilmente il film prese una declinazione più farsesca. Difficile immaginare con Sordi la lunga sequenza della partita con attacchi di diarrea. In un piccolo ruolo, Alvaro Vitali. Da segnalare che nel 2013 vien prodotto un film con lo stesso titolo, ambientato in Sardegna, interpretato da Stefano Accorsi, che apparentemente nulla ha a che vedere con il precedente buzzanchiano, anche se entrambi i personaggi mostrano tratti caratteriali simili (evidentemente connessi alla professione), quali rigore, gestualità quasi sacrale, alta considerazione di sé, ambizioni e mire internazionali.

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