La Vestale Di Satana

La Vestale Di Satana
La Vestale Di Satana

Coproduzione belgo-franco-italiana (più qualche altro paese mitteleuropeo che al momento mi sfugge) per un classicissimo film vampirico, afferente al filone lesbo-chic che ha come modello d'ispirazione il sempiterno Carmilla di Le Fanu. Intendiamoci, qui c'è proprio solo l'idea di base, ovvero la vampira donna e le sue preferenze omosessuali, ma poi la storia va per conto suo, per altro ambientata ai giorni nostri (di allora), ovvero gli anni '70. Le location sono una potentissima freccia all'arco della pellicola poiché anziché i soliti scenari gotici transilvani o anglosassoni, che tanto furoreggiavano all'epoca, qua siamo sulle sponde del Mare del Nord, a  Ostenda (Belgio). Una località di villeggiatura ritratta in pieno inverno, dunque gotica per elezione, pur non avendo i tratti tipici del gotico vampirico così come ce lo ha perlopiù tramandato il cinema horror, e segnatamente quello di quegli anni (gli anni della Hammer, di Roger Corman e Vincent Price, Peter Cushing e Cristopher Lee). Se dovessimo gettare ponti ideali qui dovremmo piuttosto rivolgerci a nomi come Jean Rollins e Jesus Franco. C'è molta estrosità ed eterodossia in un film come La Vestale Di Satana, che per altro mischia il mito del vampiro con quello della contessa Erzsébet Bathory, fondendoli in un'unica figura, quella di Delphine Seyrig, compagna del cineasta francese Alain Resnais, per il quale recitò in L'Anno Scorso A Marienbad ('61) e Muriel, Il Tempo Di Un Ritorno ('63).

In questo caso Harry Kümel ha ammesso esplicitamente di essersi ispirato a Marlene Dietrich per l'estetica del personaggio della Seyrig e a quello di Louise Brooks per quello di Andrea Rau, che nel film interpreta Ilona, la "nipote" della contessa, ovvero fuor di metafora la sua schiava del piacere nonché braccio destro. Salta subito agli occhi la somiglianza. Kümel gioca in modo raffinato perché questa parentela simbolica spinge tantissimo i due personaggi, la contessa Bathory è in tutto e per tutto una vecchia attrice retrò, ancora bella ed elegante seppur ombreggiata da un costante velo di malinconia che fa tanto vecchia nobiltà. Così come Ilona è una ruspante e vigorosa giovane tutto pepe, sempre scalpitante ed attratta dalla vita e dalla novità. Una specie di Betty Boop della notte, con la bocca sempre rosso fuoco ed un caschetto malizioso. La Seyrig inoltre veste esclusivamente i colori delle SS, bianco rosso e nero, ad indicare la sua pericolosità, la sua ambiguità, la sua natura dominatrice e demagoga. A completare il parterre di regine arriva anche Daniele Ouimet (Valerie), la sposina di John Karlen (Stefan) nel film, le cui fattezze ugualmente eleganti ma più algide. Questo trio si contende a vario titolo l'attenzione di Stefan, il quale a sua volta cela segreti torbidi. Anch'egli proviene da una strana famiglia di sangue blu. Questa sottotraccia non è sufficientemente sviluppata e rimane un binario un po' morto nel film. Peccato perché capiamo che c'è dell'altro sotto. I consanguinei di Stefan forse non sono vampiri ma certamente sono dei sadici (lo dimostra il gusto di Stefan per la violenza e la morbosa attrazione che prova verso la morte). Egli sa che sua madre non accetterà mai il recente matrimonio con Valerie, perché la ragazza rappresenta un corpo estraneo all'interno di quel nucleo familiare portatore di inconfessabili orrendevolezze. Forse sono assassini? Torturatori? Adoratori del Diavolo? O semplicemente pazzi? Chissà, fatto sta che quando finalmente Stefan si decide a telefonare alla madre in Inghilterra, noi abbiamo l'occasione di vedere la genitrice dall'altro capo del cavo telefonico, ovvero un buffo uomo, pesantemente truccato, assai allusivo nelle sue argomentazioni e del tutto viscido nell'eloquio. Lo stesso Stefan ha diverse occasioni durante la luna di miele per dar sfogo ai propri disturbi, evidenziando parecchie rotelle fuori posto.

L'incontro/scontro di questi personaggi borderline non può che far scintille. Valerie sarebbe l'unica sana (di partenza) ma naturalmente finisce del tutto succube e soggiogata dalla potenza mentale ed ipnotica dei suoi aguzzini, tanto la contessa Bathory quanto il marito, del quale è sinceramente innamorata. Il tutto avviene nelle stanza del maestoso albergo sul mare di Ostenda, sempre di notte, periodo nel quale alle vampire è consentito di girare liberamente. L'erotismo è l'arma principale con cui i protagonisti si irretiscono vicendevolmente; alla passione segue immediatamente il sangue, quindi la morte. Il film si gioca molto sulle atmosfere, i dialoghi ed i relativi silenzi che ne soppesano l'intensità, colori sgargianti contrapposti all'oscurità della notte. Il finale forse è la parentesi meno intrigante. Personalmente avrei concluso il tutto con la fuga in auto; ciò che segue toglie all'immaginazione per rendere gli eventi troppo didascalici, troppo espliciti e spiegati, ma tant'è, va bene comunque, La Vestale Di Satana mantiene un altissimo tasso di suggestione che non può che essere gradito dallo spettatore in cerca di emozioni forti (e dal grandissimo stile visivo). Notevole il gusto estetico del regista, che si può apprezzare oltre che nelle composizioni sceniche, nei costumi (soprattutto della contessa), nelle pose ampollose da attrice consumata della Seyrig, anche nelle architetture esterne che vediamo durante il film, ad esempio le Royal Galleries di Ostenda, una incredibilmente suggestiva serie di arcate neoclassiche mostrate nottetempo, in un gioco di rimandi e rifrazioni ombre/luci, oppure nella rigogliosa serra dalla quale la "madre" di Stefan risponde al telefono. In Francia e Belgio il film uscì come Labbra Rosse, in Inghilterra come Le Figlie Delle Tenebre, in Olanda come Sete Di Sangue; in Italia si scelse di mettere in mezzo il solito Satana, che al cinema ha sempre pagato un tanto al kg.

Trailer ufficiale

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