Nel 1974 Salvatore Samperi è sotto contratto con la Cinélite ma vuole assolutamente occuparsi di un film che sarà distribuito da Titanus. Si è innamorato del romanzo Il Volantino di Piero Buttitta e ne ha tratto una sceneggiatura assieme a Ottavio Jemma. Si inventa allora produttore e appiccica il ruolo (farlocco) di regista al suo secondo Alfredo Manfatti, documentarista, tant'è che questa rimarrà a verbale come la sua unica regia. Negli anni si è detto che Manfatti era stato "supervisionato" da Samperi, che forse il film lo aveva effettivamente diretto, ma ci ha pensato Eleonora Giorgi a tagliare la testa al toro, confermando in un'intervista che fu Samperi a dirigere e non Malfatti, assegnato dai titoli di testa in quel ruolo unicamente per motivi legali. Dal 1949 al 1983 Domenico Modugno mette in fila svariate interpretazioni sul grande schermo e tuttavia la sua presenza ne La Sbandata non fu digerita senza colpo ferire dal pubblico. Originariamente al suo posto ci sarebbe dovuto essere Mastroianni che si defilò quando apprese della "confusione" in merito a chi avrebbe dovuto dirigere il film. Così come al posto della Giorgi ci sarebbe dovuta essere Stella Carnacina. La coppia di protagonisti cambia completamente e Samperi a consuntivo si è sempre detto soddisfatto della scelta di Modugno, ritenendola più libera e meno guidata da motivi commerciali e di botteghino (come evidentemente reputava quella di Mastroianni). A ben vedere il grande attore felliniano si sarebbe forse sentito stretto nel personaggio di Salvatore Cannavone, immigrato siculo in America che torna in patria per vivere gli anni della vecchiaia e rimane completamente offuscato dalla grazie della giovane nipote Mariuccia (e più in generale sempre in fissa con il gentil sesso). Per quanto Mastroianni fosse un attore versatile e dotato di ironia, il taglio de La Sbandata sarebbe stato probabilmente fin troppo sexy per il suo phisique du role, sempre piuttosto elegante, garbato e compassato. Modugno invece aggiunge una carica ruspante, sanguigna, a tratti persino volgarotta, che rende molto credibile il suo vecchio zio d'America "ammalato" di priapismo.
Il film comunque sfugge di mano un po' a tutti, Samperi compreso. L'apporto di Pippo Franco spinge parecchio sul versante demenziale, con la sua caratterizzazione del personaggio (il fratello di Modugno) in chiave farsesca. Idem Franco Agostini, fidanzatino scemo di Mariuccia. La Giorgi è una lolita estremamente ammiccante, una ragazzina (21enne lei all'epoca, 21enne la protagonista del romanzo, probabilmente un po' più giovane quella del film) che sa esattamente ciò che vuole e che non esita a far uso del proprio sex appeal per ottenerlo. Luciana Paluzzi è la moglie di Franco e riequilibra un po' la gigioneria del marito, anche se non ha un bel ricordo della lavorazione. Disse di averlo voluto fare sperando in un riconoscimento del proprio mestiere di attrice, ritenendolo un film "importante", ma poi rimase scottata dalle scene erotiche, che sono giusto un paio e anche piuttosto caste, una nella quale mostra la guepiere a Modugno sollevando i lembi della sottoveste, l'altra (fugacissima) nella quale si scopre il seno. Né la Giorgi mostra molto di più, anzi semmai di meno. Di sesso si parla assai più di quanto si veda o si faccia, è evidente il tono allegrotto della vicenda, c'è decisamente più commedia che erotismo, per quanto Samperi sapesse sempre come infondere un certo solletico alle sue trame. Col senno di poi la Giorgi ha dedicato ricordi molto più teneri e nostalgici a questa pellicola rispetto a quelli evocati dalla Paluzzi. Ricorda il bel set siciliano, il buon feeling creatosi con Samperi e con maestranze abbastanza giovani (benché proprio in quei giorni morisse il suo fidanzato dell'epoca, Alessandro Momo, in un incidente stradale con la moto che la Giorgi gli aveva dato), e soprattutto ricorda un erotismo che lei stessa ha definito "ancillare", molto morbido e ingenuo, per quanto all'epoca risultasse il massimo della trasgressione.
Il quadro generale è sempre quello del Belpaese che non c'è più, consegnato ai libri di storia, con il Meridione rurale e culturalmente arretrato, la tipica furberia degli italiani, la società patriarcale dove l'uomo pensa di comandare ma è in realtà comandato da donne scaltre e sottili che ricorrono alla sensualità per muovere come marionette i propri maschi. Non è un film fenomenale La Sbandata, ma a suo modo diverte ed intrattiene, ed è ben girato, come sempre accade quando c'è Samperi dietro la macchina da presa. Il critico de La Stampa di allora (Achille Valdata) scrisse che si trattava di un "sottoprodotto tra i più deteriori del cosiddetto filone siciliano", con una sceneggiatura "smagliata", una storia "raccontata nella maniera peggiore", nella quale era coinvolta "un'attricetta di scarso valore come Eleonora Giorgi" e nel quale dispiaceva di trovare "mischiato" anche Modugno, il quale dopo aver recitato Brecht a teatro (Opera da Tre Soldi) era diventato un attore "rispettabile" (sempre secondo Valdata). Per certi versi diverte quasi di più leggere le critiche dell'epoca anziché vedere i film. Il dvd Titanus del film non è di qualità esattamente eccelsa, siamo quasi a livello VHS leggermente upgradato e non c'è la minima presenza di extra di alcun tipo. Si poteva fare qualcosina di più, premiando perlomeno lo spettatore con un'intervista alla Giorgi, alla Paluzzi (che magari non avrebbe fatto i salti di gioia...) o a Pippo Franco, per dire.