Se anche non foste degli estimatori del cinema di Polanski, se anche foste d'accordo con la tiepida valutazione del film espressa dal Mereghetti (...strano eh?), se anche il cinema del diavolo non fosse il vostro pane, potreste decidere di vedere La Nona Porta per imbattervi in un Johnny Depp ancora sopportabile, ancora attore anziché macchietta, ancora espressivo anziché una collezione di facce, faccine e mossette dinoccolate e cartoonesche. Se invece apparteneste alla metà maschile di pubblico, potreste sempre considerare che Lena Olin appare quasi irresistibile per sensualità e che al contempo - dovesse invece piacervi il genere equino-ittico della cavallona stoccafisso - c'è pure Emmanuelle Seigner in versione ultraterrena.
Dean Corso (Johnny Depp) - il cui cognome in lingua originale è storpiato con "cursed", ma che nella traduzione italiana viene associato a "correre", perdendo completamente il gioco di parole polanskiano - è una specie di Indiana Jones di antichi manoscritti stampati. Un ambizioso collezionista di nome Balkan (Frank Langella) possiede una delle tre copie esistenti al mondo del testo esoterico Le Nove Porte del Regno delle Ombre, pagine scritte addirittura a quattro mani col diavolo nell'anno 1666 (....e quale altrimenti). Balkan vuole assicurarsi che il tomo sia autentico e per farlo vuole che Corso esamini gli altri due, siti in Europa, per un confronto pagina per pagina, carattere per carattere, illustrazione per illustrazione. - SPOILER: ciò che Corso scoprirà andrà oltre ogni sua immaginazione. Agguati, morti, presenze inquietanti popoleranno ogni suo spostamento. Le Nove Porte è un vero è proprio percorso iniziatico verso la conoscenza e, all'ultima tappa di questa via crucis agli antipodi, verso l'incontro con il Principe delle Tenebre stesso. Sono in molti a dare la caccia a quei volumi. Una scia di cadaveri segnerà ogni tappa, mentre Corso verrà affiancato da una misteriosa figura, una sorta di angelo (o demone) protettore dalle fattezze tanto affascinanti quanto imperscrutabili ed ipnotiche (Emmanuelle Seigner).
La Nona Porta (libero adattamento de Il Club Dumas di Arturo Perez Reverte) può essere visto come la versione più beffarda, satirica e dissacrante di Rosmery's Baby; il rovescio della medaglia, ovvero il diavolo da un'altra prospettiva, più irridente. Si rimane su di un piano decisamente (e consapevolmente) più superficiale, connotato spesso e volentieri da un'ironia sottile e malevola. Lo stesso incipit del film, il suicidio di Andrew Telfer, viene descritto con una minuzia ed una eleganza che sconfinano nel grottesco e nel caricaturale. Quella cifra narrativa rimane appiccicata ai fotogrammi per tutto il film, tanto da mantenere la storia perfettamente in bilico tra una commedia nera ed un thriller esoterico. Singoli momenti amplificano questo o quel sentire, ed il finale naturalmente spinge verso il misticismo diavolesco per ovvie ragioni di "srotolamento" della trama. Mereghetti sbatte proprio contro quel muro, accusando Polanski di non essere riuscito a fare ciò che molo probabilmente Polanski non aveva alcuna intenzione di fare, un film profondo, una riflessione vera ed accurata sul Male.
Polanski ne La Nona Porta fa Polanski, ovvero mescola egregiamente tensione e ironia, disagio e umorismo, sciocchezzuole ed arguzia ai massimi livelli, creando un ibrido che si regge perfettamente sulle proprie gambe e che porta inequivocabilmente impressa la firma del regista franco-polacco. Personalmente non stravedo per Depp e credo che un altro protagonista avrebbe saputo valorizzare ultriormente il ruolo ed il film, ma devo dire che qui è assolutamente tollerabile. Idem per la Seigner, oggi attrice a tutto tondo ma all'epoca ancora assai acerba e legnosa. Decisamente più matura e e articolata la recitazione di Langella. La Olin ha un ruolo minore ma quando la si vede non passa inosservata. Polanski e Depp ebbero qualche contrasto durante la lavorazione. Polanski lasciò libertà interpretativa a Depp, il quale dal cantò suo non soddisfece del tutto la visione che Polanski aveva di Corso.
Alcuni passaggi forse eccedono nel fumetto caricaturale (ad esempio la copula invasata tra la Seigner e Depp fuori dalle mura del castello transaplino in fiamme, oppure gli ultimi momenti di Balkan, decisamente meno "controllati" rispetto al suo comportamento per il resto del film) ma in fin dei conti rimangono coerenti con lo stile impresso dall'ateo Polanski alla sua narrazione. Si tratta di sensibilità soggettiva, qualcuno avverte delle sbavature, altri no. Lo stesso regista sostiene di non credere nell'occulto ma di essere sempre stato interessato a trattarlo poiché contiene dei cliché dalla doppia lettura, estremamente seri ma anche estremamente comici. E d'altra parte, al netto dei parafernalia religiosi, La Nona Porta è la storia di una rivelazione che coglie di sorpresa un uomo estremamente pragmatico, cinico e razionale, il quale viene letteralmente sconvolto e "rinnovato" fin nelle proprie fondamenta. L'enigmatico finale sembra volerci chiedere: chi ha davvero scelto chi? Polanski ridicolizza e celebra al contempo il mondo che descrive, quel piano sotterraneo di irrealtà che scorre carsicamente sotto la nostra vita "normale" di tutti i giorni. Paradossalmente La Nona Porta risulta un ossimoro incarnato, una contraddizione in termini perfettamente credibile, un divertissement molto serio. Eccellente la colonna sonora di Wojciech Kilar, abilissimo nel sottolineare il saliscendi umorale di Polanski.