
Doris Day se n'è andata da pochi giorni ed Il Visione Sulla Pelle rimane uno dei suoi film più celebri, buono spunto per tornare a rivedere la spumeggiante biondina, qui alle prese con qualche malizia in più rispetto alla rassicurante nomea di "fidanzatina d'America". Il film - anno 1962 - è un paradosso incarnato, poiché se da un verso risulta anacronistico, imbrigliato in un'epoca pre-femminista, moralista e un po' farisea, dall'altra quest'affermazione viene subito smentita da certi fatti dei cronaca più o meno recenti; se ne potrebbero fare a bizzeffe di nomi di ricchi playboy influenti e relativo codazzo di starlette - perlopiù televisive - senza arte né parte, due polarità complementari impegnate a riprodurre lo stesso schema che nel film vede protagonisti Cary Grant e Doris Day. Anche per questo il film fu visto come ambiguo e ammiccante, naturalmente sempre in rapporto ai canoni morali dell'epoca (siamo comunque qualche anno prima del caos sessantottino).
La visione deve prevedere una scissione atomica di due piani, quello strettamente artistico-cinematografico, e quello semantico e sociologico. Per quanto attiene al primo, siamo al cospetto di una godibilissima commedia piena di ritmo, colori, dialoghi a rincorsa, due attori eccezionali, tanti comprimari di livello e delle atmosfere piacevolmente retrò, garbate ma mai evanescenti. Con gli occhi di oggi invece lo slittamento sull'interpretazione del film tende qualche trappola insidiosa. Cary Grant è un affabilissimo e irresistibile uomo d'affari con la frase giusta al momento giusto, ma soprattutto una montagna di dollari in grado di mettere una toppa a qualsiasi dubbio, falla o tentennamento. Doris Day è una curatissima ragazza tutto pepe che potrebbe spaccare il mondo ma che al semplice incrocio di sguardi con Grant resetta indipendenza, amor proprio e dignità in un batter d'occhio e si tramuta nella adulante e servizievole femmina del maschio alfa. Il rapporto è grossolanamente sbilanciato; Grant può tutto e quasi non ha neppure bisogno di chiedere, la Day vorrebbe tutto ma annega in un bicchier d'acqua, il sentimento obnubila completamente la ragione (a differenza di quella lucidissima volpe di Grant), è disposta a rinnegare persino se stessa in nome di una sorta di richiamo ancestrale che la pone fisiologicamente in una posizione di inferiorità rispetto al suo signore e padrone.
Questo squilibrio di ruoli e poteri non inficia in alcun modo il tono "simpatico" dei personaggi, della storia e del film, ma certo nel 2019 questo tipo di schema pare uscito da un'altra epoca e laddove anche oggi sopravvive, è per mero opportunismo e tornaconto, completamente sottratto al presunto romanticismo che invece vorrebbe soggiacere al gioco d'amore dei due attori. Grant è quasi sgradevole per quanto manipola ogni situazione, ogni frase, ogni minimo dettaglio. Doris Day più che innamorata sembra semplicemente ipnotizzata, imbambolata, narcotizzata dal lusso, dalle infinite possibilità, dall'ostentazione, dall'onnipotenza e, come accadeva all'epoca di Neanderthal, l'istinto di protezione la porta naturalmente ad accovacciarsi sotto l'ala del capobranco, colui che saprà assicurarle un futuro senza rischi e ostacoli.
C'è meno sensualità esibita, come accade invece nelle tenzoni amorose di Marilyn, ma questa morigeratezza delle forme e degli abiti non esclude affatto un esito similare, anche se - almeno apparentemente - nei film con Marilyn è la diva bombastica a far perdere la testa a tanti poveri Cristi, mentre qui i ruoli si ribaltano e la Day pare uno di quei tizi che deve costantemente raccattare la mascella da terra e arrotolare la lingua dopo aver assistito all'esplosione della biondissima bomba di feromoni. Il Visione Sulla Pelle fu il quarto miglior incasso al botteghino americano del 1962; l'aneddotica racconta che questo sarebbe dovuto essere il terzo film ad avere come coppia Doris Day e Rock Hudson (dopo Il Letto Racconta... e Amore, Ritorna!) ma il regista Delbert Mann - che pure aveva diretto Amore, Ritorna! - volle il signorile Cary Grant, con il quale la Day ebbe un rapporto professionalmente proficuo sul set ma anche molto freddo e distaccato. Pare che Grant non apprezzò particolarmente l'esito finale del film, e per avere una terza pellicola con Hudson (al quale invece la Day era legata da una profondissima amicizia) bisogna aspettare il 1964, quando Norman Jewison li riunisce (per l'ultima volta) in Non Mandarmi Fiori! Se potete, evitate il terribile dvd della Universal Picture, il cui quadro sullo schermo è grosso suppergiù come un francobollo e al minimo tentativo di ingrandire o zoomare il fotogramma un buon 50% dei dettagli dell'immagine va drammaticamente a ramengo.