Giorgio Molteni, regista e sceneggiatore ligure con un nutrito curriculum di pellicole ed episodi di serie televisive (La Squadra, Incantesimo, Cuori Rubati, Capri), torna con un nuovo lavoro dal titolo piuttosto criptico ed emblematico, Il Silenzio Prima Del Giorno. Fuori di metafora, il film è la fotografia di un'amicizia di cinque ragazze che si perdono e si ritrovano come spesso accade nella vita, e che in un momento particolare devono fronteggiare una tragedia che cambierà il loro sguardo sul domani. A fare da collante a questa unione di cuori e sentimenti sono principalmente due di loro, Andrea (Valentina Di Simone), la maggiore e la più saggia, e Ludovica (Aurora Leoncini), al cui capezzale le altre ragazze si riuniscono a seguito di un brutto incidente che ha messo Ludovica tra la vita e la morte. Andrea, Caterina (Aurora Barbuto), Mara (Sofia Barbieri) e Giada (Giorgia Graiani), amiche da sempre ma affaccendate ognuna nelle proprie routine quotidiane, raggiungono l'ospedale dove è ricoverata Ludovica, temendo il peggio. Con loro c'è anche Ania (Mia Beghetto), la scorbutica modella compagna di Andrea. Attraverso un continuo andirivieni temporale, Molteni ci racconta lo stato dell'arte di questa amicizia, cosa è accaduto prima, cosa ha forgiato i caratteri delle ragazze, come il prodursi degli eventi le ha portate ad essere ciò che sono oggi, nella maggior parte dei casi qualcosa che non vorrebbero essere. Ludovica sembra aver cercato volontariamente la morte più volte; Caterina è una pura, una candida, impreparata alla vita degli adulti, che si ritrova incinta e maltrattata da uomini a mezzo servizio; Mara è un'arrivista egocentrica che non si pone troppi scrupoli pur di avere successo e visibilità mediatica; Giada è una escort cocainomane; infine Andrea, pur essendo la più generosa e di buon cuore tra le cinque, sembra comunque una donna irrisolta, alle prese con rapporti sentimentali di grande sofferenza e con una malinconia di fondo che cerca di esorcizzare attraverso la passione della fotografia, ovvero un diverso modo di ritrarre e filtrare la realtà, cristallizzando immagini e momenti di un eterno presente avulso da un passato e da un futuro che cerca di allontanare.
Dei film che ho avuto modo di vedere sin qui di Molteni questo è senz'altro quello che ho preferito. Il regista lascia temporaneamente il "genere" per addentrarsi in un racconto dal taglio drammatico piuttosto personale e dolente, ma reso con una discreta asciuttezza e concretezza. Molteni alterna agilmente immagini che trasmettono umori, sensazioni, atmosfere d'ambiente (grazie alle location balneari liguri ritratte "fuori stagione") a contenuti che non scadono nel banale o nell'ovvio. La costruzione del racconto è ben resa attraverso un brillante alternarsi di passato e presente, o meglio, di passati e presente, poiché per ognuna delle coprotagoniste scopriamo elementi e dettagli che hanno segnato il loro percorso umano ed esistenziale. Le storie di Andrea, Caterina, Mara, Giada e Ludovica potrebbero essere quelle di molte ragazze che quotidianamente incontriamo per strada, al bar, al cinema, al supermercato, sono le nostre figlie, le nostre sorelle, vite "normali" alle prese con ambizioni, speranze e compromessi che talvolta ci portano nella direzione sbagliata, o che semplicemente fanno maturare insoddisfazione e frustrazione per una sliding door che al momento opportuno non ha cambiato il nostro destino. Nelle loro esistenze tuttavia si materializza, loro malgrado, un accadimento che le porrà davanti ad un bivio, una scossa che non potrà lasciarle indifferenti; la perdita di Ludovica le costringe a rimettersi in discussione e cercare un nuovo senso ed un nuovo orizzonte a cui appellarsi. Ciò accadrà simbolicamente anche grazie alla nuova vita che Caterina porta in grembo (una bambina che verrà chiamata non a caso Ludovica), vissuta con mille incertezze e fragilità fino a quel momento, ma poi abbracciata con coraggio e fiducia.
Le ragazze sono una lo specchio dell'altra, negli occhi dell'amica ognuna di loro vede il proprio riflesso e l'immagine che viene restituita le addolora. Non c'è orgoglio in ciò che sono (diventate), tuttavia il messaggio di Molteni sembra essere che non è mai troppo tardi per riprendere in mano le redini della propria vita e prendere la giusta direzione, o perlomeno una migliore. Valentina Di Simone (al suo secondo lavoro con Molteni dopo Vanitose) ha un po' il compito di dirigere l'orchestra, a lei è assegnato il personaggio anagraficamente più maturo e così è, la sua Andrea rimette in carreggiata le compagne, dà sempre un buon consiglio, guarda con empatia agli esseri umani che la circondano, ma non per questo vive una vita serena e priva di turbamenti, anzi è probabilmente la più ombrosa e tormentata di tutte, ed è colei la quale è chiamata a decidere del destino di Ludovica nel momento in cui occorre prendere la decisione di espiantarne gli organi. Nelle sue mani Ludovica aveva per tempo messo la sua vita. Gli sguardi riflessivi persi nel vuoto della De Simone, la sua voce spesso rotta ed estratta dalle viscere di una inquietudine profonda, fanno centro e danno una cifra molto marcata alla vicenda, ben coadiuvata dalla corona di attrici che le si dispone attorno. Molteni ha un bel tocco e regala immagini notevoli da vedere. Il montaggio, solido e persuasivo, è di Roger A. Fratter, il film è realizzato con il contributo della regione Liguria, un contributo avveduto poiché i luoghi che ospitano il racconto emanano un fascino davvero notevole.