
Laureato in filosofia, tra gli iniziatori del gotico all'italiana negli anni '60, Renato Polselli prosegue nel decennio successivo la sua carriera cinematografica orientandosi su pellicole sempre più ossessive, trasgressive, visionarie e morbose (Delirio Caldo, Riti, Magie Nere e Segrete Orgie Nel Trecento, Rivelazioni Di Uno Psichiatra Sul Mondo Perverso Del Sesso, etc.) per poi sfociare tout court nell'hard con pellicole finesse come Marina E La Sua Bestia (ovviamente la Lotar). Il Mostro Dell'Opera è il settimo dei quindici film che gli vengono accreditati, insieme alla nomea di autore "maledetto" per il suo particolare approccio al cinema, un po' sgangherato ma sicuramente intenso e peculiare. Come si evince sin dal titolo, i riferimenti a Gaston Leroux sono ineludibili, anche se Polselli rilegge il mito del Fantasma dell'Opera a modo proprio. Siamo da qualche parte in un teatro nel quale da tempo non avvengono più rappresentazioni poiché le porte sono chiuse e sigillate. Per motivi che non vengono chiaramente spiegati al pubblico, una compagnia riceve l'offferta di esibirsi proprio in quel teatro. Mentre attori e manovalanza si occupano di rimettere in condizioni il fatiscente teatro, una sorta di guardiano aleggia tra quegli ambienti, mettendo ripetutamente in guardia la compagnia su di una misteriosa minaccia incombente. Tra quelle mura nei decenni sono scomparse diverse attrici, ma Sandro (Marco Mariani), il regista, non vuole sentir parlare di malefici e scredita ogni voce al riguardo. Nel frattempo però la prim'attrice Giulia (Barbara Howard) è attratta dai luoghi più nascosti e remoti della struttura, fino ad incontrare una presenza oscura, un uomo - ritratto anche in un quadro - che sembra esercitare su di lei un fascino ancestrale ed insopprimibile.
- SPOILER: si tratta di un maledetto, posseduto dalle forze del Male, che da tempi immemorabili compie la sua vendetta ai danni di ogni attrice che calca quel palco. La irretisce, portandola sotto la propria sfera di influenza, riconoscendo in lei Laura, il suo antico e primigenio amore, e poi la getta in pasto ai demoni (figure femminili fameliche e poco vestite), materialmente incatenati nelle segrete del teatro. I suoi sono poteri vampirici, gli stessi che decide di esercitare per l'ennesima volta anche su questa compagnia, dedita ad una sorta di rilettura in chiave musical del Cyrano De Bergerac. Quando finalmente Sandro e gli altri si accorgeranno della presenza del Mostro, riusciranno a liberare Giulia dalle sue grinfie, uccidendo per sempre il Mostro e ponendo fine all'incubo che gravava sul teatro abbandonato.
L'elemento di maggior interesse della pellicola è la regia polselliana, in grado di inventarsi angoli di ripresa e situazioni intriganti. Per essere un film del '64 la componente erotica, sebbene mai esplicita, è piuttosto accentuata, financo con derive saffiche. La figura del Mostro (Stefano Addobbati) è di stampo classico, un uomo d'altri tempi, in frac, con lo sguardo torvo alla Bela Lugosi e una certa familiarità con la tipica ed elegante iconografia campirica (ci sono pure i dentoni da morso al collo). Discutibile il suo armamentario soprannaturale, che sostanzialmente si riduce ad un forcone da contadino, con le punte centrali pure più corte di quelle ai margni esterni, bastone di offesa con il quale intenderebbe tenere in prigionia le sue donne e addirittura cacciare Sandro (al quale occorre appena una torcia per ridurlo in polvere). La sua risata satanica non basta ad intimorire lo spettatore; cosa che invece riesce decisamente meglio a Polselli quando impiega effetti assai "teatrali", per l'appunto, come la totentanz degli scheletri nella penombra dei palchetti vuoti del teatro, o quando mostra i dedali del dietro le quinte. La pellicola è per ampi tratti rovinata, tanto che l'edizione in dvd della Sinister ripristina spesso e volentieri delle sezioni, altrimenti espunte dal master usato, con dei fotogrammi derivanti da VHS. Il film, iniziato nel '61, approda in sala solo nel '64; Polselli riesce a mettere insieme balletti degni di un sabato sera de Il Musichiere (c'è pure una giovane Milena Vukotic), un certo romanticismo gotico, figliole svenevoli, vesti succinte, una recitazione sovraeccitata (quella di Mariani), dialoghi un po' così, comportamente a volte francamente indecifrabili (quando il Mostro lascia fuggire laura per poi mettersi nuovamente alla sua caccia), momenti di autentica tensione con altri di ridicolo involontario. Tuttavia, nella sua pazzoide linearità, il film sa essere divertente e merita a mio avviso comunque di essere recuperato e visto.