Viene naturale associare il debutto di Antonio Bido al filone dei thriller argentiani prima maniera. Gli elementi si sprecano, il titolo zoomorfo, la musica che rimanda platealmente ai Goblin, la protagonista Paola Tedesco pettinata, vestita e incorniciata in maniera estremamente simile a Daria Nicolodi, un omicidio che riproduce molto da vicino quello della vasca da bagno con l'acqua bollente di Profondo Rosso, un personaggio che si chiama Carlo, come quello di Gabriele Lavia in Profondo Rosso e che proprio come quello è una chiave di volta della sceneggiatura, le soggettive dell'assassino, le telefonate con la voce un po' camuffata, la lama che taglia la giugulare, dei ricordi del passato che affiorano e svelano dettagli importanti. A Bido era stato affidato il film col preciso accordo che dovesse tenerlo entro i confini del genere e possibilmente ammiccare a ciò che in quel momento portava la gente al cinema, ovvero Dario Argento. Bido, che non si riteneva un regista di thriller, accetta ma lo fa a modo suo, consapevole che comunque girare un thriller era un modo per dimostrare di avere il mestiere nelle mani. Usa la forma che deve garantire l'incasso ma la riadatta, la manipola, se ne serve come propellente per la sua storia, per altro piuttosto articolata e complessa, comprensiva di false piste e indizi fuorvianti, magari anche un po' cervellotica, ma comunque affatto banale. Con le stesse premesse va giudicato il finale, atipico, del tutto disinteressato alla spettacolarità, ai fuochi pirotecnici, un anticlimax che riporta tutto alla normalità, una chiusa estremamente concreta, realistica, prosaica, per certi versi dimessa, ma proprio per questo, diversa ed efficace. C'è pochissima azione e molta investigazione, Il Gatto Dagli Occhi Di Giada è in fin dei conti un film abbastanza statico ma molto denso, dalla enorme forza centripeta.
Bella la Tedesco e molto più "attrice" di alcune sue colleghe dell'epoca, scelte più per un fattore estetico che per la capacità di infondere tridimensionalità al personaggio. Forse anche un filo algida come personalità, ma nel film ci sta Corrado Pani, con la sua buffa fisicità, un po' Al Pacino, un po' Charles Bronson, un po' Don Lurio, è il protagonista maschile, sornione e ostinato. Gran personaggio anche quello di Ferdinando Cerulli, sgradevole, untuoso e spregevole, dall'inizio alla fine. Il titolo del film è veramente sfidante, non ho capito alla prima perché si chiamasse Il Gatto Dagli Occhi Di Giada, al di là del richiamo commerciale a Dario Argento intendo (questo davvero imposto dalla Produzione e Distribuzione, visto che in origine il film doveva chiamare Commissione Omicidio). In una foto molto importante che si vede nel film, un bimbo tiene in mano un pupazzo di un gatto con gli occhi del colore della giada. Bido ce la mette tutto per confondere lo spettatore, al punto che almeno un paio di elementi si reggono veramente con lo sputo, un filo sottilissimo sul precipizio del'inverosimiglianza. - SPOILER: e mi riferisco alla scoperta che Franco Citti è mancino dalla vista di una tazzina di caffè e al fatto che l'aver visto Giuseppe Addobbati entrare in sinagoga diventi il magnete che richiama a sé tutti i pezzi del mosaico incardinandoli nell'ordine giusto.
Che Bido voglia fare qualcosa d'altro e di più rispetto ad una imitazione di Argento appare chiaro anche da alcune evidenze. Il film ad esempio è totalmente scevro dal minimo elemento sexy, non c'è traccia di erotismo, nessun ammiccamento, nessuna coscia facile, o scollatura ardita, non un nudo né un amplesso. La Tedesco (dico la Tedesco, non Luciana Turina....) si cambia appena un tenero ed innocente bacetto con Pani, ed il suo abbigliamento è assai casto e casual. Nei gialli dell'epoca l'elemento erotico era quasi imprescindibile e spesso si legava in modo importante persino al movente dei delitti. In ugual misura Bido sfugge al sangue, agli effettacci gore, alla violenza gratuita, all'esibizione del saidsmo. Ok, gli omicidi ci sono e sono omicidi, non carezze, ma si fa fatica a vedere il rosso cremisi. Anche quando le gole vengono tagliate le gocce sono talmente risicate che si dubita che la vittima possa sul serio esser morta. A Bido il contenuto interessa quanto e più della forma, e tuttavia non per questo dirige un film sciatto esteticamente o piatto, tutt'altro, solo che ha la sua cifra, il suo stile, che non deve necessariamente essere quello di Dario Argento. Un (altro) elemento di comunione però c'è, ovvero qualche inserto buffo, quasi comico, come quando Cerulli si raccomanda alla Tedesco di non graffiare la sua auto e lei gliela restituisce maciullata, per altro una cosa che fa ridere ma inserita in un passaggio affatto leggero della storia. La scelta degli attori fu un altro frutto del compromesso tra Bido e chi materialmente finanziava il film. Invece che a Pani il regista aveva pensato a Philippe Leroy mentre la Tedesco arrivo semplicemente perché sulla carta la sua notorietà sembrava garantire l'interesse del pubblico e quindi biglietti. Divertente pensare che anziché ricorrere alla solita bellona seminuda intravista nella doccia, Bido rovescia la prospettiva e in vasca da bagno ci mette quell'adone di Cerulli, con tutto ciò che ne consegue, un altro piccolo segno dell'ironia di fondo soggiacente a certe scelte operate dall'esordiente Bido, all'epoca venticinquenne. Il Gatto Dagli Occhi Di Giada è stato il secondo film girato in stereofonia negli anni '70 dopo Suspiria.