Il Dottor Faustus

Il Dottor Faustus
Il Dottor Faustus

L'unica regia accreditata a Richard Burton è questo Il Dottor Faustus, adattamento de La Tragica Storia Del Dottor Faust di Marlowe, 1588. Per la verità il film è co-diretto assieme a Nevill Coghill, drammaturgo irlandese cimentatosi come Burton in una sola regia cinematografica, la stessa di Burton, appunto Faustus. Ex militare nella Prima Guerra Mondiale e amico personale di C.S. Lewis, venne invitato proprio da Lewis a far parte del gruppo Inklings, che raccoglieva intellettuali e letterati del calibro di Tolkien, Owen Barfield e Charles Williams. Fu professore di Letteratura Inglese ad Oxford e tradusse I Racconti Di Canterbury in inglese moderno. Il retroterra culturale e letterario di Coghill esercitò una discreta influenza su Burton quando si trattò di dirigere questa curiosa pellicola nella quale tanto Marlowe (ovviamente) quanto Shakespeare e Zeffirelli si mescolano si piani narrativi totalmente avulsi dalla realtà. Del resto Faustus è il film immediatamente successivo a La Bisbetica Domata, ovvero esattamente l'incontro di Burton (e Liz) con Shakespeare e Zeffirelli. Il lascito di quella esperienza si avverte forte e chiaro nelle immagini, nei dialoghi e nelle scenografie del film. Sin dall'inizio si viene trapiantati in un metamondo fantastico, dai connotati gotici estremamente accentuati, tant'è che quando compare la scritta "Columbia Pictures Corporation presents" ci si stupisce che non ci sia il marchio della Hammer invece.

L'impostazione è prettamente teatrale, vivendo prevalentemente di oggetti e architetture di scena più che di location o personaggi. Non ci sono esterni e fondamentalmente tutto si riduce ad un ping pong a due tra Faust (Burton) e il suo diavolo personale Mefistofele (un eccezionale e sinistro Andrea Teuber). La parabola dell'accademico di Wittemberg è quella di un grandissimo sapiente accecato dalla hybris e dalla volontà di potenza. Faust maneggia ogni scienza e ne vuole di ulteriori; l'occulto, la magia e la demonologia sembrano gli unici saperi rimasti da esplorare, pertanto accetta di votare la propria anima al diavolo pur di godere di ulteriori 24 anni di fama e onnipotenza intellettuale. Lucifero mette al suo servizio il diavolo Mefistofele, beffardamente acconciato a mo' di frate francescano. Per tutto il tempo stabilito dal sacrilego contratto (firmato col sangue), Faust chiede e Mefistofele realizza, fino al giungere del fatidico giorno nel quale Faust dovrà cedere la propria anima a Lucifero e trasferirsi all'Inferno, dannato tra i dannati per l'eternità. Burton si identifica molto con Faust e "pecca" - credo del tutto consapevolmente - di egocentrismo ed autocompiacimento, fissando su di sé la macchina da presa e diventando centro nevralgico di ogni scena. Il suo Faustus parla in terza persona, incontra papi ed imperatori, e gigioneggia vistosamente in loro presenza, bullizzando preti e cortigiani.

Quello di Mefistofele è un personaggio molto particolare, dal taglio sfumato e profondo. Il diavolo ha una forte nostalgia dei giorni empirei, quando come tutti gli angeli poteva godere della bellezza e della beatitudine eterne derivanti dalla presenza di Dio al suo cospetto. Tant'è che descrive l'Inferno come un non luogo, ovvero un qualsiasi luogo lontano da quel godimento la cui privazione trasforma automaticamente la sua esistenza in Inferno inaccettabile. Mefistofele lacrima quando pensa alla cacciata dal paradiso e lacrima anche quando Faust finisce all'Inferno, come se anziché una vittoria fosse una sconfitta per il diavolo. Tuttavia Mefistofele ubbidisce ciecamente al suo vero padrone, Lucifero, tramite il quale viene assegnato ai capricci del volubile Faust. Il dottore scienziato è costantemente in bilico tra ambizione sfrenata e pentimento, tra ardore e paura, e non di rado torna ad invocare il suo (vecchio) Dio nella speranza di essere compreso e condonato. Ma in questi casi Mefistofele agisce con furbizia, talvolta minacciandolo, altrimenti facendogli sfilare sotto il naso una bellissima figura femminile (Elizabeth Taylor).

Solitamente la Taylor viene etichettata in questo film come Elena di Grecia, perché effettivamente ad un certo punto l'Elena omeriana ha le magnifiche fattezze di Liz, tuttavia a ben vedere è una semplificazione riduttiva. La prima volta che la Taylor appare in scena è nel momento in cui Mefistofele stesso si trasforma assumendo le sembianze di quella bellissima donna. Dunque più verosimilmente la Taylor è Mefistofele stesso o quanto meno una sua emanazione diretta. Poi ricompare come moglie dai capelli rossi di Faust, quando il dottore chiede che la più bella donna di Germania gli sia data in sposa. Mefistofele si prende gioco di Faust e fa sfilare donne su donne, la cui bellezza si trasfigura in fisionomie di donne laide e vecchie. Quindi Elizabeth Taylor compare nuovamente, stavolta come spirito della sposa di Alessandro Magno (per compiacere l'imperatore di Faust), con la pelle completamente argentata, come una creatura mitica. Prende poi le sembianze di Elena di Troia ed è a quel punto che Faust si rivela incapace di resisterle, desiderandola più di ogni altra cosa (anche di tutti i suoi saperi). Infine sarà proprio la Taylor ad abbracciare Faust e scortarlo all'Inferno, non più come una compagna languida e premurosa bensì come una diavolessa sprezzante e vittoriosa.

La figura di Faust è quella di un uomo borioso e al contempo fragile, vittima delle proprie emozioni e tentazioni. Ora implora Cristo ora Lucifero, ora teme l'Inferno ora lo rivendica come spregio a Dio. Mefistofele è il suo vero burattinaio e, per proprietà transitiva, lo è Lucifero in persona. Tutta la vicenda è narrata in un clima asfittico e gotico, fatto di luci e cromatismi sopra le righe che ne accentuano il carattere di irrealtà e di racconto paradigmatico. Teschi e scheletri abbondano in scena, con momenti vagamente horror (ad esempio la larva umana cosparsa di vermi). La Taylor si cimenta in un ruolo davvero diverso dal solito, non ha praticamente una sola battuta nel copione (piccola rivincita di Burton?), vive solo di sguardi, movenze sinuose, primi piani e abiti estremamente seducenti. La sua bellezza, esaltata da mise fiabesche, viene così persino elevata a potenza; possiamo vederla corvina, bionda, tutta d'argento, ma anche verdognola e piena di tessuti svolazzanti che ne premiano il décolleté. Il Dottor Faustus di Burton è sostanzialmente un'opera teatrale ripresa per il cinema, un film totalmente statico, ravvivato unicamente dai cambi di scena e dalla potenza iperrealista della rappresentazione. Le critiche all'epoca furono abbastanza feroci e beffarde, come spesso accadeva alla coppia, nonostante anche una colonna sonora davvero eccellente, un po' pomposa - come del resto il film richiedeva - ma assolutamente efficace ed adeguata.

Trailer ufficiale

Galleria Fotografica