
Genitori Quasi Perfetti è quasi - come da titolo - l'esordio come regista di Laura Chiossone. "Quasi" perché in realtà nel 2012 gira un lungometraggio "ibrido" chiamato Tra Cinque Minuti In Scena, che mescola varie forme grammaticali, dal cinema al teatro e al documentario; inoltre la Chiossone ha una solida gavetta di documentarista e regista di videoclip musicali (per Morgan, Pacifico, Marlene Kuntz, L'Aura, Mondo Marcio, Marracash, etc.), tuttavia questo film rientra più "canonicamente" nel novero del cinema italiano "tipico", segnatamente la commedia, anche se il retrogusto amaro è forte, cercato e consapevole. Trattasi di adattamento teatrale di un testo di Gabriele Scotti e Gianna Coletti (già interprete di Tra Cinque Minuti In Scena) chiamato "Palloncini" e piuttosto crudele nei confronti del mondo genitoriale contemporaneo. Crudele eppure al contempo anche caritatevole, nel senso che i genitori vengono mostrati in tutte le loro fragilità, manchevolezze, abiezioni, ma anche per questo lo spettatore è portato ad empatizzare con quella categoria, riconoscendosi in un pezzetto di ognuno di essi, in quanto essere umano (deficitario per definizione). Il linguaggio, come detto, è quello della commedia "inclusiva", ovvero portare quanta più gente al cinema, dissimulando e mimetizzando la riflessione (affatto superficiale) della sceneggiatura in una "forma" più leggera e scanzonata di quanto in realtà sia. Già il passaggio del titolo da "Palloncini" (che ha un preciso significato nel film) all'anonimo e qualunque Genitori Quasi Perfetti intende rassicurare e confortare il pubblico dotato di prole e probabilmente affatto disposto ad essere crocifisso dopo aver pagato un regolare biglietto. Ho riflettuto se inserire anche questo titolo nella mia categoria "Benbow vs Commedia all'Italiana" ma in fondo penso che l'opera della Chiossone non lo meriti poiché, nonostante abbia alcuni tratti in comune con quel filone di commedie ruffiane ed opportuniste, scava più in profondità ed è connotata da una genuina e sentita voglia di fare cinema e di dire qualcosa che non sia solo ed esclusivamente lisciare il pelo al pubblico, o evitare accuratamente di spaventarlo.
Si parte purtroppo all'insegna della solita voce off che contestualizza e dà la quadra sui personaggi che ci vengono rapidamente presentati in sequenza. Parecchi ed affastellati, tant'è che ci si fa l'idea che solo con il prosieguo della storia si riuscirà probabilmente a mettere a fuoco chi fa cosa. Simona (Anna Foglietta) è una madre senza marito, con il piccolo Filippo che sta per festeggiare il proprio compleanno. Nonostante i mille impegni che ingolfano la sua giornata tipo, la brava e coscienziosa mamma organizza la festa con i compagni di classe. Quel fatidico pomeriggio (con bimbi e relativi genitori) si rivelerà un massacro emotivo, un enorme ring nel quale personalità opposte e contrarie (oppure del tutto evanescenti) si incontreranno e scontreranno, mettendo in discussione certezze vere e presunte. Il tutto naturalmente mentre sui bimbi si riversano le tensioni e le frustrazioni dei genitori, preannunciando futuri uomini e donne che diverranno a loro volta genitori altrettanto frustrati. Se si hanno dei figli è praticamente impossibile non riconoscersi nelle riunioni di classe, nei pestilenziali gruppi whatsapp, nelle feste di compleanno che Genitori Quasi Perfetti restituisce con cinismo e con una discreta violenza psicologica. Un panorama di figure umane spesso e volentieri esauste, autoconvintesi di questo e quello, aggrappate a fantasmi la cui presenza dovrebbe dar loro stimoli per continuare a vivere nonostante - e dopo - i figli, ovvero filosofie, religioni alternative, vegetarianesimo, edonismo, citazionismo cinefilo o letterario scambiato per "cultura", o magari la stessa genitorialità intesa in maniera militante e morbosa. C'è una fettina di ognuno di noi in quei personaggi, anche se la tendenza all'esasperazione e alla stereotipizzazione è sempre dietro l'angolo, scarsamente tenuta a freno.
Le mamme ed i papà in questione non sono ridotti a macchiette, ma talvolta il confine si assottiglia parecchio e si fa estremamente labile. Sabrina (Marina Rocco) sostanzialmente lo è, idem Aldo (Paolo Calabresi), non a caso i due ad un certo punto finiscono col trovare una intesa. Nei restanti casi il film riesce a salvarsi prima di precipitare nel burrone, anche se vi oscilla sopra pericolosamente più e più volte. In generale, i vari "discorsi" portati avanti dallo script sono atomizzati in modo troppo manicheo, schierando in campo queste figurine ognuna delle quali si incarica di dare visibilità ad una particolare "deviazione", ad un parossismo specifico, la cui ricomposizione insieme a tutti gli altri fornisce una visione più equilibrata, lucida e credibile del panorama "sociologico" della genitorialità contemporanea. Ma spetta all'occhio di chi guarda questa ricomposizione. C'è insomma una tensione tra l'approfondire il discorso, restituendolo con una certa capacità di analisi, ed il lasciarsi andare all'intrattenimento e ad un galleggiamento di superficie che non venga percepito in modo troppo accusatorio da parte dei genitori seduti davanti allo schermo. La recitazione della Foglietta, come accade sovente, è sin troppo carica a livello ansiogeno. Ha il fiatone, rimbalza di qua e di là, è preda di mille pensieri che le intasano il cervello; d'accordo, una condizione esistenziale che è parte integrante del personaggio, ma è anche parte integrante della Foglietta e della sua chiave interpretativa, indipendentemente dal film che la vede impegnata. Persino il personaggio dell'animatrice (Marina Occhionero), in teoria quello più "normale" del lotto, finisce col farsi carico del momento moralizzante del film quando, dopo aver visto all'opera la fauna di padri e madri al climax del proprio disagio esistenziale, li ammonisce e ne stigmatizza gli atteggiamenti, ritenendo di non poter fare peggio - come madre - di quanto apparecchiato sino a quel momento. Questo afflato morale e politicamente corretto torna altre volte durante gli 86 minuti di pellicola, soprattutto in merito alla questione dell'identità sessuale, che riguarda tanto una madre quanto uno dei figli. Il tutto viene naturalmente risolto in modo quasi fiabesco, con tanto di chiusa a mo' di musical, totalmente avulsa dai fotogrammi precedenti (in realtà fa il paio con l'altro momento da boomer, il rassettamento di casa al suono anni '80 di "Girls Just Want To Have Fun" di Cindy Lauper), un "think positive" che rallegra il cuore ma fa un po' a cazzotti con il cinismo ed il sarcasmo nel quale siamo stati immersi fino a quel momento e che avrebbe reso più verticale la pellicola. Interessante l'analogia con l'infiltrazione d'acqua che via via si ingrossa sul soffitto di casa di Simona e che deflagrerà con squisito tempismo assieme al detonare della guerriglia sviluppatasi durante la festa di compleanno.
"Siamo poco credibili, inadeguati, immaturi, mancanti, a tratti persino rivoltanti" - sembra dirci il film - ma siamo tutto ciò che abbiamo a disposizione, non ci sono alternative o seconde uscite, siamo gli unici genitori che i nostri figli potranno avere; prendiamo coscienza di quanto possiamo cadere in basso, per farne tesoro e migliorarci ogni giorno. Il che, di per sé, è vero e condivisibile ma - per dire - un Carnage di Polanski ci fa compiere il medesimo viaggio con tutt'altre vibrazioni e spunti di riflessione, magari meno bonarie, ma capaci di albergare dentro lo spettatore molto più a lungo, una volta scorsi i titoli di coda. In ogni caso, il pollice è tutto sommato volto verso l'alto, per essere una commedia italiana che vuole far riflettere, siamo fortunatamente fuori dalla palude dei prodotti più mesti che la nostra industria cinematografica è stata in grado di confezionare negli ultimi due decenni (forse anche per via del fatto che, una volta tanto, non si è scelto sempre il solito cast di facce note e abbonate a ruoli consumati e metabolizzati col pilota automatico). Locandina orrenda, come da programma.