Nel 1982 David Mamet scrive Edmond, nel 2005 ne viene tratto un film diretto da Stuart Gordon e la cui sceneggiatura è scritta sempre da Mamet. Curiosa la scelta di Stuart Gordon, nome di culto nel circuito di nicchia del weirdo e del bizzarro con pellicole come Re-Animator (1985), From Beyond - Terrore Dall'Ignoto (1986) e Robot Jox (1990). E, per altro, script problematico da trasporre sul grande schermo data l'intensità, il nichilismo e la cupezza del soggetto. Quella di Edmond "pioggia di sangue" è la vicenda di un underdog, un dissociato, un impiegatino della working class americana che in una notte ribalta di 180 gradi il proprio destino autodistruggendosi. Tutto ciò che vediamo accadere è annunciato sin dall'inizio, quando Edmond (William H. Macy) si fa predire il futuro da una cartomante; questa gira tarocchi terribili, uno più apocalittico dell'altro e ne trae la conclusione che Edmond stia vivendo una vita che non gli appartiene e non lo rappresenta. La lingua batte dove il dente duole e tale sentenza risveglia in Edmond qualcosa di latente, una insoddisfazione che evidentemente già covava in modo inconsapevole nella sua anima. Inizia lasciando la moglie (una fascinosissima Rebecca Pidgeon, moglie di Mamet nella realtà) e si avventura in città, girovagando da bar a strip club, facendo pessimi incontri e scivolando passo dopo passo nell'antro più remoto dell'inferno.
Edmond è un personaggio complesso, analitico, riflessivo, dispersivo ed inconcludente nel suo costante esame della realtà, eppure estremamente determinato nel mettere di volta in volta in pratica ciò che crede di aver imparato. La sua strada è piena di cattivi maestri, dalla fattucchiera al colletto bianco (Joe Mantegna) che al bar gli rappresenta un affresco razzista e fatalista dell'esistenza (che contempla l'autodistruzione), per poi indirizzarlo verso un locale dove Edmond potrà "fuggire dalla realtà" nel più classico dei modi, pagando una ragazza e godendone i favori. Si tratta di Denise Richards ma Edmond non raggiunge l'obiettivo, perdendosi (come sempre) in una serie di pedanterie ed ossessioni che ne minano continuamente l'esistenza. Da quel momento in poi Edmond non farà altro che peggiorare la situazione, metterà in fila diverse donne (due prostitute, Bai Ling e Mena Suvari), una cameriera (Julia Stiles) ed una passeggera della metropolitana (Patricia Belcher) che diverranno tappe in successione del suo viaggio entropico. - SPOILER: la notte di Edmond terminerà al distretto di Polizia e poi in cella, accusato di aver assassinato brutalmente una donna (la cameriera). Il film si conclude in carcere, come la vita di Edmond, dapprima costretto a dividere i suoi metri quadrati con un gigante di colore (Bokeem Woodbine) che lo obbliga a rapporti sessuali; poi in qualche maniera conformatosi a quell'ambiente angusto ed alla sua nuova vita fatta di condivisione di riflessioni ed esperienze esistenziali con il suo compagno di cella.
Edmond mi ha ricordato Un Giorno Di Ordinaria Follia, la pellicola di Gordon (e Mamet) sembra la versione infinitamente più cruda, pessimista e feroce della storia di D-Fens/Michael Douglas. Qui c'è un certo gusto sadico nel far capitare a Edmond tutto il peggio che possa capitargli, l'applicazione scientifica della legge di Murphy. Edmond è un fragile, un debole, un individuo privo di strumenti culturali e psicologici che possano schermarne la follia e la colonizzazione da parte di terzi. Ciò che gli viene detto è oro colato e, nonostante subisca uno smacco dopo l'altro, è praticamente sempre pronto ad abboccare all'amo successivo. Con la stessa "leggerezza" ed inconsapevolezza arriva a commettere atti di violenza e sopraffazione, quasi senza rendersene conto. In carcere Edmond addiviene alla convinzione che tutto sia preordinato e che l'uomo non abbia controllo sul proprio destino; di fatto Edmond non lo ha avuto, ma per propria inadeguatezza, che lui scambia per onnipotenza del destino. Nel film questo viene abilmente reso attraverso la lettura delle carte da parte della maga e poi con il ritornare assillante del numero 115 (l'orario di un appuntamento, il civico della bottega della donna dei tarocchi, il numero della sua cella). Edmond conclude la sua parabola tra quattro mura, in qualche misura "protetto" e contemporaneamente isolato dal contesto di normalità del mondo esterno, un luogo nel quale un alieno come lui non è (più) in grado di vivere. E l'espressione della ex moglie che lo va a trovare e che, davanti all'ennesimo discorso sconclusionato di Edmond, realizza da cosa sia "scampata", è emblematica.