Lo Squalo aveva lanciato Spielberg nel firmamento delle grandi promesse del cinema americano, Incontri Ravvicinati Del Terzo Tipo ne aveva ribadito la caratura, 1941 - Allarme A Hollywood segnò una battuta d'arresto inaspettata, I Predatori Dell'Arca Perduta lo rimise in rampa di lancio, stavolta da regista consacrato, E.T. arrivò quindi come il parto di un autore con la A maiuscola, oramai definitivamente riconosciuto e sdoganato. Io lo vidi al cinema, con i miei genitori, avevo 8 anni e ricordo di aver provato suppergiù le stesse emozioni di Elliot (Henry Thomas) il protagonista, che all'epoca ne aveva pochi più di me, 11. Uscì eccitato, estasiato, appagato dalla storia che mi era stata raccontata per immagini, era qualcosa di grandioso, di enorme, di inimmaginabile se non lo avessi visto con i miei occhi. Era il film che un bambino di 8 anni doveva vedere. Avevo provato tutto, paura, avventura, affetto, trepidazione, stupore, meraviglia, inquietudine e me ne sarei ricordato per molto molto tempo.
Trentasei anni dopo mi sono ritrovato a rivedere E.T. accanto ai miei figli, in un caldo pomeriggio primaverile fatto di luce, un divano, un bluray e tante aspettative derivanti dai racconti del babbo che aveva visto quel film all'incirca alla stessa età. Probabilmente il miglior modo per riprendere in mano E.T. e riassaporarlo nel giusto contesto. Se parlate di questo film con qualcuno il feedback che ricevete in ritorno è mediamente negativo, se addirittura l'interlocutore magari non lo ha mai visto da bambino e lo vede per la prima volta da adulto...ohi ohi! Certamente, tra i vari film di Spielberg, E.T. è uno di quelli invecchiati peggio, ma attenzione, solo da un punto di vista estetico. E' vero che a livello di effetti speciali risulta più datato di qualsiasi sua produzione dello stesso decennio o persino precedente, è vero che i tempi del racconto sono estremamente più lenti di quelli ai quali siamo abituati oggi in sala (il che non è necessariamente un male, tuttavia i bambini sono iper stimolati dai Media e dai videogiochi, e la differenza la avvertono) ed è vero che in modo ancora più marcato rispetto ad altre sue pellicole qui Spielberg cerca testardamente la commozione, il sentimentalismo, la sintonia emozionale con il suo spettatore di riferimento (e questo solitamente disturba l'utente più cinico e smaliziato). Ma chi è lo spettatore di riferimento di E.T.? Un pubblico di bambini, i quali non hanno nessun timore ad essere "emozionati" dal racconto che viene loro offerto, non hanno nessun problema "sociale" nel dover gestire i sentimenti e gli stati d'animo che in modo spontaneo e genuino una storia può suscitar loro. I bambini ci stanno, sono disposti a stringere il patto con Spielberg e a lasciarsi trascinare figurativamente nei giardini di Kensington, assieme a Peter Pan, Wendy, Campanellino e tutto il resto della compagnia. La retorica, la melensaggine, il languore, il buonismo sono universi semantici sconosciuti ai bambini; loro si dispongono in modo recettivo a vivere ciò che Spielberg racconta e Elliot vive in prima persona. Ed esattamente come si crea una simbiosi tra Elliot ed E.T., se ne crea una uguale e parallela tra i piccoli spettatori e il film.
Spielberg narra palesemente una storia che è rivolta ai bambini, quelli anagrafici e quelli che albergano dentro gli adulti (sempre che non siano soffocati prima). Non può che essere un piacere riscoprire E.T., persino alla veneranda età di -anta anni, perché oltre che un "classico" del cinema di fantascienza e avventura per ragazzi, rimane un paradigma universale di accoglienza, solidarietà, generosità, umanità, protezione, fratellanza, curiosità verso la diversità. E' la versione di Incontri Ravvicinati per i piccoli. Ecco allora che anche l'aspetto più grossolano e meno raffinato dell'astronave, della creatura stessa (per cui Rambaldi vinse l'Oscar), una sceneggiatura a tratti simbolica e stilizzata (gli scienziati cattivi mai inquadrati in volto, affinché siano esclusivamente una "minaccia" incombente, senza volto; tutta la prima parte giocata sui dettagli, sulle luci, su piani stretti; la costruzione estremamente "ingenua" del trasmettitore stellare), il punto di vista "narrativo" ossessivamente incentrato ad altezza bambino, sono tutti elementi che trovano una fisiologica giustificazione.
Spielberg gioca in modo completamente diverso in E.T., perché diversa è la finalità che si propone di ottenere. Ne Lo Squalo la bestia non si vede mai, è dosata col contagocce e per buona parte del film ne aspettiamo ansiosamente la comparsa. In E.T. l'alieno è in scena nel primo fotogramma, lo seguiamo da subito e lo vediamo continuamente. Spielberg non ci vuole spaventare (anche se un filo d'inquietudine fa comunque parte del gioco), le atmosfere non possono essere giocoforza quelle de Lo Squalo. E.T. è un film inclusivo e non esclusivo, Elliot accoglie, Martin Brody uccide il predatore, con il quale è impossibile instaurare qualsiasi forma di comunicazione e condivisione. Cionondimeno E.T. ha momenti fortissimi ed intensamente drammatici. Continuo a trovare sconvolgente quando Elliot urla disperatamente agli scienziati che E.T. era venuto appositamente per lui, aveva scelto lui, aveva cercato lui, e separarlo da Elliot non potrà che ucciderlo. E' un legame assoluto che sta per essere spezzato, quello di due fratelli, ancorché interplanetari, ed Elliot lo vive nella più tragica delle condizioni. Non ci si mette molto a capire che Elliot è il piccolo Spielberg, nato e cresciuto nella provincia americana e totalmente immerso in mondi di fantasia, creativi e fantastici, una valvola di sfogo da una realtà magari sgradevole. Anche i genitori di Elliot sono separati, esattamente come accade nella famiglia di Spielberg. E.T., per quanto fiabescamente, sa essere uno spaccato di quel piccolo mondo antico americano, "solo" una favola direbbe qualcuno, ma tenacemente verosimile.
La Columbia Pictures all'epoca defenestrò il copione ritenendolo "uno stupido film della Disney", Spielberg dovette rivolgersi alla Universal. Lo stupido film della Disney era la cosa più autobiografica che Spielberg avesse mai fatto, e la sceneggiatura si basava su un soggetto pensato da un ragazzino che nel 1960, dopo il divorzio dei genitori, colmò quel vuoto e quel dolore inventandosi la presenza immaginaria di un amico alieno. Magari senza la meravigliosa musica composta da John Williams (altro Oscar) ma l'embrione del racconto era il medesimo. Il Times in modo illuminante scrisse: "Criticare E.T. in termini ordinari è come criticare le tecniche di struttura dell'Iliade, le motivazioni dei personaggi di Cenerentola o la zoologia di King Kong. Come loro E.T. è passato nell'universo delle mitologie, dove contano solo le leggende."
P.S. ah, dimenticavo.... ai miei figli è piaciuto tantissimo.