Dolci Vizi Al Foro nasce come musical teatrale nel 1962 (A Funny Thing Happened On The Way To The Forum), ispirato dalle commedie di Plauto, e viene poi trasposto sul grande schermo quattro anni dopo. L'intento è anche un po' quello di parodiare i grandi sandaloni hollywoodiani ambientati nell'antica e depravata Roma. Come anche per Boccaccio molti secoli dopo, le peggiori nefandezze umane, triviali ma assai comiche, ovvero la lascivia, la lussuria, l'invidia, l'avidità, la vigliaccheria, la mediocrità, la superbia e quant'altro, sono il motore di ogni azione in questa sgangheratissima pochade ante litteram nella quale uno schiavo di nome Pseudolus (Zero Mostel) cerca di conquistare la propria libertà favorendo i capricci sentimentali del proprio padroncino, un cretinetti di nome Hero (Michael Crawford). Hero ha due genitori terribili, una vecchia matrona acida (Patricia Jessel) truccata come un manichino, ed padre un debosciato e totalmente succube della donna (Michael Hordern), è servito da Pseudolom, il peggior gaglioffo di Roma, come anche da Hysterium (Jack Gilford), capo schiavo servile e omosessuale inconsapevole. Vive accanto ad un mercante di prostitute (Phil Silvers) e si innamora di una di loro (Annette Andre), già in pegno ad un vanaglorioso e testosteronico centurione (Leon Greene). A questa sciancata combriccola si aggiunge un terzo vicino di casa, Erronius, eterno vagabondo (nomen omen, come del resto molti in questa commedia) alla ricerca dei figli rapiti dai pirati. Erronius è Buster Keaton, il quale qui interpreta il suo ultimo ruolo in carriera, già malato terminale di cancro.
In Dolci Vizi Al Foro tutto è un pretesto per ridere in modo spensierato e tratti anche un po' crasso. Per essere un film del 1966 mostra già una certa sfrontatezza riguardo ai corpi femminili. Per altro le donne in quanto tali non ne escono benissimo, la sceneggiatura ha un taglio misogino, visto che le signore o sono bellissime sciantose che vendono il proprio corpo, o sono delle complete inette incapaci perfino di contare (la Andre), oppure ancora delle megere insopportabili (la Jessel), ridicolizzate sin dall'aspetto. Intendiamoci, non che ci siano personaggi maschili positivi o politicamente corretti, anche in questo caso si tratta di truffatori conclamati (come Mostel e Silvers), burini tronfi (come Greene), o dei deficienti totali (come Gilford), e certo esteticamente non si può parlare di adoni. L'unica figura vagamente poetica è quella di Keaton verso il quale si mantiene un certo rispetto ossequioso. Ma del resto, come detto, il film di Lester mira a divertire e dissacrare senza tanti fronzoli e senza tanti grattacapi, sebbene venga da chiedersi se oggi un film del genere sarebbe stato possibile, una sorta di farsa del Bagaglino infinitamente più raffinata, colta e ben fatta.
C'è molta musica lungo i 99 minuti di pellicola e la cosa non stupisce considerando che la base di partenza è appunto un musical. Lester ne conserva l'impianto e dispensa diversi numeri musicali sotto forma di canzoni tra una situazione e l'altra. L'incipit del film è divertente, con i titoli di testa che costituiscono di fatto il trailer di ciò che vedremo e il buon Pseudolos - autentico mattatore - che fa da narratore e cornice, contestualizzando il tutto, e rivolgendosi anche direttamente allo spettatore. Ma accadrà spesso che i personaggi abbattano la fatidica quarta parete, tirando dentro il pubblico in prima persona. C'è spazio anche per una furiosa corsa di bighe con i cavalli, un lungo intermezzo ad un passo dalle comiche di Benny Hill, davvero robustamente strutturato e coreografato, che fa scivolare quella porzione di film nella commedia slap-stick. Dolci Vizi Al Foro ricevette l'Oscar per la colonna sonora anche se, va detto, nella trasposizione in Italiano, molti giochi di parole vengono persi o modificati.