Penultimo dei delitti milian-corbucceschi, che mi si va a situare tra quello sull'Autostrada e quello al Blue Gay (che esce sempre nell'84, tuttavia Delitto In Formula Uno viene girato nell'83 poiché un calendario nel film, alle spalle di Tomas Milian, tradisce la data di aprile 1983). Alterna buoni momenti ad altri più fiacchi, come spesso accaduto nella serie dedicata a Nico Giraldi. L'idea però è buona, andare ad esplorare il mondo delle gare della Formula Uno, facendo così un upgrade dai bestioni delle autostrade alle pantere dei circuiti da corsa. Gli omicidi su cui Giraldi deve indagare sono due, contemporanei, apparentemente sconnessi l'uno dall'altro ma in realtà legati. La trama investigativa poliziesca si deve bilanciare come da consuetudine con quella comica, che riceve a conti fatti più attenzioni. Le indagini infatti vanno a singhiozzo in sceneggiatura, ricevendo dei veri e propri stop 'n go tra una parentesi e l'altra delle rocambolesche beghe matrimoniali e professionali di Nico. Pure stavolta infatti abbiamo femmine che gli fanno girare la testa, problemi con la moglie (un nuovo "regazzino" in arrivo in famiglia), problemi col cognato (Sergio Di Pinto), un fregnaccione poco di buono, e problemi col giudice istruttore Enzo Garinei, che arriva persino a sospendere Nico dal servizio a causa del suo appoggio al cognato, ladro d'auto e coinvolto, suo malgrado, in uno degli omicidi chiave dell'indagine.
Milian nell'ordine è alle prese con: Bombolo, meraviglioso Venticello che non ne vuole sapere di stare fuori dal giro della Mala, e che vive di espedienti, aiutando al contempo l'amico fraterno Giraldi e trovandosi sempre nel posto sbagliato al momento sbagliato. Tra i due il conto degli schiaffoni non è mai in pari, verso metà film Venticello - che annota scrupolosamente le rimanenze sul suo taccuino personale - conta 3900 e passa chiaffoni da ricevere ancora. Scopriamo infatti che la questione ha radici antiche, fin dall'infanzia, quando Venticello, di 4 anni più grande di Giraldi, lo picchiava per bullismo; divenuti grandi, l'ispettore decide di rimettere in pari i conti. Pino Colizzi, ingegnere a capo del team Miraggio che gareggia in Formula Uno; nonostante gli sforzi di sceneggiatura (e l'ottima statura di attore di Colizzi), ci si mette veramente pochi secondi a capire quale è il suo ruolo nella faccenda. Dagmar Lassander, moglie di Colizzi nel film, sempre stupenda, anche se qui è sacrificatissima, poche scene e sempre imbacuccata (...ma che charme!). Olimpia Di Nardo, incrollabile moglie di Giraldi (indimenticabile la sua mise da Loredana Bertè), capace di risollevare le sorti del marito quando tutto volge al peggio. Massimo Vanni, aka Gargiulo, spalla insostituibile di Giraldi, nonché presenza fissa di molti poliziotteschi italiani degli anni '70. La sua esplorazione della casa dell'ispettore alla ricerca della bomba è uno dei momenti cult del film. Licinia Lentini, praticamente la "femmina" del film, con lei Milian gira la scena della palestra di aerobica dove, oltre alla scollatura generosa della Lentini, assistiamo alla danza vorticosa di un Giraldi controfiguratissimo, vestito con la solita tuta da metalmeccanico, ricoperta di stracci fluo annodati alla bene e meglio (veramente trash). Chiaro come questo inserto danzereccio vada alla rincorsa del trende cinematografico danzereccio dei vari Flashdance e film travoltiani. Isabel Russinova, speaker di Radio Dimenssione Suono (e vai di marchettone), bella chioma, presenza inutile. Maria Grazia Buccella, cassiera sexy, svampita e di coscia longa, siparietto totalmente decontestualizzato ma tutto sommato divertente. Isaac George, cameriere di casa Colizzi/Lassander, pure lui ha uno scambio di battute fenomenale con Milian. Jimmy Il Fenomeno, fermato in questura per petomania, ma lui del resto ha l'aerofagggia (con tre "g").
Molti altri sono i caratteristi presenti, dal già citato Sergio Di Pinto a Ennio Antonelli, da Aldo Ralli a Leo Gavero e Marcello Martana, per un film che vive molto di comparsate e piccoli sketch. Giraldi spara battute a profusione, naturalmente sempre volgarissime e romane de Roma. Momento che non ti aspetti, quando Giraldi, sospeso dal servizio, si ritira sconfitto nella sua Fiat Ritmo Abarth rossa a piagnucolare e, sulle note del "L'Italiano" di Toto Cutugno, si lascia consolare da Olimpia Di Nardo. E il tasso nazional popolare del film s'impenna. C'è pure un cameo di Sergio Corbucci, è il passante al quale Giraldi chiede le monete per telefonare, e che gli allunga una banconota da mille lire. L'inseguimento finale è un altro highlight kitsch della pellicola, primo perché quei trabiccoli tutto sono fuorché credibili monoposto da Formula Uno (qualcosa a metà tra dei prototipi e degli accrocchi maldestri di cartapesta), secondo perché l'inseguimento di per sé è bruttino, bisogna sforzarsi un po' per crederci insomma (quando si molleggiano sulle scalinate romane, con Nico tutto infagottato dentro al casco, spunta il sorriso), e pure la chiusa con i girotondi sullo sterrato...vabbè. Tra l'altro Milian gira tutto il film sistematicamente intabarrato da testa ai piedi con sciarpa guanti e cappello (pure quando gioca a biliardo, pure quando dorme), e onore al merito... credo che dentro la "divisa" ci fossero 40 gradi, solo un cubano avrebbe potuto sopportare simili abiti di scena.