Cinema indipendente italiano, di quello escluso dai circuiti che contano, niente festival d'essai, niente sale, direttamente in video. A cura della Excelsior Cinematografica, casa produttrice che un po' di soldi da investire li ha, a giudicare dalla mole di titoli annunciati per il futuro sulla sua homepage (con tante attrici in cartellone) e dalla qualità professionale di quelli effettivamente realizzati sin qui. Quel nome poi, Excelsior, che a molti evocherà un certo passato di patinata carta stampata... Giorgio Molteni è un laureato in sociologia, regista, documentarista e sceneggiatore classe 1949, con una discreta gavetta (tra i suoi scheletri nell'armadio anche la serie televisiva Rai Capri, se qualcuno se la ricorda, mi auguro per voi di no).
Come Ti Vorrei è l'ultima sua fatica in ordine di tempo. Frase di lancio "come trasformare...la moglie in amante". La trama vede una coppia formata da Leonardo De Carmine e Giulia Di Bastiano (consorte più giovane) un po' in crisi. Sono 10 anni di matrimonio e la passione si è già affievolita. Lui passa tutto il giorno sulle scartoffie d'ufficio, lei è una casalinga annoiata e iper polemica. Sono sportellate ad ogni dialogo ed il menage ristagna stancamente. Come da copione, entrambi cercano sollazzo altrove, lui con sgallettate pronto uso, lei addirittura con una saffica compagna di letto, fino a che.... - SPOILER: tutto è bene quel che finisce bene, entrambi scoprono che le agognate trasgressioni possono essere soddisfatte anche all'interno del matrimonio.
Il film da simpatico mi è diventato rapidamente indisponente. La situaziione di partenza poteva essere familiare a molti coniugi all'ennesimo anno di matrimonio. La routine, l'abitudine e la noia sopraggiungono, è fisiologico, e contestualmente si abbassa la soglia di tolleranza verso i piccoli/grandi difetti di chi ti dorme accanto, notte dopo notte. Se la cornice pareva dunque all'insegna del verismo, credibile e riscontrabile nel quotidiano di ognuno di noi, la piega che ben presto prende la storia ha del bislacco, premeditato per di più. Da una parte c'è l'evidente smania di creare contesti erotici, dall'altra il proposito di andare in cerca dell'esito più "trasgressivo", audace, borderline possibile. Il personaggio della Di Bastiano è insostenibile, sovraccarico, pesante, battagliero, aggressivo 24h, una moglie che sarebbe stata abbandonata sull'autostrada ben prima delle nozze di stagno. Un semplice tradimento poi sarebbe sembrato troppo poco, troppo ordinario, per un personaggio di tale statura, e allora tuffiamoci nel lesbismo, che accontenta (anche e soprattutto) il pubblico dei maschietti, oltre che delle spettatrici istruite di Sex And The City.
I vari personaggi comunque sono uno peggiore dell'altro, la segretaria di De Carmine, Monica Rogledi, è un'arrivista calcolatrice e disinibita, degna compare della sfilata di conigliette spogliarelliste del Pepenero, sexy discoteca milanese generosamente pubblicizzata dal film. L'unica donna non avvenente di tutto il gallinaio è ovviamente lì per essere oggetto di scherno (si chiama pure Zita Sogliola). Né va meglio con gli uomini, irrimediabilmente puttanieri e bamboccioni. Una parata di figure poverette e meschine il cui unico pregio è la smagliante forma fisica (perlomeno nel caso delle attrici). Insostenibile il finale, nel quale - dopo che la moglie scopre le scappatelle del marito - i due protagonisti si riappacificano all'insegna del "...mbè me lo potevi dire prima, che problema c'è!". Grandi questioni filosofico-esistenziali risolte a letto, mica ci voleva tanto. La bisessualità della Di Bastiano non va da nessuna parte (men che mai la sua compagna, tanto vezzeggiata ed adorata durante gli accoppiamenti muliebri che il sociologo Molteni si guarda bene dal lasciare nel vago). Neppure si arriva a comprendere il grado di lucidità del maritino De Carmine, una banderuola al vento in ogni situazione che richieda una decisione post adolescenziale. Del resto, dato che il suo collega e amico di bagordi è praticamente Lucignolo, c'era poco da aspettarsi. Come Ti Vorrei è un film tecnicamente valdio e con tanta bella carne in mostra, ma semanticamente irritante per la sua strategica ricerca della trasgressione a buon mercato. Ecco, la differenza con un buon Brass d'annata è che qui manca del tutto la genuinità, l'autenticità, la schiettezza; per quanto paradossale possa suonare, Brass inscena il peccato senza malizia, qui è l'esatto contrario.