
Un fanta-thriller che prende spunto, origine ed ispirazione da La Parola Ai Giurati, un'idea bizzarra ma che potrebbe risultare molto originale. Se ne incaricano Aaron Hann e Mario Miscione, registi di Circle, pellicola low budget americana del 2015. Il contesto è un po' quello dei Manetti Bros di L'Arrivo Di Wang, ovvero un'idea forte calata in una scenografia claustrofobica, una sceneggiatura che vive trasmettendo la fantascienza agli spettatori esclusivamente mediante dialoghi e recitazione, con un minimo di disvelamento finale dell'enigma. Effetti speciali ridotti all'osso ed una tensione costante. Almeno sulla carta, questi gli ingredienti costitutivi di Circle (non possono non venire in mente anche Cube e la saga della sega, Saw). 50 individui, apparentemente assortiti in modo vario e casuale (neri, bianchi, asiatici, uomini, donne, giovani, anziani, sani, mutilati, malati, etc.) occupano ciascuno una casella circolare di un'area altrettanto circolare. Al centro una specie di sfera nera che ad intervalli regolari di 2 minuti elimina fisicamente una vittima mediante una specie di scarica elettrica. Vietato lasciare il cerchio che si occupa, anche in quel caso, è morta certa. Non c'è ragione, non c'è spiegazione, non c'è memoria del quando, come e perché, bisogna solo sopravvivere, se possibile, allo sterminio. Un ulteriore dettaglio, ognuno dei presenti, muovendo la propria mano può esprimere una sorta di voto su chi debba essere il prossimo sacrificato, indirizzando la scarica. Dopo i primi istanti di spaesamento, iniziano a delinearsi strategie, riflessioni e soprattutto bassezze umane. Si creano fazioni su basi ora etniche, ora morali, ora del tutto casuali. La legge della sopravvivenza richiede di mettere a nudo il proprio vicino, magari evidenziandone le scarse virtù etiche, perché nero, immigrato, omosessuale, poco produttivo per la società dei consumi, madre single.
Perché sta accadendo questo massacro e perché proprio a loro? Parallelamente all'incessante materializzarsi delle scariche (preannunciate da una ansiogena musichetta ad orologeria), la piccola comunità votata al martirio cerca di interrogarsi sulle ragioni di una simile situazione senza uscita, poiché forse in quelle motivazioni potrebbe risidere la salvezza. Quei pochi che ricordano qualcosa sul "prima", hanno vaghe immagini di loro stessi intenti a fare qualcosa, poi il buio, ed il risveglio in questa specie di camera da esperimenti, dove dominano il rosso ed il nero, come in una roulette (russa.... anzi aliena). Se si trattasse di extraterrestri? Già, e perché? Per un'indagine "sociologica". E a che scopo? Vedere di che pasta sono fatti gli umani, come si comportando davanti a decisioni estreme. Studiarci facendoci ammazzare l'un l'altro? Che bizzarria. Ma perché no? E mentre tutto ciò accade, uno dopo l'altro i 50 piccoli indiani vengono decimati, secondo regole, alleanze e casualità feroci. Vietato affezionarsi ad uno dei personaggi, perché anche quelli più "protagonisti" cadono a terra inesorabilmente. Apparentemente non ci sono vie di uscita, tutte è segnato, sarà un'ecatombe. Il confronto continuo fa emergere i caratteri dei personaggi. Pietosi, cinici, anche disumani. Chi mente, chi gioca sporco, chi sembrerebbe puro d'animo, chi assolutamente innocente perché ha solo 7 anni. Madri che portano un figlio in grembo, cinquantenni con un cancro in regressione, messicani che neppure riescono a parlare l'inglese, bancari con la parlantina facile, poliziotti razzisti, afroamericani vittimisti, lesbiche fiere, soldati d'istanza in Afghanistan. Non c'è scampo per nessuno, la massa orienta le scariche e, chi prima, chi dopo, i corpi vanno giù.
87 minuti interamente condotti in un 'unico ambiente, con unità di tempo e spazio. Quello che vediamo scorrere è il cronometro che segna esattamente quegli 87 minuti di vita nelle esistenze della cavie da laboratorio. I loro ragionamenti talvolta appaiono superficiali e grossolani, ma in una simile situazione di tensione e minaccia (mortale) incombente non c'è tempo per una gran filosofia, e neppure per la generosità d'animo. Gli stereotipi netti e manichei sono propedeutici ad alimentare i confronti verbali tra i personaggi, esattamente come le barzellette con l'italiano, il tedesco, il francese, lo svizzero, etc. I registi risolvono visivamente la decimazione facendo sparire i cadaveri, il che forse toglie un po' di tensione al film. Dove vanno a finire i morti? E cosa accadrà quando si arriverà agli ultimi due? Non si possono votare caselle vuote, non si può votare per se stessi, e se entrambi non votassero andrebbero al ballottaggio, morendo entrambi. L'unica soluzione? Uno dei due dovrà astenersi e soccombere per far vivere l'altro. - SPOILER: giunti al terzetto finale, un ragazzo propone alla bimba di 7 anni di sacrificarsi insieme a lui, lasciando in vita la donna incinta poiché portatrice di una vita ancora neppure nata. Tra le lacrime la piccola Katie accetta, ma è vittima dell'inganno di Eric, che vota a tradimento per la futura madre proprio mentre la bimba esce dal suo cerchio, rimanendo di fatto l'unico in vita. Istanti di panico, il gioco non finisce, c'è ancora un ballottaggio da risolvere, lui ed il feto, e ancora una volta Eric uccide qualcun altro al posto suo, senza rimorsi né pentimenti. Si risveglia sulla Terra, a Los Angeles, mentre un gruppo di persone guarda attonito un astronave in cielo. Cosa sta per accedere, è tutto finito e gli alieni (magari un po' schifati) stanno per abbandonarci al nostro destino, o è l'inizio dell'invasione?
L'idea, come detto, è interessante, e fino alla fine si rimane con la voglia e la curiosità di sapere come andrà a finire. Detto ciò, non tutte le caratterizzazioni sono riuscite col buco, qualche stralcio di dialogo è un po' forzato, la recitazione è statica ed accentuata - e non potrebbe essere altrimenti, incasellati come sono gli attori - il finale (a mio parere) è troppo aperto e non regge la tensione accumulata per tutto il film. Ovviamente lo spessore introspettivo della giuria popolare di Twelve Angry Men è lontana galassie e galassie solari. Con i pochi mezzi a disposizione tuttavia la pellicola si rivela tutt'altro che malvagia, la regia attua brillantemente tutto il dinamismo necessario a non far sentire allo spettatore la pesantezza delle catene che inchiodano il film ad un luogo unico e mi rimane il capriccio di immaginare la stessa sceneggiatura affidata ai suddetti Manetti Bros, i quali avrebbero saputo infondere ai fotogrammi qualcosa che invece è del tutto assente, l'ironia.