Ava

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Ava è una produzione esclusiva Netflix, in Italia uscita direttamente in tv ma in America anche in sala. Sul canale in streaming è stato il terzo film più visto nel giorno del suo debutto, ed il primo nel secondo giorno; classifiche che valgono quel che valgono dato che la curiosità del pubblico (adeguatamente solleticata dal marketing) non necessariamente dà la misura della qualità di un prodotto. Dando un'occhiata anche sommaria ad Ava, proprio come "prodotto", non può non apparire marchiana la sua derivazione. Proprio recentemente avevo visto Anna di Besson (2019), del quale Ava pare la fotocopia (o la reintrepretazione, a voler fare bella figura). Nome femminile come titolo (e qualcuno certamente si ricorderà di Nikita), eroina bella e letale nell'arte del combattimento e delle armi da fuoco, guerra di spie, maschi collaterali usa e getta, azione a profusione, una particolare predilezione per elaborate scene di lotta, musica adrenalinica, fotografia fredda e un po' algida. Anche esulando da Anna, basti pensare ad Atomic Blonde, Red Sparrow, fino a risalire a Gina Carano in Knockout o alle svariate pellicole action con Angelina Jolie; il solco è esattamente quello e stavolta è Jessica Chastain a cimentarsi con lo stereotipo della bella che mena. Il film ha avuto una gestazione un po' travagliata visto che il regista Matthew Newton ha dovuto lasciare la sua sedia in piena bufera #MeToo a seguito delle accuse di violenze domestiche perpetrate alla fidanzata. La sostituzione con Tate Taylor non è bastata a placare le polemiche, legate anche alla Chastain, eroina del movimento femminista contro le molestie sessuali e la violenza sulle donne, stigmatizzata per il suo silenzio nei confronti di Newton. Anche il titolo passa dall'iniziale Eve ad Ava, pur conservando la palindromia.

Ava è una ex tossica ed alcolista al servizio di un'organizzazione che la spedisce in giro per il pianeta ad uccidere dei bersagli. Una bad ass girl (con le magliette dei Misfits) che però ha il vizio di chiedersi quali colpe le sue vittime abbiano commesso per meritare di morire. La sua ultima missione in Arabia si complica notevolmente e, pur uccidendo il bersaglio, solleva un gran polverone (sterminando decine di altre persone per aprirsi una via di fuga). Il suo capo Duke (John Malkovich) fatica non poco per farle risparmiare la vita e metterla semplicemente a riposo per un po'. Nel frattempo Ava ne approfitta per tornare dalla sua famiglia a Boston e rimettere assieme i cocci di una vita abbandonata 8 anni fa. - SPOILER: l'Organizzazione, incarnata dal vertice apicale Simon (Colin Farrell) ha in realtà deciso da tempo di eliminare l'instabile ed inaffidabile Ava, ed anche quanto accaduto in Arabia era in realtà un tentativo di incastrarla finito male. Ora Ava viene apertamente condannata a morte, ma sarà lei ad avere ragione dell'Organizzazione, difendendosi con le unghie e con i denti, fino ad uccidere Simon in persona.

96 minuti diretti al punto, con dialoghi mai troppo complessi o profondi ed una verticalità dei personaggi quasi del tutto assente. La Chastain ha l'aria sbattuta dall'inizio alla fine, salvo quando si concia come una "donna appetibile" per diventare una trappola vivente per i suoi bersagli (grande impiego di parrucche e scollature). Il film ce la offre in due uniche modalità, trucida o con le lacrime agli occhi. Quando Ava non sta picchiando qualcuno allora sta piangendo, non ci sono vie di mezzo. Probabilmente questa dicotomia sarà sembrata funzionale a Taylor per sottolineare la fragilità e la precarietà di un personaggio con un passato orribile ed un presente, se possibile, ancora più orrendo (ed ingarbugliato). La ragione sociale del film sono tuttavia le scene d'azione, molto coreografate ma al contempo mai così clamorose o originali da fare l'effetto "wow". Lunghe, articolate, roboanti, sebbene nulla che non si sia già visto altrove, spesso e volentieri con risultati decisamente più brillanti. Prendete uno qualsiasi dei film che ho citato prima e troverete una cocktail assai più riuscito ed interessante di tutti gli elementi che compongono Ava, ingrediente action compreso. C'è un dispiego di attori di alto profilo, da Geena Davis - che nel film è la madre di Ava (appena 21 anni di differenza nella realtà) - a John Malkovich e Colin Farrell; questi ultimi due si impegnano in una scena di botte piuttosto improbabile, con il non più giovanissimo Malkovich che lotta da pari a pari con Farrell, la cui prestanza fisica è decisamente imparagonabile. Da spettatori bisogna francamente imporsi di crederci. Impalpabile il personaggio della figlia spietata di Farrell (Diana Silvers), una bella statuina che poteva essere valorizzata con una scrittura minimamente più costruita e tridimensionale (ed a maggior ragione appare alquanto sconcertante il finale). In Ava tutto scorre troppo prevedibilmente; al di là del budget impiegato, potrebbe trattarsi della puntata di un qualche telefilm d'azione con delle ospitate di lusso. Di per sé la sceneggiatura offriva angoli da scandagliare e profili psicologici da esplorare, ma semplicemente non accade, lasciando tutto su di un piano estremamente superficiale, come se in fondo ogni cosa fosse solo propedeutica alla scena in cui i personaggi finalmente si menano o sparano, ma - come detto - anche su questo aspetto ci sono prodotti migliori di Ava in circolazione, pur trattandosi di un titolo sufficientemente godibile. Mi aspettavo di più, molto di più, tutto sommato invece è normale amministrazione.

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