Astronaut: The Last Push

Astronaut: The Last Push
Astronaut: The Last Push

Eric Hayden è figlio di un ingegnere e per motivi professionali del padre è sempre stato immerso nell'ambiente dei motori e della tecnologia delle navicelle delle missioni spaziali, è risultato quindi piuttosto naturale, una volta divenuto regista, tuffarsi come prima esperienza in una sceneggiatura (da lui scritta), riguardante proprio una missione spaziale, il raggiungimento di Europa, il satellite di Giove, alla ricerca della vita. Poiché Europa ha una superficie di ghiaccio sotto la quale soggiacerebbe acqua liquida e conseguentemente l'ambiente ideale per lo sviluppo della vita, Hayden immagina che in tale contesto vi siano vere e proprie creature già fotografate da sonde, come delle balene. Viene dunque approntata una missione per spedire due astronauti verso Giove, un progetto lungo 6 anni che richiederà di passare da Venere, sfruttare la spinta dell'orbita terrestre per venire proiettati verso Giove e quindi approdare a Europa. Durante il sonno ibernato tuttavia accade che un micro asteroide colpisce la Life One, sostanzialmente devastando il modulo nel quale gli astronauti riposano; Michael Forrest (Khary Payton) riesce a salvarsi, Nathan Miller (James Madio) invece no. Da quel momento Forrest deve sopravvivere in una porzione estremamente ridotta della nave, deve ripararne i danni e deve attendere da sveglio gli anni che avrebbe altrimenti trascorso dormendo a causa della distruzione del modulo abitativo degli astronauti.

The Last Push si trasforma così in un film claustrofobico ed ansiogeno, letteralmente compresso in uno spazio di 2 metri per 2, pieno di tecnologia per altro in avaria. La sfida si fa tripla, per il povero Forrest costretto a mantenere vive ed al meglio le proprie funzioni vitali e psicologiche, per Hayden che deve rendere fruibile e dinamico un film al quale di colpo toglie tutto, spazio, tempo, attori, e per lo spettatore che deve accettare di essere calato in un meccanismo così radicale. Mi è venuto in mente Buried di appena un paio di anni prima, nel quale il povero Ryan Reynolds rimane chiuso in una bara sotto terra e da lì deve cercare di salvarsi la pelle in 94 minuti. The Last Push suppergiù fa lo stesso, la missione verso Europa viene abortita e lo scopo di tutto diventa riportare a casa sano e salvo l'astronauta nel giro di circa un paio di anni. Come se non bastasse, nella porzione di scafo abitata da Forrest non vi è alcun oblò, quindi lo spazio è percepito ma di fatto mai visto, togliendo anche quel diversivo all'impazzimento tanto del povero astronauta quanto dello spettatore. Hayden ottimizza astutamente il budget da film indipendente trasformando in sostanza la forma.

Col senno di poi posso dire che l'operazione si rivela una scommessa sostanzialmente riuscita. Non è esente da pecche, come qualche momento in CG piuttosto puerile e maldestro, mi riferisco ad esempio all'accensione dei motori della Life One, ed il finale che mi è relativamente piaciuto, o meglio, l'idea ci poteva anche stare ma doveva essere sostenuta da dialoghi un po' più incisivi e convincenti di quelli recitati dal duo Khary Payton/Lance Henriksen. Il buon Henriksen (che tutti ricorderemo come l'androide Bishop in Aliens) qui fa il tycoon di una agenzia spaziale privata - come potrebbe essere la Space X di Elon Musk - in tutto e per tutto concorrenziale alla Nasa, con spregiudicatezza ed avventurismo. Un sorta di cameo di lusso il suo. La macchina da presa è quasi esclusivamente per Payton, al suo esordio, che dimostra di saperla reggere egregiamente. Evidenti le tracce di pellicole ispiratrici quanto 2001: Odissea Nello Spazio e Apollo 13, ma del resto lo stesso Hayden non ne ha fatto mistero dichiarandolo apertamente. The Last Push prova a mettere assieme fantascienza e risvolti filosofici, volando inevitabilmente molto più basso di Arthur C. Clarke, ma comunque affermandosi come una dignitosa prova di fantascienza, soprattutto se pensiamo che di fatto si tratta di un film di esordienti.

Trailer ufficiale

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