Armi Chimiche

Armi Chimiche
Armi Chimiche

Coproduzione che ha coinvolto addirittura cinque paesi (Israele, Belgio, Inghilterra, Olanda e Portogallo), ognuno dei quali ha il suo quarto d'ora di celebrità. La storia è ambientata per lo più tra Belgio e Olanda, ma c'è una tappa a Tel Aviv, il Portogallo viene evocato, mentre l'Inghilterra.... beh l'Inghilterra quando si tratta di spie c'entra sempre. Dietro la macchina da presa c'è l'israeliano Eran Riklis e non è un caso visto che i protagonisti della vicenda sono gli agenti del Mossad, ancorché di stanza in Europa. La trama - basata su fatti realmente accaduti - non è esattamente lineare, a tratti è persino un po' cervellotica e il groviglio di affluenti talvolta rischia di confondere un po' lo spettatore (ma vi basterà aver visto Syriana per ritenere questo film una passeggiata di salute). Sostanzialmente avviene tutto internamente al servizio segreto israeliano, luci ed ombre risiedono al suo interno e i vari agenti si fronteggiano senza aver mai certezza di chi stia mentendo a chi. Noi seguiamo la pista di Simon Bell (Ben Kingsley), non proprio uno stinco di santo, al quale viene affiancato il giovane ed impulsivo Daniel (Itay Tiran), figlio dell'ex collega (morto) di Bell. Pare che una multinazionale traffichi in formule e sostanze chimiche a favore della Siria, fiancheggiando di fatto il terrorismo anti israeliano. Un'avvocatessa italiana, Angela Caroni (Monica Bellucci), che lavora per l'azienda viene agganciata da Bell nel tentativo di usarla come cavallo di Troia per mettere il becco nella faccenda.

Come mi è spesso capitato di dire, difficilmente un film è completamente sballato o cristallizzato in un'aurea di perfezione (più facile la seconda che la prima), anche quando il progetto complessivamente si rivela deludente c'è sempre qualche aspetto da salvare, viceversa, anche nei bei film qualche critica si può avanzare. Armi Chimiche, un thriller "scacchistico", certamente non votato all'adrenalina, non mi ha entusiasmato; soffre di una eccessiva verbosità, Ben Kingsley parla continuamente, fa quasi venire il mal di testa, ha sempre storie e storielle da raccontare, commenti da fare, chiose da dispensare a chiunque su qualunque cosa (compresa la zuppa di piselli). Il personaggio di Daniel, ancorché aitante e tenebroso, è delineato in modo eccessivamente fragile, è un po' (parecchio) tontarello insomma per essere una spia senza scrupoli del ferocissimo Mossad. - SPOILER: La Bellucci, per quella che è la sua vera identità (che scopriamo nel finale) fa una fine inspiegabile. Uccisa a freddo dal gran capo delle spie, nonostante un minuto prima la definisca la migliore dei suoi agenti, liberandosene però come di un vecchio e malfunzionante elettrodomestico, nonostante sostanzialmente il merito del successo della missione sia da ascrivere proprio a lei. Perché? Perché è tutto sin troppo "cinematografico" in Armi Chimiche. C'è poca vita vera e molta "costruzione" della storia e conseguentemente dei personaggi. La regia di Riklis non mi ha impressionato; apprezzabile l'approccio "understatement" ma talvolta questo basso profilo diventa quasi impalpabile, rendendo lo scorrere degli eventi un po' scialbo, come procedesse per inerzia, senza un vero e proprio pilota al volante.

Ho gradito la variante geografica, che anziché trapiantarci nei soliti luoghi, ambienta la vicenda nell'assai meno frequentato centro Europa, tra Bruxelles, Anversa, Rotterdam, dando un'atmosfera completamente diversa (e del tutto europea) alla pellicola. Finalmente accanto ad un protagonista classe 1943 non viene schierata una Scarlett Joahnsson o comunque un'attrice più giovane di 40 anni, che avrebbe dato un sapore del tutto grottesco al flirt sentimentale. Intendiamoci, tra la Bellucci e Kingsley ci sono comunque 19 anni di differenza, tuttavia la Bellucci è una credibile ultra cinquantenne, mentre Kingsley ha scavallato ampiamente i settanta, perlomeno evitiamo di offrire allo spettatore un mondo fiabesco dove una bionda maggiorata, intelligentissima e poco più che trentenne pende dalle labbra di suo nonno. Monica Bellucci mostra coraggiosamente i segni dell'età, il suo volto è quello di una donna della sua età e ciò non può che contribuire al realismo del film, anche se purtroppo la qualità complessiva non è determinata solo da questo. Sorvolo sull'orticaria derivante dalla titolazione italiana di un film che in originale si chiama Spider In the Web, con la doppia funzione di riferirsi ad un prezioso file cercato dalle spie, ma anche alla metaforica condizione del personaggio interpretato da Kingsley. Ma secondo la logica che lo spettatore italiano è membro del popolo bue, e quindi più gli si semplifica i processi logici neuronali meglio è, un bel titolo vago, generico e roboante (e applicabile a 625 mila altri thriller) è quel che ci vuole per portare più gente in sala. Così pensa mediamente lo scafato distributore italiano.

Trailer ufficiale

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