After.Life

After.Life
After.Life

Cominciamo col dire che Christina Ricci mi fa un "certo effetto", quindi anche se in After.Life (2009) fa un "certo effetto" comunque, perché è cadavere, a me fa un "certo effetto" inteso....tipo.....vabbè, avete capito. Per altro contemporaneamente ho iniziato a vedere la prima stagione di Pan Am, mitica serie passata a suo tempo su Sky; con la prole a carico fai male ad avere una certa puntualità e costanza davanti alla tv, registrare mi fa fatica, quindi adesso, comodo comodo, mi rivedo tutti i 14 episodi come e quando mi pare in dvd. After.Life è l'opera prima di Agnieszka Wojtowicz-Vosloo, giovane film maker americana di origine polacca (è del '75). La giovanotta mette in piedi un film assai particolare e con un punto di vista originale; la vita dopo la morte direte voi, no..."durante". Già, il punto è che tu muori, ma non sei morto, ti ritrovi in una specie di sala d'aspetto virtuale in attesa di spegnerti per davvero e definitivamente. In quel limbo sei cosciente, parli pure (con chi riesce a parlare con te), e fai le tue valutazioni su passato presente e futuro. Succede a Christina Ricci, maestra elementare che schiatta in un incidente d'auto. Si ritrova nella camera mortuaria di Liam Neeson, impresario di pompe funebri che si occupa di preparare il corpo per il funerale e poi seppellirlo. Neeson ha il dono di parlare con i morti, è un sensititvo, e durante i giorni nei quali si prende cura dei cadaveri, li consola e li "informa" del loro nuovo status. Succede che i morti però non accettino volentieri la nuova condizione, e soprattutto la Ricci tenda a pensare di essere ancora viva. Neppure il suo fidanzato Justin Long accetta l'idea, nel frattempo però il giorno del funerale, e quindi della sepoltura eterna, si avvicina.

L'abilità della Wojtowicz-Vosloo sta nel non sposare un punto di vista manicheo, bensì prediligere l'ambiguità. Come spettatore infatti sei portato a dubitare di cosa stia accadendo alla Ricci; è veramente morta, come dice Neeson, o è viva e Neeson è un mentitore (e quindi in ultima analisi anche pazzo e omicida)? Non è semplice derimere la questione perché la Agnieszka (scrivere il cognome mi fa venire i crampi alle dita) dissemina i fotogrammi di prove e confutazioni delle stesse; sapientemente mette elementi opposti e contrari in quantità equivalente, una tesi viene sempre combattuta dalla sua antitesi, e alla sintesi hegeliana non ci arriviamo mai. Ci sono dei momenti in cui sei convinto che Neeson sia chiaramente un pazzo paranoico, ma un attimo dopo devi effettivamente considerare però che altri fattori sembrano dargli ragione. La chiave sta nel comportamento perennemente sfumato, equivoco, enigmatico, sibillino di Liam Neeson, molto bravo per altro in questa occassione. Potrebbe essere, ma non è detto che sia.... e tu in quel rompicapo ci rimani invischiato, senza approdare ad una luce chiarificatrice. Lo stesso finale è abbastanza aperto e, fino all'ultimo, l'atteggiamento di Neeson si rivela ambivalente, obliquo, ammiccante (basti vedere le frasi sussurrate a Justin Long prima che il ragazzo si precipiti in macchina al tumulo della Ricci).

Siamo di fronte ad una sorta di thriller (para)psicologico segnato da un'atmosfera estremamente lugubre, macabra, mortifera, gelida, inquietante, come era inevitabile che fosse, visto l'argomento. Agnieszka ha molta eleganza nelle forme, si sofferma sui dettagli, dosa con competenza le luci, dà i tempi gusti agli eventi. Il resto si gioca sul rapporto tra la Ricci e Neeson, entrambi assai bravi. La Ricci ha diverse scene di nudo, molto "naturali", tuttavia stiamo parlando di un cavadere quindi non c'è mai il compiacimento pruruginoso di goderne dando briglia a sciolta al testosterone. Il website del film è ancora attivo, quindi vi invito a fargli una visitina. A dispetto delle molte critiche negative ricevute in America, Cineraglio dice: visione consigliata

Trailer ufficiale

Galleria Fotografica