Quando John Frankenheimer gira 52 Gioca O Muori (tratto dal romanzo omonimo di Elmore Leonard, chiamato a collaborare alla sceneggiatura) non è esattamente in luna di miele con la critica. Gli viene imputato di non aver prodotto un buon lavoro da troppo tempo ed infatti questo thriller viene salutato in modo contrastante, chi lo giudica un'ulteriore conferma di quando il regista newyorkese abbia perso il tocco magico, chi invece lo valuta come la miglior cosa da qualche tempo a questa parte. Personalmente nutro un'opinione molto alta di Frankenheimer, autore di alcune delle pellicole più belle ascrivibili al filone thriller e malavitoso. 52 Gioca O Muori presenta alcune caratteristiche che effettivamente, di primo impatto, sembrano collocarlo al di sotto di certi formalismi hollywoodiani, il primo quarto d'ora, finché la storia non prende avvio e non si incasella a dovere, sembra quasi normale amministrazione da telefilm di Italia 1 anni '80. Quando però Roy Schieder entra nel giro perverso che i suoi ricattatori hanno architettato ai suoi danni, il graffio di Frankenheimer emerge particolarmente spietato e potente. C'è da dire che il regista affonda davvero molto il coltello nella carne. A tratti 52 Gioca O Muori si fa davvero crudele, accanito e violento, ai limiti della sgradevolezza. Frankenheimer imputridisce notevolmente le atmosfere in chiave pessimistica, ricorre ad immagini forti, sia visivamente che psicologicamente e gioca su territori exploitation. C'è molto nudo, ci sono scene di sadismo, c'è una pressione psicologica esorbitante sul protagonista e ci sono dei cattivi da fumetto.
I villain sono forse l'aspetto più debole della pellicola, non si va troppo per il raffinato. Leo (Robert Trebor) è un piagnucolone ansioso e molto fragile, totalmente inadatto per partecipare ad un qualsiasi piano criminoso. Bobby (Clarence Williams III) è uno spostato con manie e paranoie - vagamente assimilabile a certi personaggi di Samuel L Jackson - che viene accoppato in un modo abbastanza goffo. Ed inoltre l'omicidio che gli si vede commettere nel film (l'unico, quindi facilmente identificabile) è senza senso, tutto a favore di spettacolarità, poiché non si capisce per quale necessità debba farlo all'aperto, in pubblico, e non 5 minuti prima, nella totale riservatezza di quattro mura. Alan Raimy (John Glover) è un esaltato schizzato davvero sopra le righe, curiosamente assortito con i suoi compari, e tutto sommato a Scheider va abbastanza di culo che i suoi antagonisti siano questi, poiché la loro assoluta instabilità psichica gli consente di aprire delle brecce e giocare d'astuzia. Queste caratterizzazioni così marcate e roboanti gettano sulla storia una minima inverosimiglianza anche se, a livello di teatralità e spettacolarizzazione, il film fa i botti. Scheider è un attore fantastico ed anche qui, a metà strada tra il Michael Douglas di Un Giorno Di Ordinaria Follia ed il Charles Bronson de Il Giustiziere Della Notte, (anche nella sua ostinazione nel non volersi fare giustizia da sé), dà prova di tutta la sua personalità e del suo carisma. Al suo fianco c'è a sorpresa Ann-Margret la quale, nonostante avesse 45 anni all'epoca, risulta discretamente invecchiata, sempre bella e fascinosa, ma appesantita anche oltre la quarantina. Senza dubbio pure il suo ruolo richiede una forte intensità, sia nella prima metà del film (più psicologica) che nella seconda (più fisica).
Questa platea di personaggi principali si accompagna ad uno stuolo di caratteristi e comparse che pescano a piene mani nel circuito del cinema hard, visto che Leo gestisce un locale di spogliarelliste e Alan un cinema porno. Attorno a loro si muovono una infinità di donnine che partecipano a feste, intrattengono clienti e girano filmetti. Frankenheimer non risparmia dettagli e particolari, nudità e palpeggiamenti sono frequentissimi. Vanity (la Vanity di Prince) dà vita ad un generoso strip, mentre le protagoniste delle notti erotiche sono vere star del cinema a luci rosse dell'epoca come Ron Jeremy, Amber Lynn, Sharon Mitchell, Herschel Savage, Tom Byron, eccetera. Il numero 52 fa riferimento alla somma che Scheider deve pagare agli estorsori, ma mentre nel titolo originale è accompagnato da "pick up" (prendere, raccogliere, ritirare), in italiano viene aggiunto un avulso "gioca o muori", come se si trattasse di una pellicola di pokeristi di Las Vegas. Bello il finale, muscolare e un po' grossolano, ma in linea col film e vendicativo quel tanto che basta da far provare una certa soddisfazione allo spettatore oramai immedesimatosi con Scheider. Nei momenti di azione comunque la mano del regista c'è eccome, la tensione si taglia a fette per tutto il film. Se dietro la MdP ci fosse stata una qualsiasi mezza calzetta da action movie di serie b avremmo avuto né più né meno che una puntata dell'A-Team, Frankenheimer invece conferisce al prodotto finale un suo spessore ed una sua cifra, anche se - come detto - rispetto ai suoi standard livella lo stile maggiormente verso il basso, verso atmosfere più cariche, rutilanti e chiassose, un po' come accadrà ad esempio all'ultimo episodio di Callaghan un paio di anni dopo, Scommessa Con La Morte.