Top Gun: Maverick

Top Gun: Maverick
Top Gun: Maverick

Trentasei anni dopo il brevetto Top Gun, Pete "Maverick" Mitchell è diventato capitano di vascello, poca carriera, sempre per via della sua nota insubordinazione, imprevedibilità e poca voglia di lasciare gli abitacoli degli aerei (sui quali non potrebbe più volare se salisse di grado). Continua a non essere amato dalle gerarchie, a suo modo è invecchiato, anche se ha il volto tiratissimo di Tom Cruise. Testa aerei ipersonici cercando di resistere all'avvento dei droni che elimineranno la figura retrò del pilota (uno che poi deve mangiare, bere, dormire), ma viene anche inaspettatamente richiamato alla Top Gun (su richiesta del vecchio commilitone "Ice" Kazansky, nel frattempo diventato capo della baracca) perché scelga ed addestri un'elite di 6 piloti i quali dovranno compiere un'incursione in un imprecisato sito nemico per abbattere un deposito di uranio impoverito. Una missione poco meno che suicida. Tom Cruise si affida a Josep Kosinski (regista del buono Tron: Legacy) per questo sequel attesissimo, oramai quasi assurto a leggenda per via delle ulteriori traversie da Covid. Kosinski o non Kosinski, da una quindicina di anni almeno credo che la figura del "director" nei film di Cruise sia poco più che figurativa; Tom ha il buon gusto di non firmarsi direttamente lui come regista ma dubito che un "autore" possa muovere un passo autonomo senza l'approvazione del protagonista, produttore, finanziatore, ideatore, alfa ed omega del project che ha in cartellone il nome tonante di Tom Cruise, onnipotente divinità hollywoodiana. Chiaro che il film sia costruito attorno a Maverick, è addirittura il titolo, una celebrazione conclamata e non ci si mette molto a capire che da semplice figura collaterale di istruttore ("largo ai giovani") diventerà ovviamente il team leader che guiderà la missione impossibile ("prego giovani, accodatevi, sarà per un'altra volta").

Top Gun: Maverick vive di una nostalgia enorme, esorbitante, che allaga la pellicola. Le scene del primo film sono citate una per una (la partita dei maschi fisicati sulla spiaggia assolata, stavolta si tratta di rugby), il volo radente che fa arrabbiare il severo Ammiraglio, il pub dove si beve e si suona il piano (persino la stessa canzone di un tempo, "Great Balls Of Fire"), i piloti che la sera prima sbeffeggiano un perfetto sconosciuto che poi l'indomani si rivela essere il loro istruttore (esattamente come fece Cruise con Kelly McGillis), la corsa in moto "contro" gli aerei, il tripudio festante dei piloti sulla portaerei al ritorno dei top gun dalla missione, eccetera eccetera. La pellicola del 1986 è ripercorsa in modo calligrafico, si cercano persino le somiglianze fisiche, poiché ad esempio è evidente che Hangman (Glen Powell) sia il nuovo Iceman (Val Kilmer). Più o meno saggiamente, si è scelto di trasformare il film in qualcosa che si colloca a metà strada tra un sequel ed un remake, giocando soprattutto sulla voglia malinconica del pubblico degli '80 di rivedere i propri eroi in azione e di battezzare un nuovo pubblico all'insegna degli stessi meccanismi del primo film, semplicemente riveduti e corretti coerentemente con l'avanzamento tecnologico. Da questo punto di vista il film è godibilissimo, tutte le scene di volo, le manovre e le acrobazie sono iper spettacolari e rappresentano il piatto forte del menù. Certo non saranno i dialoghi o le sfumature di recitazione che rimarranno in mente, con i loro toni tronfi, marmorei, icastici e perentori. Lo stesso dicasi per l'ipertrofia di alcune scene, davvero degne di spot pubblicitari (su tutte quella finale con Cruise, la Connelly e una Porsche, manca solo la marca del profumo sotto).

Maverick non sfugge al politicamente corretto, i top gun sono equamente distribuiti per etnia e sesso di appartenenza, abbiamo banchi caucasici, neri, latini, donne (Monica Barbaro ricorda vistosamente Gina Carano), nerd goffi ed occhialuti. Ed abbiamo il figlio di Goose (Anthony Edwards), Rooster (Miles Teller), una fotocopia del padre, gregario del tutto funzionale - in termini di sceneggiatura - alla gloria imperitura e sempiterna di Tom Cruise. L'unico pezzetto di storia che Maverick si concede in più rispetto al canovaccio del film originale (addestramento, missione, vittoria) è forse il momento che mi è piaciuto meno del film; una ancora più irrealistica incursione appiedata in campo nemico (rigorosamente anonimo, per tutto il tempo non è dato sapere contro chi e cosa si combatte, all'insegna del più ferreo politicamente corretto) che trasforma Cruise e Teller in due eroi da missione impossibile, mettendo assieme azione e avventura declinate con inflessioni ai limiti della commedia brillante. In realtà non c'è poi molto altro da aggiungere, Top Gun: Maverick è ottimamente realizzato, liscia il pelo in tutto e per tutto a chi voleva un secondo tempo (più che un secondo capitolo) del primo film e mette Cruise su un piedistallo assoluto, nonostante i suoi quasi 60 anni; fa abbastanza impressione vedere come siano invecchiati i compagni di Top Gun 1986, Kilmer e la McGillis (rispettivamente 61 e 65 anni) sembrano i nonni di Cruise, il cui segreto per mantenersi giovane evidentemente si cela nei rituali più arcani di Scientology a base di sangue di marmotta albina del Minnesota. Riusciremo ad evitare un terzo episodio? Ai posteri l'ardua sentenza.

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