Mi sono detto, Luca Marinelli ha lasciato la tutina a Giacomo Gianniotti (quindi fine della catatonia di Diabolik), Manuel Agnelli non si è occupato della theme song del film (subentra Diodato), c'è persino Monica Bellucci (nel ruolo di Altea, una nobildonna innamorata dell'Ispettore Ginko), ed è il secondo titolo della trilogia su Diabolik dei Manetti, dunque eventuali errori del primo possono essere stati corretti sulla base dell'esperienza fatta. Le premesse perché questo sequel fosse migliore del precedente dell'anno scorso c'erano, non rimaneva che vedere se effettivamente... e a conti fatti purtroppo la risposta è no; salvo per un aspetto, effettivamente l'avvicendamento di Marinelli con Gianniotti è ossigeno, la recitazione di quest'ultimo è decisamente preferibile, meno impacciata e terrorizzata dal ruolo. Tuttavia Diabolik nel film su Diabolik è in scena per pochi minuti, lo si vede all'inizio e alla fine, ma perlopiù il palco è tutto per Ginko (lo si capiva sin dal titolo) e Eva Kant, perché quando hai Miriam Leone a disposizione metterla sullo sfondo è un peccato. La sceneggiatura è tratta pari pari da un albo di Diabolik con lo stesso identico titolo; non ho idea di quanto sia stato rispettato alla lettera e dunque se certe ingenuità siano da attribuirsi alla pagina scritta anziché ai Manetti, tuttavia nel trasporre un fumetto del 1964 in una sala cinematografica del 2022 forse qualche accortezza in più nell'eliminarle si poteva avere. Mi riferisco ad esempio ad un colpo che si realizza sostanzialmente togliendo le luci in un teatro, gioielli rubati col favore del buio, uno stratagemma che (oggi) risulterebbe difficile da credere anche sulle pagine di Topolino.
Ma sono diverse le cose che non tornano e che sembrano proprio lasciate lì per la fretta. Quando Ginko e gli agenti scovano il nascondiglio di Diabolik arrivano in piena notte, Diabolik ed Eva se ne accorgono e fuggono all'istante attraverso una fitta rete di cunicoli, quando escono allo scoperto è pieno giorno.... dove si è aperto il portellone della botola, in Cina? Continua a farmi morire dal ridere il fatto che Eva possa mascherarsi con tanto di chignon (l'unica acconciatura che porta 24h) e quando si toglie il mascherone lo chignon sta lì, perfetto, impeccabile. Non solo, Eva riesce ad assumere l'identità di donne più basse e più minute di lei (vedere per credere), altro che "trasformismo", qui siamo alla metempsicosi. Diabolik nel suo laboratorio ha un pulsante per bloccare l'entrata segreta e sopra c'è scritto proprio "arresto", perché lo smemorato Diabolik se non scrive a cosa servono i suoi pulsanti poi rischia evidentemente di far danni. Forse ha anche uno telefono Brondi con i numeroni belli grossi. Ce ne sono a bizzeffe di situazioni del genere. Da due film poi ci ripetono ossessivamente quanto il criminale mascherato sia crudele, impietoso, perfino sadico, ed infatti all'inizio di Ginko All'Attacco! uccide senza la minima esitazione un poliziotto che aveva il solo torto di essere nel posto sbagliato al momento sbagliato. Diabolik massacrerebbe sua madre per una collana di perle ma inspiegabilmente, ad un certo punto, quando una poliziotta lo ha sotto tiro e addirittura gli spara, lui le lancia un coltello addosso dalla parte del manico, per non ucciderla. Pure Eva si mostra preoccupatissima per la donna ma Diabolik la rassicura sulle sue intenzioni di non nuocere. Perché tanta improvvisa ed immotivata generosità d'animo? Sarà che quella poliziotta (Linda Caridi) deve poi tornare anche nel terzo episodio?
Non mi è piaciuto Ginko All'Attacco!, non risolve i problemi del primo film (tranne uno, come detto), semmai anzi li aggrava. Il taglio fumettistico ovviamente è fisiologico ma pare una versione "cheap" del fumetto, per altro non ci si leva di dosso la sensazione di vedere un film per la tv espanso al grande schermo. La canzone stavolta è appannaggio di Diodato e viene trasformata in un videoclip che scimmiotta i titoli di testa dei film di 007, in modo talmente vistoso e telefonato da irritare (sempre da cugini poveri). La parentesi delle poliziotte/ballerine/fotomodelle/judoka e chi più ne ha più ne metta (guidate da Ester Pantano) sta un po' lì appiccicata alla bene e meglio, una specie di sfumatura alla Tarantino/Rodriguez che lascia il tempo che trova (forse anche la Pantano deve riaffacciarsi nel prossimo capitolo?). In tutto questo la Bellucci non toglie e non aggiunge nulla al film, il suo ruolo è minore (dalle interviste nelle quali parlava riccamente delle sfumature di Altea pareva dovesse essere continuamente davanti alla MdP), le hanno messo delle lenti a contatto da siberian husky e ogni battuta è scandita con un accento vagamente francese, vagamente buffo. Comunque, quanto a charme la paletta segna dieci. I cognomi dei poliziotti sono un continuo citazionismo, giocatori di calcio e omaggio ai Goblin con l'agente Roller (Alessio Lapice); l'omaggio prosegue durante l'esplorazione del laboratorio segreto di Diabolik, commentato con un giro di basso martellante che ricorda moltissimo "Mad Puppet" dei Goblin (presente in Profondo Rosso quando David Hemmings esplora la villa del bambino urlante, ed in entrambi i film la musica si ferma all'improvviso per riprendere dopo la messa a fuoco di un dettaglio). Miriam Leone continua a recitare, parlare, muoversi gettare sguardi come se dovesse sempre sedurre anche i pali della luce ed i termosifoni; d'accordo, Eva Kant è una donna seducente ma ridurla ad un solo aspetto caratteriale onnipresente si mangia il personaggio e lo trasforma in una figurina. Si risolverà tutto nel capitolo finale della trilogia? Dubito...