
Slightly Scarlet, in italiano Veneri Rosse, è un dramma dal sapore poliziesco prodotto dalla RKO Radio Pictures nel 1956 e tratto dal romanzo Love's Lovely Counterfeit di James M. Cain del 1942. Secondo il critico americano Leonard Maltin è un "efficace studio sulla corruzione nella metropoli" ed è un modo piuttosto curioso per definirlo perché si, è assolutamente vero che sia anche quello, ma prima di tutto Veneri Rosse è un doloroso ritratto di una serie di amori spezzati, sbagliati, incompresi e non corrisposti. Tutto ruota attorno a due sorelle, June (Rhonda Fleming) e Dorothy Lyons (Arlene Dahl), rosse, belle, sensuali e tormentate. Dorothy è un'anima fragile, ribelle e malata, è appena uscita di galera, commette continuamente crimini dovuti alle sue ossessioni (cleptomania, ninfomania), una indomabile capacità di mettersi nei guai; June è la maggiore, quasi una seconda mamma, è la segretaria del candidato sindaco dell'immaginaria Bay City e prende sotto tutela Dorothy. Il programma del futuro sindaco Frank Jansen (Kent Taylor) è ambizioso, abbattere la malavita a colpi di onestà ed integrità morale, motivo per il quale la Mala ovviamente gli dichiara guerra. Taylor batte ai voti l'avversario, il boss Solly Caspar (Ted de Corsia) ma questo avviene perché a sua insaputa il braccio destro di Caspar, Ben Grace (John Payne), lo tradisce appoggiando Jansen. Grace flirta con June e tramite lei riesce ad influenzare Jansen, arrivando persino a far nominare capo della Polizia un suo uomo. La situazione precipita quando, dopo una breve fuga, Caspar torna in circolazione anelante vendetta e Dorothy si insinua in questa fitta ragnatela di eventi e personaggi, facendola implodere.
Il film sembra fortemente centrato sulla sensualità provocante delle due sorelle e certamente tanto la Fleming quando la Dahl sono due belle rosse piene di curve, ma in verità Veneri Rosse non spinge mai granché su quel tasto. Il dramma consuma ogni fotogramma anche perché la psicopatologia di Dorothy è resa in modo molto evidente e limitante per se stessa e per chiunque la circondi. Il rapporto con sua sorella è spinoso e pieno di cicatrici (che solo in parte vengono rivelate al pubblico, sul finale), mentre è il suo modo di rapportarsi agli uomini che risulta davvero problematico. Sostanzialmente tenta di sedurli sempre, tutti, spesso mettendosi in situazioni estremamente pericolose, venendo manipolata ed usata per delinquere. Emblematica la scena della fiocina con Payne e quella in cui il terribile e spietato de Corsia minaccia la Fleming con la pistola, sua sorella non sembra rendersi conto di ciò che sta per succedere e quasi fomenta il boss perché la uccida, in un evidente stato di ebbrezza e dissociazione mentale. Allo stesso tempo è palpabile il dolore costante di June, segnata a vita dalla malattia della sorella e dalla sua costante necessità di cure, spesso inficiate da lunghi periodi di reclusione in carcere. June è amata dal sindaco ma non riesce a ricambiarlo (nonostante sia un brav'uomo), si invaghisce invece del brutto ceffo Ben Grace, ricavandone ovviamente solo altra sofferenza. Il film non ha un happy ending, chi deve morire muore e per il resto tutto rimane intavolato esattamente com'era prima, non c'è redenzione, non c'è soluzione, non c'è guarigione.
Detto tutto ciò, la bellezza fiammeggiante (è proprio il caso di dirlo, dato il colore protagonista del film) della Fleming è abbacinante. Occhi azzurri come l'oceano, capelli rossi come lava ed un corpo da pin up anni '50 al quale non è possibile resistere. Per fortuna il costumista del film la dota di mise sempre estremamente pronunciate che esaltano un paio di gambe chilometriche, un seno generoso, spalle accoglienti ed una silhouette tutta preziosa. A mio gusto la Dahl - che in molti ritengono rubarle la scena, ad esempio il Morandini - non è altrettanto bella e carismatica, sebbene la modella e attrice statunitense vantasse altrettanti estimatori. La Fleming però ha una marcia in più, da vera fuoriserie sportiva. Molto eleganti e charmant anche i virilissimi uomini che circondano queste rosse, che si tratti di morigerati politici, severi poliziotti o viziosi malavitosi. Allan Dwan girò il film settantenne, avendone assommati in carriera quasi 400, sin dai tempi del muto, un vero e proprio recordman. Godard apprezzò molto questa trasposizione, ritenendola una delle migliori pellicole di quell'anno sui Cahiers du Cinéma. E' vero che i personaggi sono fortemente stereotipati, arrivando ad incarnare quasi figure mitiche, emblematiche, esemplari, ed in questo persino paradossali ma, pur con questa consapevolezza, il film non perde una briciola del suo fascino e del suo magnetismo.