Vanitose

Vanitose
Vanitose

Di Giorgio Molteni ho visto un paio di film, Legami Sporchi (2004) e Come Ti Vorrei (2015). Mi sono fatto l'idea di un buon masticatore di cinema indipendente e di genere, con un occhio di riguardo verso le belle donne, una mezza fissa che uomini attempati debbano accompagnarsi sempre con ragazze alquanto più giovani e una certa sfrontatezza nel dirigere le sue storie. Legami Sporchi (un thriller) mi è piaciuto più dell'altro (una commedia erotica), anche se il mestiere c'è in entrambi i casi. Questo Vanitose, attualmente disponibile su Prime Video, credo sia l'ultimo parto in ordine di tempo del regista ligure (laureato in sociologia, documentarista per la Rai, dietro la macchina da presa per qualche fiction dei primi anni 2000) e alla maniera aristotelica mantiene l'unità di spazio, tempo e luogo, anche se il tempo consequenziale che scorre nel film dura in verità un'intera notte. Siamo sul lago di Como la notte di Capodanno del 2021, mentre in un locale chiamato la Carpa Matta ha luogo il cenone con annessa proclamazione di Miss Over. Una giuria composta da carneadi senza particolari talenti (un fotografo, un finanziatore di film pornografici, un assessore, un vecchio cantante da balera, tutti accompagnati da mogli, fidanzate o compagne dell'occasione) dovrà valutare delle signore altrettanto prive di talenti se non quello di mettersi in mostra per una fascia la cui gloria dovrebbe portare più che altro autostima.

Anfitriona della serata è la logorroica presentatrice, pure lei over, "la Patrizia" (Daniela Terreri), che intrattiene il pubblico, riempie i tempi morti e presenta una ad una le aspiranti miss, oltre alla guest star dell'evento, l'attrice Laura Zanichelli (Valentina Di Simone). Durante la serata si aggira in sala il sedicente regista Andrea Vavassori (Luca Molteni, figlio di Giorgio), il quale con la propria macchina fotografica/telecamera sempre accesa riprende compulsivamente l'evento. Assistiamo dunque ad una parata di personaggi kitsch che in parte suscitano imbarazzo, in parte dovrebbero destare tenerezza nello spettatore, portato a coglierne le fragilità, le vulnerabilità, le aspirazioni, i sogni (infranti). Come in una specie di sogno dai cromatismi fortissimi (financo sparati sui volti degli attori), dalle mille luci, dal tono sempre sopra le righe e da dialoghi un po' appesi alle nuvole, questa visione surreale e grottesca si esaurisce col passare della notte, quando pubblico e miss tornano alla propria vita (reale e concreta) e la bolla di sapone disfa la sua natura effimera. Se l'intento di Molteni mi è chiaro (almeno credo di averlo compreso), la sua messa in pratica secondo me non si traduce in modo altrettanto felice. Un po' tutti i personaggi vengono introdotti affastellati l'uno sull'altro e lasciati lì, come interrotti. Ritrattini abbozzati che non hanno il tempo di essere adeguatamente sviluppati o che rimangono incastrati a mezze frasi (talvolta anche un po' roboanti) che non portano da nessuna parte. Cosa dovrebbe rappresentare esattamente il barbone filosofo, che ricorda non poco il messianico Franco Nero di Cattive Inclinazioni? La coscienza sociale? Il barlume di verità? Ed il monachino che si intrufola nella serata (fatta perlopiù di donnine discinte) e che digerisce tutto tranne la ragazzina buttata nella pista dalla madre perché si dimeni in modo scomposto, quale ruolo ha? Qual è la traiettoria del personaggio della Di Simone, sofferta donna irrealizzata perché bruciata dal fuoco della passione attoriale che non trova sbocchi, ridotta a mortificanti ospitate per 100 euro ("e la benzina se la paga da sé"), che poi altro non sono che il solito strip, anche se velleitariamente ammantato di rimandi alla Sophia Loren di Ieri, Oggi E Domani? L'intensità è palpabile, grazie anche all'interpretazione ed allo sguardo sempre penetrante della Di Simone, ma a che pro? Non basta un make-up alla Amy Winehouse per replicarne il dramma esistenziale. Il suo fallimento professionale si intreccia con un pessimo rapporto con gli uomini ed una dipendenza emotiva dalla madre... quindi, verrebbe da chiedersi? Sembra insomma esserci tutto un retroterra dietro, una biografia nutrita che però a conti fatti non emerge e che, anziché plasmare la sua Laura Zanichelli, la deforma.

Le miss assomigliano alle protagoniste di Uomini e Donne della De Filippi, abbastanza più volgari (e già la partenza non è all'insegna della sobrietà). Nonostante siano presentate ognuna secondo il proprio stereotipo di appartenenza ("la maga", "la poetessa", "la ballerina di burlesque", etc...), risultano alla fine praticamente indistinguibili l'una dall'altra se non per qualche particolare fisico (la mora, la bionda, la rossa, quella con l'accento piemontese, quella new age, quella col seno rifatto, etc). Il regista Vavassori è un altro piccolo Leopardi che si aggira per i camerini del locale, dolente e ammaccato, ma di cosa di preciso non si sa; declama frasi troppo grandi per il suo personaggio, come il fatto che il suo mestiere, lo strumento che stringe nelle mani, siano il suo "riscatto". Da cosa, visto che a malapena raggiunge i 30 anni? La presentatrice incarnata dalla Terreri ha uno stranissimo dialogo con Vavassori, nel quale mette l'accento sulla sua recente vedovanza. Poi, alla fine di tutto, quando sta per tornare a casa sfinita dalla nottata, si accorge improvvisamente di aver dimenticato la madre nel locale (la quale per altro, nella sua unica battuta del film, dice che ci sono "troppe tette in giro") e, una volta dentro, insegue la telecamera come fosse una evanescente presenza soprannaturale. Tutto ciò avrà un suo perché nel delineare il personaggio ma io - ammetto - non sono riuscito a decriptarlo. Di tanto in tanto nella soundtrack del film affiorano sonorità quasi da thriller, degli squarci sonori che annunciano tensione, ma anche in questo caso non ne ho compreso il motivo.

Insomma, la sceneggiatura non mi è piaciuta granché, mi sono fatto l'idea che Molteni volesse andare a parare da qualche parte, che ci fosse un'idea, un'intuizione, un ritratto dietro, ma poi nella prosa del racconto questo quadro non si compone e rimane atomizzato in una miriade di dettagli scollegati tra loro. Sui titoli di coda vediamo le miss che tornano alla propria vita quotidiana, perlopiù casalinghe che rassettano e riordinano casa; la serata alla Carpa Matta è stato il loro momento di follia, l'anelito di libertà, il sogno di piacere (ancora); d'accordo... va bene, ma allora perché ad esempio farle uscire dal locale al mattino del giorno dopo vestite peggio di come erano entrate, come una specie di drappello di prostitute di un boss della mala albanese? Perché quelle pesantissime battute sull'essere "più sfondate che ricche" o sull'autocompiacimento di riuscire ancora a far colpo sui toyboy? Aleggia tutta un'estetica (ed una semantica) da balordo reality show di quart'ordine che un po' ammacca le (eventuali) intenzioni nobili di Molteni. Anche se immagino che la excusatio non petita sarebbe che non c'era nessuna volontà di esprimere giudizi morali, ma solo di osservare e descrivere. Il montaggio del film è di Roger Fratter, così come la bella Di Simone è una habitué dei suoi film.

Trailer ufficiale

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